Ci sono delle notizie che non appaiono affatto sulla grande stampa nazionale o sono nascoste nelle pieghe di qualche articolo e rischiano di passare inosservate, anche se sono potenzialmente di grande impatto sulla vita, sopratutto futura, del nostro paese.
La questione che desidero portare all’attenzione dei lettori de La Lampadina è: siete al corrente della situazione della “educazione sessuale “nella scuola?
Una quindicina di anni fa l’argomento, per qualche tempo, fu posto all’attenzione dell’opinione pubblica. Si discuteva sul SE – si deve fare a scuola o è argomento da riservare ai genitori -, sul QUANDO – a che età si deve cominciare a parlare di questo argomento -, sul COME – in quale contesto parlarne.
Io stesso fui coinvolto e partecipai a una trasmissione televisiva perché sottrassi i miei figli che frequentavano la media a delle “lezioni” inserite in un programma di “educazione alla salute”, all’insaputa dei genitori.
Si discuteva, allora, se la questione “educazione sessuale” dovesse essere regolata per legge ma non riuscendo a trovare un accordo tra le diverse sensibilità, quella “tradizionalista” nutrita del sentimento religioso e quella “progressista” nutrita dalla rivoluzione sessuale sessantottina, il problema fu accantonato e scomparve dalle pagine dei giornali per essere lasciato all’iniziativa della “periferia”, cioè dei singoli istituti.
Negli ultimi anni siamo stati interessati da due fatti che si sono verificati: l’integrazione europea e la globalizzazione. Di questi due fatti siamo tutti coscienti nel loro aspetto economico, ma non siamo, forse, altrettanto consapevoli dell’influenza che questi hanno sullo stile di vita. Esistono degli organismi sovranazionali, europei e mondiali, che si occupano di cose che hanno una relazione diretta con il modo di vivere e che trasmettono le loro conclusioni agli stati nazionali che sono invitati ad adeguarsi. Spesso per semplice inerzia o per mancanza d’informazione, gli adeguamenti nazionali avvengono per via burocratica senza che ci sia un dibattito pubblico approfondito e i cittadini (cioè noi) si vengono a trovare di fronte a situazioni inaspettate, già radicate, senza sapere ne’come ne’quando sono state introdotte.
Nello specifico, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sta diffondendo nei vari Ministeri della Salute e dell’Istruzione di tutta Europa uno «Standard di Educazione Sessuale in Europa» (qui in italiano), dove si indicano le varie tappe che i bambini devono raggiungere per ottenere una maggiore consapevolezza del sesso e di ciò che esso implica. All’asilo i bambini dovranno essere fatti familiarizzare col proprio corpo e istruiti sul raggiungimento del piacere; durante gli anni della scuola primaria dovranno essere istruiti, teoricamente e “praticamente” sui metodi contraccettivi. Nell’adolescenza si parlerà invece di maternità in età precoce, di aborto, prostituzione e pornografia.
Questo “Standard” è assunto come base, e messo in pratica in modi diversi nei diversi paesi.
In Svizzera ad esempio, nel cantone di Basilea, si sta sperimentando con i bambini la “sex box” contenente facsimili in peluche di organi genitali maschili e femminili e libri a fumetti dove si mostrano le possibilità di procurarsi piacere singolarmente o vicendevolmente! (Fortunatamente sembra che l’esperimento sia stato arrestato per la decisa opposizione di un gruppo di genitori, ma il fatto stesso che sia stato pensato è indicativo).
E da noi? Da noi possiamo citare le iniziative dell’UNAR: l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità, ha pubblicato una trilogia di manuali dal titolo “Educare alla diversità a scuola” destinati agli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori, attraverso i quali, con la motivazione di contrastare il fenomeno del bullismo, s’istruiscono gli insegnanti su come trasmettere i principi dell’ideologia del “gender” sin dalla più tenera infanzia. Tra le raccomandazioni, lo abbiamo appreso leggendo un articolo sul Corriere, quello di bandire le favole con re, regine, principi e principesse perché porterebbero ad affermare stereotipi (l’amore tra un uomo e una donna) potenzialmente discriminanti nei confronti dei “diversi”!
Quelli che un tempo erano chiamati i “benpensanti” inorridiscono. Come difendersi da indottrinamenti che non si condividono? Dall’ora di religione, se non si è credenti, ci si può astenere, dall’ora di “educazione sessuale” no!
Una notizia interessante desunta da un foglio internet “alternativo”: “L’istruzione familiare“. Lo Stato italiano, a certe condizioni, permette che l’istruzione ai fanciulli sia data direttamente dai genitori o da persone competenti. A Reggio Emilia un gruppo di genitori si è consorziato e ha fondato una “scuola familiare” nella quale le lezioni sono tenute prevalentemente da genitori, che sono, anche direttamente coinvolti in tutte le attività scolastiche e di cura della scuola. Questa iniziativa dura ormai da molti anni (dal 1983) e ha avuto risultati incoraggianti. Che sia la via da seguire per chi desidera mantenere indipendenza di giudizio e trasmettere ai propri discendenti i valori “personali” e non quelli elaborati da sedicenti “esperti” internazionali?