Al Musée du Luxembourg – Parigi, fino al 15 luglio, una mostra sul pittore italiano
Quando lo splendore della Serenissima oscurava quello della Ville Lumière, Giovanni Battista Cima (1459?-1518?), nato nella cittadina di Conegliano, ai piedi delle Dolomiti, lavorava assiduamente per il Clero dell’entroterra veneto ed emiliano, e per il Doge a Venezia.
La mostra parigina riunisce diversi pannelli di cassapanche con temi profani (Teseo e il Minotauro, Bacco e Arianna, il sonno di Endimione), ma è alle composizioni di devozione che questo pittore deve la sua fama.
I trittici e le numerose Madonne con Bambino, infatti, sono creati dall’artista per essere esaminati dal punto di vista del fedele che li contempla, avvolti in un’atmosfera di eterea dolcezza, immobile e luminosa. Quest’aspetto della sua opera, rappresenta la grande novità che Cima da Conegliano porta come bagaglio artistico alla pittura Rinascimentale Veneziana.
Con qualche quadro di taglia media e il grande dipinto che rappresenta il Leone alato, simbolo di Venezia, le trenta opere riunite in questa Mostra (sulle ottanta attribuite all’artista) provengono da luoghi assai svariati.
Venezia, Este, Milano, Bologna, Parma, Modena e Firenze testimoniano la forte influenza di Cima in tutta la penisola. Si possono notare opere emblematiche extra-peninsulari provenienti dal Louvre, Caen, Strasburgo, Londra, Amsterdam e Lisbona.
I critici del XX secolo affermano che la fama dell’artista uguagliava, all’epoca, quella di Giovanni Bellini, nel cui “atelier” avrebbe dovuto o potuto lavorare per qualche tempo; nonché quella di Vittore Carpaccio. Ma i ritratti di uomini illustri e le scene storico-narrative hanno garantito una migliore posterità ai due pittori qui citati: il Musée du Luxembourg contribuisce a riparare questa ingiustizia.
Due elementi colpiscono particolarmente, davanti a questa straordinaria esposizione: il colore e la luce, é qui che Venezia ci parla, senza il minimo dubbio.
I blu, profondo lapislazzuli per i mantelli della Madonna o limpido tono dei cieli; i rossi, gli arancioni e i gialli scintillano senza mai ferire lo sguardo. Tranne che per un quadro appartenente a una Collezione Privata: un San Pietro venuto dall’Inghilterra che ha sofferto per un restauro troppo violento.
Ovunque l’aria e la luce circolano con finezza: sia negli sfondi punteggiati da rocce, paesaggi fantastici e villaggi fortificati, che sui bordi che ornano il velo della Madonna oppure sulle pietre incastonate nelle vesti di Maria Maddalena.
Man mano che l’artista procede verso la maturità, la natura dello sfondo tende a diventare parte integrante del quadro, quasi come un “attore” della scena.
Giovanni Carlo Federico Villa, commissario della Mostra, nota che quest’atmosfera particolare invita a comunicare con la rappresentazione stessa del dipinto. Si risente l’impressione di respirare l’aria fresca, il profumo dei fiori, l’alito delle fronde mosse dal vento, l’odore della terra: quasi un gusto di verità.
Cima é stato un grande umanista, per il quale, l’epoca greco-romana che si ritrova in alcuni particolari dei suoi quadri, non é che il prefazio dell’era cristiana che ha ispirato tutta la sua opera.
Si potrebbe, infatti, anche definirlo come il pittore dei dettagli. Vicino a una Madonna sul trono noti una lucertola che si crogiola al calore divino.
Le Madonne dell’artista, hanno i tratti delle sane contadine della regione, nulla di trascendentale nel loro sguardo, solo una grande e umile umanità, e sono spesso ritratte a mezzo busto, dietro un parapetto di marmo e davanti al classico paesaggio collinoso.
Da queste composizioni emana una calma meditativa che ricorda i modelli Belliniani.
Come conclusione della Mostra: un Cristo oltraggiato che presenta l’occhio arrossato e piangente dell’Uomo che é stato flagellato.
Un infimo filo di linfa sorge da una spina spezzata della sua corona: ancora e sempre la speranza nel rinnovo della vita e dello spirito
Articolo di Manù Selvatico Estense Linardatos – Autore ospite de La Lampadina