Articolo di Marina Patriarca – Autore Ospite de La Lampadina.
“Ci sono due professioni- esordisce Jean Clair, egregio e noto critico francese in un lungo articolo sulla Repubblica del 23 ottobre – che hanno sempre rifiutato di lasciarsi inquadrare: gli psicanalisti e gli esperti di arte, chiunque può dirsi psicanalista esperto e appendere alla propria porta una targa di ottone. L’oggetto o la persona di cui le due professioni si occupano rilevano della categoria dell’unico non soggetta alla regola comune”. Il provocatorio e lungo articolo, “L’arte è un falso, coccolata da musei autoreferenziali, l’opera contemporanea vive tra tecniche seriali e mercato impazzito” e’ una bozza del suo intervento del giorno dopo, 24 ottobre, alla Fondazione Zeri di Bologna; e così dopo la lunga tiritera Clair conclude che: “Gli Ebrei adoravano il vitello d’oro, noi adoriamo i cani e i gatti di Koons e i grassoni di Botero e chi mai sarà il Mosé che spezzerà davanti a noi le tavole della legge scendendo da un monte Sinai?”
Che dire.. certamente pochi sono oggi esenti dal fastidio della massificazione delle cose e delle idee piccole o grandi che siano: sul danaro, la politica, le professioni, i sentimenti, il materasso di lattice, fino alle più complesse: dio, l’amore, ed ovviamente perché no, anche l’arte- La foga di Clair si scaglia sul sistema in se stesso delle gallerie e critici che ne decretano il mercato e quale debba considerarsi l’Arte maiuscola-
…Rispondiamo a Clair, ovvietà per ovvietà, che l’arte è tuttavia complessa quanto l’uomo e tento di allontanare un piccolo fastidio per l’abituale boria francese, razionale certamente, in questo caso rigorosamente frettolosa, diversa dalle altalene sofistiche ma almeno meno boriose del nostrano Achille Bonito Oliva. Mi sento adesso di rifarmi la bocca. Andrò a vedere la mostra di Duchamp allo Gnam. “L’arte è sempre rispondere a una mancanza, rimarginare una smagliatura iniziale”, cosi scrive Achille B.O. scrivendo di Duchamp da lui indicato come “il mercante del silenzio” nel suo saggio introduttivo alla mostra in atto.
Ho preso alcune note per dare appena un’idea dell’artista che dopo gli anni del cubismo da Picasso in poi pur se con diversissimi mezzi ha dato una reale scossa nel rappresentarsi la realtà. Arte che è fatto visivo-mentale- tecnico, del puro sentire a 360 gadi di ironia, disinganno, umorismo, cuore, più mentalmente chiamato eros.
1. Una didascalia che introduce il percorso racconta come Duchamp sia stato un grande campione di scacchi e ne abbia fatto nella sua vita un’abitudine che lo rese importante campione. “Non tutti gli artisti sono giocatori di scacchi, ma tutti i giocatori di scacchi sono degli artisti”. Aveva dichiarato in occasione di un premio conferitogli per una gara nel 1952 al New York State Chess Association.
Le sette sale qui allo Gnam raccontano il lavoro di Marcel Duchamp e vi sono esposti i ready made , che sono il vero nucleo della mostra; c’è infatti stata, una sua intensa attività proprio da noi in Italia, Duchamp ha qui replicato i ready made, la celebre “ruota di bicicletta”, l’orinatoio, (scandaloso) lo scolabottiglie, la fresh widow (vedova fresca, un armadietto chiuso con le tendine scure tirate dietro gli scaffali) e tutti gli altri in accordo con l’amico Arturo Schwartz, da scoprire nella visita. La Collezione Schwartz fu donata nel 1998 al nostro Museo di Arte Moderna- Arturo Schwartz amico di Duchamp, assemblatore della collezione delle opere è stato un grande surrealista ebreo nato ad Alessandria, è noto collezionista e storico dell’arte, vive a Milano e oggi ha più di ottanta anni; Segnalo il sito www.Arturo Schwartz che ci consegna con le sue stesse parole (in video) il racconto di vicende politiche in Egitto e poi nella Germania degli anni più dolorosi; e più tardi della fortunata culminate amicizia con Breton a New York e di una intensa vita dedicata all’arte). Nella visita alla mostra che è una dinamica corte dei miracoli di circa una settantina di pezzi, una nota tenera da assaporare è il quadretto ad olio di medie proporzioni: Paysage à Blainville dipinto da Duchamp nel 1902 quando aveva quindici anni, allievo del liceo di Rouen e appassionato di Monet come scrive in un suo diario.
2) L’adulto Duchamp, si rivela meno tenero in questa collezione, ricca di frecce di ironia, raffinato erotismo vicino al paradosso, è poetica e spesso struggente. A proposito di erotismo, ricordo una delle operine: Rose Selavie, che nasce da una sua affermazione che Eros c’est la vie, (Eros è la vita ) e diverse acque forti su carta giapponese eseguite da Duchamp stesso che intenzionalmente ricalcano raffinate scene di amore di grandi maestri: d’après Ingres , d’après Rodin e d’après Courbet. Per lunghissimo tempo Duchamp deluso ha disertato la pittura dedicandosi agli scacchi, gioco che considerava una metafora della vita e molte sono le opere riferenti a pezzi del gioco, che gli ispiravano originali pensieri quali quello che “fra i diversi oggetti di chincaglieria, raccomandiamo un rubinetto che smette di sgocciolare quando nessuno lo ascolta..” Altri scritti poetici sono qui annotati ed esposti su carta da musica. Suggerisco una visita a questa mostra in una mattina tranquilla in cui si ha voglia di guardare pensando e forse di sentirsi rimarginati da una qualche smagliatura, proprio come dice A Bonito Oliva, (per una volta lampante ed esplicito) Sarà bene qui darsi tempo, soffermarsi senza la minima fretta.
Fino al 9 febbraio, Galleria Nazionale di Arte Moderna
Marina Patriarca