Durante l’estate, abbiamo tutti letto con sgomento le notizie relative alla spirale di violenza del conflitto israelo palestinese.
Lo scrittore israeliano Amos Oz, in un piccolo libro intitolato “Contro il fanatismo”, dice: “Nel mio vocabolario, nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c’è Vita ci sono compromessi.
Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione.
Il contrario di compromesso è fanatismo, morte.
Non intendo compromesso come capitolazione. Non intendo porgere l’altra guancia ad un avversario, ad un nemico. Intendo incontrare l’altro più o meno a metà strada; non esistono compromessi felici…”
Quest’estate ho assistito ad un piccolo prodigio.
Nel teatro degli Avvalorati a Città della Pieve, si è svolto il 23 luglio u.s. il concerto del “Polyphony Youth Ensemble”, un’orchestra di giovanissimi palestinesi e israeliani, che suonano insieme, sì, suonano insieme.
Alcuni di loro sono proprio piccoli e vanno ancora a scuola.
Siamo a teatro, i Ragazzi arrivano: due violini, una viola e un violoncello; al pianoforte il maestro Saleem Ashkar, affermato pianista.
Atmosfera incredibile; il silenzio è calato, totale, rendendo la realtà come sospesa e questi giovani e prodigiosi artisti, hanno suonato il quintetto per pianoforte ed archi in la maggiore op.81 di Antonin Dvorak, così poetico e struggente, come mai avevo sentito.
Questo pezzo forse non era stato scelto a caso, infatti Dvorak era un fedele interprete del folklore slavo e le tradizioni popolari venivano esaltate, come per dare un’anima comune al“territorio”.
Sul palco, il pianoforte era volutamente posizionato sul fondo e gli archi in prima fila davanti agli ascoltatori; in questo modo il maestro Ashkar si metteva in secondo piano e tutta l’attenzione del pubblico era rivolta ai “suoi” giovani, impegnati a suonare insieme, guardando “oltre” tutte le barriere, i dolori e le preoccupazioni di questi giorni di inaudita violenza. A volte i loro sguardi si incrociavano, poi sorridevano e davano vita ad un piccolo miracolo di armonia, incantandoci tutti.
La musica che trascende dalle barriere culturali, riesce perfino ad aiutare le comunità in conflitto! Un seme di speranza per una possibile soluzione dei problemi.
Tutto questo è stato reso possibile grazie a due sponsors, Pilar e Steve Robert, che con la loro fondazione “Source of Hope”, sostengono vari progetti, per migliorare le condizioni di vita dei Palestinesi.
Carlotta Staderini Chiatante