Chi di noi non ha fatto un piccolo sorriso quando, oramai molto tempo fa, è stato scelto San Giuseppe quale testimone della FESTA DEL PAPÀ?
Anche i più osservanti si sono guardati intorno ed hanno bofonchiato “Beh, certo, papà…!”
Ma, come spesso nella vita, forse siamo stati frettolosi e superficiali nel nostro giudizio.
I fatti:
Narrano gli apocrifi che nella fila dei pretendenti, chiamati al Tempio dal Sacerdote per la scelta dello sposo per la giovanissima Maria c’è anche lui, Giuseppe. Come gli altri discende dalla stirpe di Davide e come gli altri si mette in fila, anzi, lui un po’ in disparte e un po’ perplesso, tenendo in mano come gli altri un rametto secco di giglio secondo gli ordini del sacerdote.
Quale lo stupore, suo e di tutti, quando proprio il suo rametto fiorisce: è IL SEGNO.
Subito si schernisce: troppo anziano per una sposa così giovane…ma un po’ spaventato e molto emozionato, accetta, fra le furie dei giovani aspiranti esclusi.
Secondo la tradizione ebraica deve passare un anno fra la promessa e il matrimonio. Così Maria ha tempo per una visita a Elisabetta da cui torna… in lieta attesa.
Giuseppe è giustamente sconvolto.
Dapprima la vorrebbe lasciare, pensa di “rimandarla in segreto”, senza cioè la denuncia di adulterio che con la tradizionale lapidazione avrebbe provocato la morte a lei e al nascituro.
Ed è padre per la prima volta.
Nessun vangelo della Chiesa e fuori di essa ce ne parla, ma subisce forse le beffe dei paesani, i risolini maligni, le cattiverie degli abitanti di un piccolo paese, dove tutto si sa di tutti, e i pettegolezzi fioccano: lui, il più anziano, credeva forse di portarsi via impunemente quella giovane ragazzina? I più giovani pretendenti umiliati infieriscono.
Ci vuole un angelo, grande imponente, che, apparendogli in sogno, gli dica che il bambino che nascerà è figlio di Dio, che Maria non ha peccato, che ha accettato un destino deciso in cielo, per tranquillizzarlo un po’.
Ma a quanti di noi basterebbe questo tipo di avviso per inghiottire una situazione tanto difficile?
Ed è padre per la seconda volta.
Il paese si acquieta, ci si abitua a tutto. Giuseppe non si vanta, tronfio, di essere stato oggetto di una scelta tanto impegnativa. Un incarico pazzesco, spaventoso: vigilare su colei che sarà la madre di Dio. D’ora in poi e per tutta la sua vita le sarà vicino, attento, premuroso, vigile ma defilato.
Si sposano.
L’anziano (ma quanto anziano 30 o 70?) Giuseppe e la sua dolcissima ragazzina. Ma mai un po’ di pace. Bisogna andare lontano, a Betlemme, nella città di origine, per registrarsi per il censimento ordinato da Cesare Augusto. Con Maria, molto appesantita ché la nascita è oramai prossima, s’incamminano faticosamente fino a che, dopo grandi difficoltà, trovano alloggio per la notte in una stalla. E lì nasce il Bambino Gesù.
Da sempre l’iconografia ce li rappresenta sereni: Maria accanto al bambino nella culla o amorosamente tenuto in braccio, e Giuseppe in piedi, un po’ arretrato, rispettoso. Nemmeno una mano sulla spalla di Maria. Non la sfiora. La guarda.
Eppure non ci sono accanto levatrici o vecchie zie: chi avrà aiutato la ragazzina in un momento tanto doloroso e difficile, chi l’avrà confortata, chi le avrà asciugato la fronte madida, chi l’avrà materialmente aiutata? Solo lui, lui da solo: Giuseppe che così
E’ padre per la terza volta
Il presepio è il seguito di una notte agitata e frenetica.
Poi un via vai di pastori, di angeli, e di Magi nella dodicesima notte. E finalmente la pace.
Passa non molto tempo che di nuovo un angelo appare: bisogna scappare lontani da Erode. E così l’anziano riparte per l’Egitto con il suo somarello per portare in salvo il bambino strappandolo a un destino orribile. Una novella popolare narra che, durante il lunghissimo viaggio cerca di alleviare la tensione e la paura, così, per distrarlo, indica al bambino le cose belle che incontrano. Una palma da datteri grande, isolata, strappa al bambino un “O” meravigliato che da allora è inciso nei semi di tutti i datteri.
Sono salvi, infine.
Ed è padre per la quarta volta.
Il Bambino cresce e, dodicenne si allontana. Va al Tempio. Lì lo trovano i genitori dopo ricerche disperate di tre giorni e quando lo abbracciano stravolti, lui, quasi li rimprovera che ha da seguire il PADRE SUO. Giuseppe ancora tace e accetta di non comprendere.
Nel suo percorso di tutore di Maria e di suo figlio, Giuseppe insegna a Gesù il suo lavoro di falegname, si fa aiutare nella bottega, gli insegna a tagliare, incollare, inchiodare e poi… poi non sappiamo altro.
Gesù adulto che predica, che fa miracoli, non ha più accanto Giuseppe. Non è accanto a lui alle nozze di Cana. E’ Maria che chiede al figlio un intervento in aiuto degli sposi. A questo PADRE amoroso, attento, umile, sarà impedito di vederlo seguito da folle osannanti ma verrà risparmiato il dolore che invece non sarà risparmiato a Maria. Non vedrà questo suo figlio morire sulla croce.
Muore, secondo alcune leggende, a cento anni e, forse, è portato in cielo dagli angeli. Se muore a cento anni e Gesù è salito sulla croce a trenta, Giuseppe doveva avere settant’anni quando ha cominciato a occuparsi del più straordinario bambino del mondo.
L’ha accettato, curato, salvato, seguito, amato, ascoltato.
Non è essere PADRE questo?
Pieno di poesia questo articolo. E che mostra come la scelta di Giuseppe come Patrono e simbolo della Paternità sia azzeccata!
La vita di Giuseppe, lo sposo di Maria, è avvolta nella nebbia. I Vangeli canonici – che non hanno una intenzione cronachistica – ne parlano poco, solo quel tanto funzionale al loro obiettivo; i vangeli apocrifi ne parlano un po’ di più ma sin dall’antichità sono stati considerati un po’ troppo fantasiosi per essere credibili.
Molti poi nei secoli si sono esercitati con la fantasia per arricchire di aneddoti i pochi dati disponibili.
Voglio segnalare due “fonti” recenti, poco note, che forniscono alcuni dati intriganti (ai quali possiamo credere o meno!)
La prima: Negli ultimi secoli diverse mistiche hanno affermato di avere avuto delle rivelazioni personali sulla vita di Gesù e di Maria ( e quindi indirettamente anche di Giuseppe) E’ stato fatta una rigorosa analisi comparativa delle loro dichiarazioni . Ebbene mentre queste discordano in tanti particolari sono invece sostanzialmente d’accordo nel descrivere Giuseppe come uno sposo di trent’anni di età (la cosa è abbastanza sorprendente dato che l’immagine di Giuseppe anziano fa parte dell’immaginario comune).
La seconda : Un sociologo della religione che ha studiato approfonditamente in modo “laico” la storia del Cristianesimo, descrive Giuseppe non come un “falegname” – tipo Geppetto, per intenderci – ma come un “carpentiere”, cioè come un “costruttore” di abitazioni! Una bella differenza che, se accolta, farebbe piazza pulita di tanta oleografia e sarebbe piena di suggestioni simboliche.
Paternità: con quanto sentimento e quanta tenerezza é descritta questa storia con la quale siamo cresciuti, abbiamo vissuto e continuiamo a vivere. Brava, mi sono commossa “sentendo” la sua sensibilità.