Papa Francesco, ha indetto per quest’anno un Giubileo straordinario.
Questo ha fatto correre il mio pensiero al primo Giubileo della storia cristiana, a colui che lo ha indetto: il papa Bonifacio VIII, a quello che questo papa ha rappresentato e alla storia.
Una coincidenza: il primo Giubileo fu indetto da un papa che era succeduto a uno che si era dimesso, anche questo Giubileo straordinario è stato indetto da un papa succeduto a un papa che si è dimesso. Ma poiché le dimissioni di un papa sono eventi quasi unici nella storia della Chiesa, questa coincidenza avrà forse qualche misterioso significato recondito?
Chi era Bonifacio VIII?
Quanto sappiamo su di lui risale, forse, a quello che abbiamo appreso sui banchi di scuola: il famigerato “schiaffo di Anagni” (l’affronto che, si dice, il francese Guglielmo di Nogaret gli riservò) e le valutazioni fortemente negative di Dante (che lo ha situato nell’Inferno pur scrivendo quando Bonifacio era ancora papa regnante!)
Bonifacio, nato Benedetto Caetani, fu eletto papa come successore di Celestino V, colui che , secondo Dante “fece per viltade il gran rifiuto”. Il giudizio negativo di Dante e lo schiaffo di Anagni sono legati alle passioni che, da sempre, vengono accese dal conflitto tra potere spirituale e potere temporale, tra religione e politica .
Papa Caetani nutriva la profonda persuasione che alla Chiesa in generale e al papato in particolare fosse affidato il compito di guida universale dell’umanità e per questo il potere temporale dovesse essere subordinato a quello spirituale. Questa idea della sua missione lo aveva fatto sentire autorizzato a immischiarsi profondamente nelle vicende politiche del tempo e reso inviso sia al Re di Francia dell’epoca Filippo il Bello sia a Dante .
In realtà il rapporto tra potere civile e potere spirituale e il conflitto per la supremazia hanno attraversato e attraversano la storia della nostra civiltà.
Nell’antica Roma era pacifico che la “religione” fosse al servizio del potere civile: il massimo grado religioso, quello di “pontifex maximus”, a partire da Augusto venne assunto in proprio dagli stessi imperatori ma anche quando l’imperatore Graziano – fervente cristiano – vi rinunciò a beneficio del papa nella concezione imperiale permase la convinzione che l’imperatore avesse la responsabilità della supervisione della attività religiosa (cesaropapismo).
Nel mondo giudaico invece era la legislazione civile (e quindi il potere civile) a essere strettamente dipendente dalla religione (teocrazia). Questo modo di concepire il rapporto tra i due poteri è stato poi ripreso e conservato nell’Islam.
Una grande rivoluzione concettuale è stata portata dalle famose parole di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” e “il mio Regno non è di questo mondo”.
Se anche idealmente questo principio di separazione e indipendenza ha raccolto un largo consenso, nella pratica le cose sono andate in modo diverso e la storia occidentale è stata caratterizzata dallo scontro tra i due poteri – politico e religioso – con prevalenza dell’uno o dell’altro..
In un primo tempo c’è stata la lotta dell’impero contro una religione che ne contestava la suprema autorità (le persecuzioni), seguito da un secondo tempo nel quale è stata invece la religione ad affermare la sua supremazia (Sant’Ambrogio costringe l’imperatore Teodosio a umiliarsi – Papa Leone III incorona Carlo Magno ecc).
La commistione dei due campi – i vescovi/principi del Sacro Romano Impero sono sia funzionari imperiali che autorità religiose – scatena la lotta tra Chiesa e Impero (la controversia sulla nomina dei vescovi si è prolungata nei secoli: nell’Italia sabauda la nomina di un vescovo era subordinata al placet del Re, ancora oggi in Cina la disputa tra Chiesa e Stato verte proprio su chi debba nominarli).
Da un lato l’autorità imperiale riuscì a farsi riconoscere il diritto di veto sulla nomina del Papa (l’ultima volta in cui questo diritto è stato esplicitamente esercitato è stato per bloccare l’elezione del cardinale Rampolla da parte dell’Imperatore Austro-ungarico nel conclave che elesse Pio X), dall’altro i papi hanno cercato di condizionare gli imperatori , i re e in genere l’autorità civile con l’arma della “scomunica”.
Il vertice della teorica supremazia del religioso anche nella vita civile, si può localizzare con il tempo di Bonifacio VIII, da quel momento la tendenza si è invertita. Nel XVI secolo la Riforma protestante ha riportato in auge il cesaro-papismo (Lutero mette le Chiese riformate sotto la protezione dei principi); Enrico VIII re di Inghilterra si autoproclama capo della Chiesa Anglicana; durante la rivoluzione francese con la “Costituzione civile del clero” è lo Stato a riformare la organizzazione ecclesiastica; in Italia Cavour, mutuandolo da Charles Forbes Conte di Montalembert, teorizza “Libera Chiesa IN libero Stato”, “in” e non “e” (la Chiesa PARTE – e quindi non di pari livello – dello Stato).
I Concordati hanno cercato di stabilizzare i rapporti delimitando i campi, ma scricchiolano.
La tendenza attuale è quella di escludere il “religioso” dalla sfera pubblica richiudendolo nello strettamente “privato”.
Pare che la soluzione del conflitto secolare tra Potere Politico e Potere Religioso sia ora intravista nel puro e semplice annullamento della incidenza del “religioso” nella vita civile.
Giubileo della Misericordia ultimo Giubileo della storia?