Si è inaugurata ad Istanbul, i primi di settembre, una delle più interessanti biennali di arte contemporanea del momento. Non è stato possibile, nei due giorni passati in città, visitare tutte le 35 sedi diverse in cui la curatrice, Carolyn Christov-Bakargiev, aveva deciso di spargere questa 14esima edizione in un percorso volutamente impegnativo. Le sedi erano distribuite in mezza Turchia, isole incluse, dall’estremo nord del Bosforo, dal villaggio di Rumelifeneri, da Riva Beach, arrivando a ben venticinque spazi nel quartiere di Beyoglu. Si poteva osservare dalla riva del Bosforo il passaggio di un vecchio peschereccio che percorreva i 31 chilometri da nord a sud, camminare fino al quattrocentesco hammam Küçük Mustafa Pasa nella zona di Satih, raggiungere, nel lato asiatico, lo studio di Tuca Subasi e Çagri Saray, arrivare all’arcipelago delle Adalar ed altro ancora. Una Biennale che pretendeva un coinvolgimento totale con la città. Movimento, disponibilità a guardare le cose da prospettive (e sponde del Bosforo) diverse e tempo, molto tempo a disposizione.
Sono entrata in case private, in caveaux, in negozi e garage, in hotel, in edifici in cui non sarei mai entrata in un’altra occasione. Non sono arrivata nell’estremo nord del Bosforo, di fronte al Mar Nero, nella zona militare che conserva un residuato bellico in forma di antenna radar, ma ho percorso su e giù le popolose strade di Beyoglu nel distretto di Tophane per raggiungere il Museo dell’Innocenza di Ohran Pamuk, le numerose sedi del quartiere (una ventina), e quelle istituzionali dove erano collocate le mostre principali, (ovvero il Liceo Italiano, la sede principale-Istanbul Modern, Arter, la scuola elementare greca) Mi sono diretta anche all’estremo sud del canale per arrivare nella città vecchia, a Satih. Ho cercato di vivere il più possibile questa occasione un po’ unica alla ricerca delle piccole porzioni di questa grande mostra!
Le strade di Istanbul sono labirintiche, non si può negare, ed è stata una sfida individualizzare le hostess della Biennale con tanto di cartello “ASK ME” sorridenti e disponibili che erano all’angolo di molte strade per dare le indispensabili indicazioni. Sarebbe stato, pare, molto interessante raggiungere le opere allestite sulle Isole dei Principi, nel Mar di Marmara, a un’ora abbondante di navigazione e vedere i lavori allestiti a Buyukada, un posto un po’ vintage, testimone di bei tempi andati, ricco di ville dismesse, percorso da taxi tirati da cavalli. Ma il tempo non mi è bastato!
L’acqua (Salt Water), che circonda la vecchia Costantinopoli, è la metafora che ha scelto la Christov-Bakargiev come titolo principale della mostra. Una decisione presa per la “fluidità e densità di fenomeni che accoglie” inteso anche come paradosso: l’acqua salata fondamentale per l’organismo umano ma che decreta anche morte, che distrugge i contatti elettronici dei nostri macchinari moderni.
Con il sottotitolo, “A Theory of Thought Forms”, (di Annie Besant e Charles Leadbeater del 1905 che scrivono un precursore manifesto sull’astrattismo moderno) ci aiuta a ragionare sui rapporti fra visibile e invisibile seguendo i fili rossi delle onde e dei nodi. ”Prima di tutto le onde, materiche, elettromagnetiche e simboliche, che alludono alla fluttuazione, complessa e a volte anche drammatica del nostro tempo come le sofferenze di alcuni popoli, ma anche alla mobilità delle emozioni, della vita delle persone fino a schiudere la possibilità della gioia e della comunità.”
Per illustrare il suo solito “corposo impianto teorico” Carolyn ha scelto un’ottantina di artisti. Un mix fra artisti locali (Cevdet Erek, Meriç Algün Ringborg… ), artisti del suo “cerchio magico” (William Kentridge, Marcos Lutyens, Susan Philipsz, Giovanni Anselmo… ) o che hanno spesso lavorato con lei (Walid Raad, Francis Alys presente con un bellissimo video “Silence of Ani” a DEPO, una vecchia fabbrica di tabacco) e molti giovani artisti il cui lavoro si legava al progetto (Hera Büyüktaşçıyan, giovane grande artista del padiglione armeno della Biennale di Venezia 2015, Elena Mazzi che presentava un video dedicato ai Mastri Vetrai di Murano).
Ci sono lavori di studiosi, teorici, filosofi come i disegni di Jacques Lacan sullo studio dei nodi dal punto di vista psicanalitico, le fotografie scattate dal medico spagnolo Santiago Ramon y Cajal per i suoi studi sui neuroni…
Terminato il suo impegno turco, reduce della famosa dOCUMENTA del 2012, rivedremo la Christov-Bakargiev dal primo gennaio 2016 in pianta stabile in Italia, a dirigere il Castello di Rivoli e la Gam di Torino.
Dal 5 settembre al 1 novembre 2015.
Marie ci ha fatto vivere la Biennale di Istanbul come ci fossimo stati ed al tempo stesso ci ha fatto vivere la città che ha descritto quale uno scrigno di tutte le opere d’arte esposte.
Peccato che La Lampadina non abbia pensato di poter organizzare la visita alla Biennale con Marie come guida. Ci contiamo per la prossima!
Caro Marcello, volevi Marie o volevi Marguerite come guida a Istanbul? Fra due anni torna la Biennale e, se vuoi, ci andiamo insieme organizzando un bel viaggio con la Lampadina. E molto volentieri vi faccio da guida se sono in grado! Quest’anno abbiamo pensato che non era il caso. Un caro saluto. Marguerite!