E’ difficile rimanere indifferenti dopo aver passato numerose ore negli immensi spazi del Dia Beacon. Recentemente, in un articolo dove vi descrivevo il nostro recente viaggio a New York, alludevo al sorprendente museo alloggiato sulle rive dell’Hudson a ottantacinque chilometri a nord di New York. E’ stata, per quelli che parteciparono quel giorno all’avventura fuori città, un’esperienza indimenticabile e avevo promesso di raccontare con più dettagli, la storia di questo bel luogo destinato all’arte.
L’idea di utilizzare il vecchio edificio industriale per dare spazio a opere monumentali è stata pensata da tre illuminati personaggi, i collezionisti Heiner Friedrich con sua moglie Philippa de Menil e Helen Winkler, una storica dell’arte, fondatori della Dia Art Foundation un‘associazione no profit nata per dare agli artisti la possibilità di realizzare progetti la cui natura o dimensione potevano precludere altre fonti di finanziamento.
Prima di lanciarsi nell’avventura di Beacon, Dia aveva già, dal 1974, accumulato innumerevoli spazi da destinare all’arte e realizzato vari progetti. E’ stata resa possibile, grazie a loro, l’incredibile opera creata da uno dei protagonisti della Land Art, Walter De Maria The Lightning Field (1977) nel deserto del New Mexico in cui l’artista piantò quattrocento pali d’acciaio inossidabile su un’area di circa tre chilometri quadrati per raccogliere e moltiplicare l’effetto dei fulmini creando uno spettacolare gioco di luci.
E’ nel 2003 che il progetto diventa realtà e la città di Beacon la meta di appassionati d’arte contemporanea. Nei trentamila metri quadri della vecchia fabbrica di dolciumi costruita nel 1929 da Nabisco e considerata allora un modello d’architettura industriale, si è conservato lo spirito del luogo mantenendo i materiali d’origine: mattoni, acciaio, cemento e vetro.
E’ grazie all’artista Robert Irwin che il gigantesco spazio acquista una dimensione superiore. Irwin è considerato uno dei guru del movimento americano “Light and Space” e con gli architetti di OpenOffice penserà ai minimi dettagli in modo di far battere lo spazio di Beacon al ritmo del Cosmo. E’ la luce naturale che illumina le opere e gli orari del museo variano secondo le differenti stagioni: niente neon e niente led, ma l’evoluzione del ciclo solare. La luce penetra attraverso i tremila metri quadri di lucernai e si diffonde tra i pilastri e nelle sale, illuminando le opere con una bella luce naturale.
La collezione dello spazio nasce con la collezione dei fondatori e con i loro artisti prediletti scelti a partire degli anni sessanta: Joseph Beuys, Donald Judd, Dan Flavin, Agnes Martin, Cy Twombly, Andy Warhol o Robert Whitman, ma ovviamente solo per valorizzare opere di larghissima scala.
Quello che più impressiona ed esalta è l’immensità dello spazio di cui le opere possono disporre. Centosei metri lineari sono destinati alle “ombre” di Andy Warhol dipinte nel 1978-79. Ogni galleria è dedicata a un solo artista, per cui le opere occupano varie migliaia di metri quadri. Ci sono all’ingresso le “Fluorescent Lights” di Dan Flavin, Fond III/3 (1979) and Fond IV/4 (1979), si arriva all’opera di Richard Serra che sembra la gigantesca prua di una nave costretta in uno spazio che quasi non le basta Torqued Ellipses (2007).
C’è un’immensa sala dedicata alle belle opere di Chamberlain. Al piano superiore si vede una degli ragni di Louise Bourgeois insieme a varie sue opere. La lista degli artisti è numerosissima ma non resisto alla tentazione di citare le opere di Federick Sandback: si entra in una grandissima zona che sembra quasi nuda, quando piano piano prendono forme, delineate solo da leggeri fili di lana immense zone solide. Un gioco minimalista che sfida lo spazio con un tocco leggero eppure sorprendentemente consistente.
La Dia Fondation organizza pure mostre temporanee. In quell’occasione abbiamo goduto della visione di centinaia di metri quadri destinati ai disegni di Sol Lewitt, che, sinceramente, acquistano, in quello spazio, una dimensione inusitata.
Un’esperienza superlativa!
ho letto il suo articolo e poi, estremamente e positivamente incuriosito sono andato a visitare gli artisti che lei ha citato…è stato un bellissimo viaggio in un mondo per me quasi completamente sconosciuto . . . grazie, continuerò in sua compagnia ad arricchirmi di nuove conoscenze.
Renzo Sbolci Livorno Italia
p.s. vedo un indirizzo e-mail . . . le invierò una o due foto della mia ricerca artistica
Mi fa veramente piacere che, seguendo il mio consiglio, abbia potuto vivere anche lei la nostra bellissima esperienza e che se ne sia sentito arricchito. Che spazi, vero? Decisamente al di là di qualsiasi esperienza!
Grazie per le foto delle sue bellissime opere che ho molto gradito.
Cercherò altri spunti per nuove mete da scoprire in futuro..
Magnifico articolo, non manchero’ certo di visitare questo divino spazio quando andro’ a NYC! Grazie di averne parlato cosi’ bene.
Sono felice che grazie al mio articolo abbia avuto l’idea di visitare il Dia Beacon. Quelli che mi accompagnarono quel giorno del nostro viaggio a New York furono sedotti. Noi siamo andati d’inverno e la neve si era appena sciolta perciò non è stato il momento migliore. Credo che, siccome la natura in quella zona è splendida, sia meglio, potendo scegliere, andarci o a primavera, ma forse meglio, nella gloria dell’autunno!.
Mi fa piacere sia riuscita a trasmettere il mio entusiasmo.