Oggetto scontato e prezioso di cui non sappiamo molto…
Stiamo, forse, uscendo da uno degli inverni più piovosi della nostra memoria. Per strada giacciono buttati, ciancicati, rotti, una marea di piccoli ombrelli. Quelli che abbiamo comprato al prezzo pazzesco di 3 euro da venditori indiani, srilanchesi, africani, appostati in piccoli gruppi con un occhio al cielo ed uno al meteo.it che ha promesso pioggia. Sono durati forse solo il tempo di un violento acquazzone a cui si sono strenuamente opposti, piegandosi, cappottandosi, spaccandosi. Inservibili per la pioggia seguente, ma, al momento, ci hanno salvato vestiti e cappotti che si sarebbero trasformati in enormi spugne da strizzare.
Oggetti eleganti? Questi certamente no. Solo momentaneamente utili, ma quanto diverso il loro passato.
Il nome ne narra un po’ la storia.
Ombra dovevano procurare al loro nascere.
Ne ritroviamo l’immagine negli affreschi di tombe egiziane in cui persino la dea NUT protegge la terra con il suo corpo disteso sopra di essa come un immenso ombrello. Ma pare che la sua invenzione risalga ai cinesi fin dal XII secolo A.C.
Anche i Babilonesi ne facevano uso e in Estremo Oriente era ritenuto un segno di classe alta, di nobiltà. Veniva usato solo dai reali o dai dignitari di corte.
Nell’antica Roma, come sappiamo, il Colosseo veniva protetto da una leggera tenda che proteggeva gli spettatori dal sole.
Ma nelle giornate di vento in cui il velario non poteva essere aperto le signore romane ricorrevano a piccoli elegantissimi ombrelli.
Scompare poi per un lungo periodo durante il quale sopravvive come insegna pontificia.
Merito di Caterina dei Medici nel Cinquecento di aver fatto conoscere l’ombrello, anzi, il parasole ai Francesi. Arriva poi anche in Inghilterra. Con poca fortuna forse a causa del clima.
Fino al Settecento è rimasto in uso solo fra le classi abbienti portato da un servitore come distintivo onorifico. Per la pioggia ancora venivano usati mantelli e cappucci.
Certo è che si deve ai cinesi la trasformazione da parasole a para pioggia: loro l’idea di renderlo impermeabile con cera e lacca. Il parasole, divenuto ombrello, diviene un oggetto di uso comune in Francia e in Italia.
Finalmente un oggetto elegante, insieme al cappello viene consegnato a rigidi servitori nelle anticamere, il manico con l’impugnatura d’ebano, un piccolo cerchio d’oro con le iniziali, il rivestimento di seta, le stecche di balena, tutto ciò concorre a farlo divenire un oggetto non solo utile ma necessario complemento di raffinatezza maschile.
A Samuel Fox, nel 1852, si deve la prima struttura in acciaio e la sua evoluzione arriva fino alla bottega artigianale di Mario Talarico , a Napoli, fornitore della Real Casa.
Parasole? Parapioggia?
Non solo.
Nel 1902 il Daily Mirror in un articolo lo suggerisce alle donne come arma di difesa.
Ben più recentemente il presidente francese Sarkosy assegna alla sua scorta un ombrello da difesa. Fatto costruire dalla Real Cherbourg al piccolo prezzo di 10,000 sterline, dal peso di più di due chili, rinforzato in Kevlar, a prova di acido, pallottole e coltelli chiamato Para Pactum.
Nella nostra era dell’usa e getta l’ombrello è stato duramente colpito.
Ma, consci dei suoi illustri antenati, trattiamoli con rispetto questi poveri discendenti di augusti predecessori.
Abbiamone cura. Hanno una grande storia alle spalle.
Articolo davvero carino, ben scritto. Sai che mi ha raccontato l’amico Micara che a Frascati i signori, i cardinali e i possidenti, camminavano per i vicoli con degli ombrelli appositi di cuoio per difendersi da chi rovesciava i pitali di pipì dalle finestre!!