Possibile uscire dopo essere stati divorati e raccontare com’è andata?
Articolo di Elvira Amabile, Autore Ospite de La lampadina e penna storica dell’Associazione MAREVIVO
La bara viveva
Chi c’era tremava
La bara mangiava
Chi c’era pregava
Filastrocca o indovinello? E qual è la soluzione? Eccola: Giona nella pancia della balena.
Svaghi d’altri tempi. Tempi di veglie accanto al focolare. Tutti a narrar storie per incantare i bambini, per appassionare i grandi, per ricordare. Niente tivvù. Niente diggèi. Niente tabblett, piccì, aifòn.
Chi sapeva qualcosa parlava e raccontava.
Così ci sono arrivate di focolare in focolare le storie di cronaca d’allora, talvolta trasformate in leggende.
Prendiamo ad esempio le Sacre Scritture a proposito della faccenda di Giona. Giona, profeta in Assiria, fu punito per non aver avuto il coraggio di annunciare il castigo di Dio ai corrotti e violenti abitanti di Ninive. Segue poi la storia che conosciamo, tramandataci dalle sacre scritture. L’ira di Dio, la tempesta, il pesce enorme che divora il povero Giona, il pentimento e finalmente dopo tre giorni la salvezza.
Anche alcuni testi arabi la riportano. Nel libro delle astuzie del XIII secolo, gli autori discutono sul tempo di permanenza nella pancia del pesce: un certo Ikrima parla di tre giorni. Un altro di nome, Masud parla di tre ore. Qatada dice quaranta giorni e Muqatil di un solo giorno. Quest’ultimo riferisce che Giona gridò le lodi del Signore: “Io sono iniquo! Tu solo sei il mio Dio”. Allora il Signore parlò al pesce e Giona fu deposto sulla terraferma vicino all’Eufrate in un luogo che ancor oggi si chiama Balth (Rigetto).
Personalmente, se mi posso permettere, penso che anche solo tre secondi in una situazione così terrificante sarebbero un’eternità.
In ogni caso il fatto eccezionale senza dubbio, scatenò una serie di interessanti interpretazioni sui simbolismi di natura teologica e psicoanalitica.
Le Sacre Scritture riportano sempre l’episodio come realmente accaduto, ma descrivono i pesci come enormi e mostruosi senza distinzione di specie, presumibilmente sconosciute a quei tempi.
Ma tuttora, le congetture di scienziati e biologi riguardo alla specie marina che “inghiotte e sputa”, appassionano studiosi e curiosi.
Cousteau ritiene le cernie giganti i soli pesci in grado di divorare e sputare un essere umano. Popolano i mari di tutto il mondo. Ingoiano la preda in un colpo solo aspirandola senza ferirla e possono rigurgitarla.
Il pesce giudeo della California (stereolepis gigas) e quello australiano (promocrops lanceolatus) possono arrivare fino a tre metri. I pescatori di perle e molluschi li temono più degli squali.
L’Enciclopedia Britannica riferisce di un certo James Bartley, nel 1800, sopravvissuto per un giorno e mezzo nello stomaco di una balena dove, dice lui, c’era ossigeno a sufficienza.
Ogni volta che questi enormi creature incontrano gli umani nascono leggende che si arricchiscono via via di fantasmagorici dettagli.
Resta che Giona inghiottito e sputato è una storia pazzescamente intrigante.
Se n’è appropriata il mondo dell’arte arricchendo la sua iconografia di affreschi mosaici, miniature incisioni.
Se n’è appropriata il mondo letterario ispirando lo stupendo romanzo di Melville “Moby Dick”.
Nacque il mito della Balena Isola. John Milton, ne “il Paradiso Perduto” ne dà una suggestiva descrizione: “Laggiù il Leviatano, immenso tra le creature viventi, disteso come un promontorio nel mare, dorme o nuota e pare terra che si muova e inala per le branchie e rigetta col respiro il mare”.
I marinai raccontano di balene ferme a riposare galleggiando con il corpo ricoperto di sabbia presa dal fondo, come per mimetizzarsi. Scambiandole per isolette talvolta i marinai vi approdavano e magari accendevano un focherello per scaldarsi o cucinare qualcosa, preferendo non farlo a bordo per paura degli incendi. La balena risvegliata dal calore, s’immergeva di colpo trascinando tutto e tutti.
Il monaco benedettino irlandese Brandano, in seguito fatto santo, nel VII secolo, sbarcò nella terra sconosciuta (che poi sarà America), ancora prima dei Vichinghi e di Colombo.
Con i suoi confratelli incontrò diavoli, sirene pelose, vulcani sommersi, icebergs e ogni sorta di mostri marini e la Balena Isola che all’accensione del fuoco s’immerse lasciando tutti illesi. Questo è il miracolo di San Brandano.
Dai mari del Nord arriva anche la leggenda di Kraken, l’isola diabolica.
Terrore di pescatori e naviganti che temevano di esserne risucchiati. Mentre invece Kraken diventa un simbolo magico e benefico per Sant’Olav di Norvegia dopo la celebrazione di una pia funzione a Olaus Magnum, proprio sull’Isola Balena. Ancora un Miracolo!
Tuttavia non posso finire senza ricordare Pinocchio e Geppetto. Tenera fiaba della nostra infanzia dove la parte più suggestiva rimane sempre l’avventura marina con l’allegoria del grande pesce che accoglie, spaventa, riscatta.
Prima di scoprirne tutti i misteri gli uomini stanno distruggendo il creato.
Speriamo che questa smania assassina si fermi e che anche alle prossime generazioni sia concesso di vivere in un “mondo mare” abitato da tante meravigliose creature.
Bello… intrigante…misterioso…affascinante anche per i nostri nipoti sempre inchiodati allo smartphone !!!!
…..e pensare che sono vissuto 71 anni convinto che Pinocchio nella pancia della balena fosse solo una meravigliosa fantasia di Collodi!