Ci lamentiamo della mancanza di educazione formale dei nostri figli e nipoti, ci lamentiamo di come appaiono poco rispettosi nei nostri confronti… troppo sinceri? Ci lamentiamo di tante piccole cose ma…
Sotto alcuni aspetti, i bambini di adesso paiono decisamente migliori di noi.
Non so se sia il tam tam che li bombarda, fin dalla loro più tenera infanzia, riguardo al non sprecare l’acqua (guai se ci sorprendono che ci laviamo i denti con l’acqua che corre di continuo), al rispetto della natura, al non inquinare. Oltre ad avere acquisito queste attenzioni verso il mondo che li circonda, mi sembra che siano anche privi della crudeltà verso i piccoli animali che ha accompagnato la nostra infanzia. Nessuno di loro attacca barattoli alla coda del gatto, nessuno di loro si sogna di tagliare la coda alle lucertole, nessuno fa il tiro a segno alle galline con le stecche degli ombrelli, nessuno di loro insomma, infierisce per gioco sui piccoli animali.
Le formiche
Erano la nostra preda preferita. Tante, diverse. Quelle piccolissime, rosse che pizzicavano da morire, quelle grandi nere, operosissime, e, forse è la mia immaginazione, ma ho un ricordo di formiche bicolori rosso/nere. Io non so perché ma a me sembra che nella nostra infanzia le formiche e i formicai fossero molto più numerosi. Ci si sedeva su un prato e immediatamente diventavamo la loro pista, stendevamo la tovaglia del picnic e in un baleno lunghe file di formiche arrivavano sui nostri panini e noi….
Una gioia.
Non appena si formava la lunga processione, creavamo delle piccole barriere. Un attimo di disorientamento e le formiche in fila aggiravano l’ostacolo riprendendo il loro percorso. Mettevamo un ponticello da scavalcare e loro, dopo un attimo di sbandamento, riprendevano la via. Soffiavamo per disperdere la loro strada verso il formicaio, cariche di enormi semi o pagliuzze. Correvano spaurite dappertutto, sembravano veramente disperse definitivamente, ma, in pochissimo tempo, riprendevano il loro cammino con un carico diverso.
A calci disfacevamo il formicaio. Uscivano come impazzite ma eccole subito riaffacciarsi dal buco della terra per ricominciare il loro lavoro paziente. Mettevamo davanti a loro una pagliuzza su cui camminavano fiduciose per poi finire affacciate sul baratro da cui tornavano indietro. Appoggiavamo a terra la pagliuzza e loro riabbracciavano le loro compagne ritrovate. Mettevamo piccoli semini (piccoli per noi) lungo i loro percorsi per guardarle caricarseli e procedere con immane fatica.
Eravamo pieni di ammirazione, anche se, a volte, mettendoci nei loro piccoli panni, pensavamo a un enorme piede che dopo averci sparpagliati, orde di bambini spaventati, ci spiaccicava inesorabile. Terrore di una giusta vendetta.
Non ho visto bambini affacciati sui formicai ultimamente, intenti a studiare o a disturbare il lavoro di questo piccolo infaticabile testardo e noiosissimo animaletto.
Sarà il frutto dell’educazione di oggi, sarà una forma d’indifferenza verso il mondo degli animali a favore di giochi più tecnologici, saranno componenti diverse ma, quale che ne sia il motivo,
le formiche, nel loro piccolo, ringraziano.
Articolo molto carino ( come peraltro tutti quelli ( fino a doggi ) di Lalli Theodoli.