A Roma, Scuderie del Quirinale, esposti i teleri dell’artista veneziano
Il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura” così Giorgio Vasari descrive Tintoretto colui che per primo riuscì –nella Venezia del ‘500 nel clima manierista- ad allontanarsi dal mito di Tiziano proponendo una pittura in grado di superare i canoni veneziani della bellezza, imponendo una linea forte e realistica quale esempio per diverse generazioni d’artisti come Caravaggio.
Una poetica sorprendente per il tempo la ricerca espressiva dell’artista Jacopo Robusti detto il Tintoretto (Venezia, 1518-1594 il cui soprannome deriva dall’essere il padre “tintor de panni “) autore d’immensi teleri religiosi e di opere profane.
Cercare la verità attraverso la pittura: questo il messaggio creativo, lo stesso in grado di rivelare attraverso le fisionomie dei personaggi ritratti, tutta la loro psicologia.
IL gusto di “lumeggiare”senza descrivere distruggendo la sostanza fisica della forma e del colore, delle cose o delle figure riducendo soltanto ciò che è, per un’affinità profonda può identificarsi con la luce? E ancora tutto questo può coesistere con la teatralità, il mito, l’arditezza rappresentate nella composizione?
Ecco gli interessanti spunti e interrogativi sui quali la mostra dedicata a Tintoretto (dal 25 febbraio al 10 giugno, catalogo Skira) può far riflettere.
Nei suggestivi spazi espositivi delle Scuderie del Quirinale presenti cinquanta significativi teleri provenienti sia da chiese e musei veneziani oltre che dalle collezioni estere.
S’inizia con “Il miracolo dello schiavo”e”Il ritrovamento del corpo di S. Marco”sino al“San Giorgio che uccide il drago”della National Gallery di Londra. Nell’ambito di questo ricco itinerario l’attenzione si pone nei riguardi di un’opera molto particolare.
Si tratta de “L’ultima Cena”dipinta da Tintoretto tra il 1565 e 1670 per la chiesa di San Polo a Venezia. Il dipinto (d’imponenti dimensioni) rappresenta l’innovativa e rivoluzionaria ricerca espressiva di Tintoretto: il suo punto di svolta. La tela commissionata all’artista dalla Scuola del Sacramento segue le dinamiche del Concilio di Trento. Tintoretto creando quest’ultima, ne rivoluziona gli assetti compositivi, quelli dell’iconografia classica della pittura, cercando nuove soluzioni formali. Non più attenzione sui personaggi, figure o contesti architettonici, soltanto l’attenzione focalizzata su un elemento fondamentale: quello del “Sacramento dell’Eucarestia”.
Nella rappresentazione del quadro al centro la figura di Cristo che distribuisce il pane agli apostoli aprendo le braccia –come sorta d’abbraccio – un grande pensiero metaforico che ne anticipa la crocifissione.
Non manca sullo sfondo il paesaggio con un incredibile cielo azzurro restituito ora da un sapiente restauro (con il supporto di Cariparma) che ne risalta gli accenti coloristici e le inconfondibili pennellate tintorettiane.
Articolo di Laura Novello – Autore ospite de La Lampadina