Una volta piccoli oggetti graziosi, di complemento al vestiario. Tenute in una mano o sotto il braccio. Se vuotate ne uscivano un pettinino, un porta cipria, a volte un rossetto ed un fazzoletto, a volte un portasigarette.
Le chiavi non servivano: qualcuno in casa era sempre pronto ad aprire.
L’accendino non serviva. Al primo estrarre la sigaretta, un polso maschile scattava per offrire “fuoco” da un Dunhill o un Cartier.
Il portafogli non serviva. Al ristorante si voltava discretamente la testa al minuto del conto. Si guardava per aria o ci si incipriava il naso.
Ma fin da allora gli uomini si stupivano del disordine delle nostre “pochettes”.
Le borse delle donne ora.
Le chiavi.
Si esce di corsa e già al momento in cui ci si chiude la porta alle spalle la domanda: ”Ho preso le chiavi?” E subito ci si tuffa dentro la borsa alla ricerca per aver la sicurezza di poter rientrare più tardi. Chiavi pesantissime, dentate, lunghe ,legate ad un enorme portachiavi. Un elefantino un po’ ingombrante ma irrinunciabile. Dono di un nipote che controlla severo che il suo regalo continui a essere apprezzato.
Un sospiro: ci sono. Un sollievo perché sappiamo che, al ritorno, cariche di pacchi pesanti, quando suoneremo speranzose alla porta lassù il marito da dietro il giornale urlerà “LA PORTA”, dalla stanza dei ragazzi si sentirà un grido “SUONANO”.
Ma la porta rimarrà inesorabilmente chiusa.
E dovremo frugare alla ricerca disperata nella borsa da cui usciranno le chiavi della macchina, le chiavi dell’ufficio dove soggiorna un mazzo di riserva, le chiavi della casa al mare (ma saranno ancora quelle?) e solo alla fine le chiavi di casa.
E meno male perché come dice la canzone di Celentano “E’ inutile che suoni, qui non t’aprirà nessuno”.
Il portafogli.
Con i soldi possibilmente, per non trovarsi senza una lira nel caso non ci ricordassimo il PIN del bancomat. E succede!
Scoppia di vecchie carte da visita, di inaugurazioni di pizzerie, di scontrini vecchi, di ricette scadute, ma meglio che niente; di carte fedeltà di supermercati, di punti per avere una tazzina pagando il valore di tre o una padella talmente costosa che forse dovrebbe stare esposta in salotto.
Un documento.
Se perdiamo la memoria ci possono riconsegnare ai parenti. Fra i fogli della patente c’è anche un piccolo foglio con istruzioni precise alla famiglia.
In caso di terribile incidente: no all’accanimento terapeutico, sì alla donazione degli organi. Teniamo con cura il foglietto senza tener conto del sarcastico commento della cara amica: ”Un organo tuo? Alla tua età? Figurati se lo prendono.”
Ma magari un pezzettino…Decideranno loro
Il telefonino.
Avrebbe nella borsa un suo posto deputato ma non ci sta mai. Alle conferenze o peggio durante i concerti, quando si comincia a sentire un suono soffocato ci mettiamo un po’ di tempo prima di realizzare che è la nostra borsa che suona. Anzi spesso la borsa sonora viene portata in giro da solerti signore che gridano “DI CHI E’, DI CHI E?”
La riconosciamo nostra e ci tuffiamo con la testa dentro per vedere la luce che subito smette di brillare nel buio. E comincia la frenetica caccia per farlo tacere.
Il pettine.
Una volta praticamente solo nelle borse accompagnato da portacipria e rossetto. Giace con loro nel fondo della sacca. Tutti introvabili per un veloce ritocco durante la giornata. Dopo aver inutilmente scavato ci dobbiamo rassegnare a rimanere un po’ lucide e scarmigliate.
L’agenda.
Grande, di pelle un po’ consumata, con i fogli dei telefoni ciancicati: preziosa, contiene un mare di informazioni che ancora (ma questo va avanti da anni) non abbiamo trasferito in mezzi più moderni. Fra le pagine che raccontano una vita, la bolletta della luce, il disegno di un nipote, vecchie fotografie, itinerari di viaggi fatti o sognati. Talmente piena di mille aggiunte fra i fogli che pare scoppiare. Se cadendo si apre …il disastro.
Un libro.
Sempre. Se dovessimo aspettare, il tempo trascorrerà in modo piacevole
Varie.
Un paio di calze, la matita per gli occhi. Per stare tranquille
Ombrello.
Con il pazzo clima di questi tempi dentro la borsa trova alloggio pure un piccolo ombrello ripiegabile. Veramente non ha più l’aspetto di un ombrello. Ogni volta che è stato tirato fuori si è rotta una stanghetta o si è scucito assumendo l’aspetto di uno straccetto rosso e mantiene questo aspetto anche in caso di apertura per improvvisa pioggia.
Ecco, ora finalmente possiamo affrontare l’uscita. Abbiamo tutto. La borsa sembra più una valigia, e pesa altrettanto: forse col tempo dovremmo applicare delle ruote.
Chiusa la porta d’ingresso si arriva sulla strada. Cielo i biglietti per il concerto! Saranno nel portafogli?
Il contenuto viene sparso sul cofano di una macchina e comincia la caccia. Un passante guarda, scuote la testa benigno e sorride.
Le conosce bene lui le donne e le borse delle donne.
Lalli Theodoli