Questa estate, soggiornando lungamente a Londra, ho visitato nuovamente il “Chelsea Physic Garden” che tempo fa un’amica sensibile e rara mi aveva fatto scoprire.
Il “Chelsea Physic Garden” è un affascinante giardino botanico che raccoglie 5000 specie di piante ,situato sulla riva del Tamigi, dove signore e signori attempati, molto svagati e chic, con sfondatissimi cappelli di paglia e giacche con le immancabili toppe, prestano il loro impegno come volontari e zappettano, raccolgono, tagliano, puliscono, curano ed amano questo giardino botanico che fu fondato nel 1673 dall’Associazione dei Farmacisti, chiamati “apothecary, a health professional, trained in the art of preparing and dispensing drugs” al fine di farvi crescere le piante destinate ai medicinali e studiarne gli usi.
E’ interessante soffermarsi sul senso della parola “physic” che voleva significare arte medica, pertinente a cose naturali, provenienti dalla natura.
Nei suoi primi anni, il giardino, ebbe difficoltà a trovare un bravo giardiniere, ma poi arrivò Mr. John Watts, anche lui farmacista, che iniziò una fitta corrispondenza fatta di semi e piante con Mr. Herman, professore di botanica a Leiden. Così presero vita molte piante che oggi vengono coltivate in Inghilterra, per esempio il cedro del Libano, ed anche oggi il Chelsea Physic Garden esporta i suoi semi nei giardini botanici del mondo. A un certo punto i Farmacisti, fondatori del giardino, ebbero qualche difficoltà a mantenerlo e fu lì che entrò in scena il Dr. Hans Sloane che comprò, diciamo tutta la zona ed essendo uomo colto ed illuminato concesse “in affitto” ai Farmacisti il giardino per la cifra di cinque pounds l’anno, a patto che venisse mantenuto come giardino botanico. Così fu e soprattutto così sarà! (Decisione irrevocabile e a nessuno viene in testa di discuterne, ma nemmeno per idea).
Questa molto brevemente la storia del giardino che tutt’oggi si impegna con sole risorse private e contributi volontari a far proseguire il lavoro della ricerca scientifica, tesa a spiegare i misteri del mondo delle piante e delle loro proprietà medicinali o velenose, a promuoverne la conservazione, a studiarne gli impieghi nella cosmesi, nei medicinali o nelle droghe. Mi ha affascinato l’impegno di questi signori volontari che assicurano la continuità di questo giardino che ha 330 anni, – la tradizione non si può dire sia parola caduta in disuso qui… – e lo fanno con semplicità e passione.
I biglietti d’ingresso sono graficamente gli stessi del 1785 e c’è scritto che tutti i semi e piante sono di proprietà del Chelsea Physic Garden e che i ladri saranno assicurati alla giustizia….
Accompagnata da una gentilissima lady, ho visitato gli appezzamenti coltivati, mi ha descritto le classificazioni botaniche e le origini della piante e poi si è sbilanciata qualche volta su qualche dettaglio fatale, magari nascosco in un umile aggettivo. Straordinari questi inglesi, non sempre facili da amare ma capaci di sense of humor e comportamenti collettivi ammirevoli.
Seduta alla caffetteria del giardino, tavoli e sedie in teak, realizzavo di vivere uno di quei momenti privilegiati, i cui si incontrano persone che vivono con poesia e che della propria vita fanno appunto … vorrei dire, un’arte.
Ben tornati dalle vacanze, cari amici.
Certi fra gli inglesi, non poprio quelli delle partite di calcio, sono a volte poeti silenziosi amanti di ciò che non troppo appare. Non parlo nemmeno ovviamene delle “mascherate” regali e militari che quelle vanno prese come manifestazioni di un certo allegro candore, persino ogni tanto autoironiche, per la casa reale, per antiche tradizioni etc. Per i giardini poi, come dice questo bell’articolo, sono speciali. Capaci di parlare per ore delle ortensie della Mrs Wilson e di come stanno spuntando certe camelie in un certo angolo di un giardino. Conversazioni utili per loro a evitare discorsi troppo personali come il sesso o la politica, o le tasse etc. meglio parlarne sì ma velatamente, “reading through the lines” fra una semina e l’altra, il “signore” inglese è un elegante puritano. Poeta- magari finge? non si sa ed è una deliziosa ambiguità.
Cara Marina, avevo apprezzato molto il tuo articolo sull’intervista a Pistoletto e quale bella sorpresa avere un tuo commento . Ho molto apprezzato le tue osservazioni sui nostri amici “inglesi”. Sono osservazioni profonde, non banali e raccontate con leggerezza ! Chapeau ! Mi farebbe molto piacere conoscerti.
Carlotta Staderini Chiatante
Che meraviglia!!!quanto mi piacerebbe che esistesse anche qui un giardino come quello….