Dopo quella che a me pare una lunga assenza, mi riaffaccio a trovare i miei nipoti in campagna.
Mi sembra di avere da recuperare tanto tempo, credo di aver mille cose da raccontare loro e così, con entusiasmo, parto con descrizioni su quanto ho fatto da quando non li ho visti.
Colgo però alcuni sguardi, complici fra di loro; si lanciano occhiate che pensano io non raccolga, alzano gli occhi distrattamente al cielo, nascondono uno sbadiglio annoiato.
Si squarcia implacabile un ricordo, anzi IL RICORDO di quando con le mie sorelle ci guardavamo disperate all’ennesimo racconto, sempre lo stesso della vecchia zia. Rideva, come sempre, già da sola, prima di raccontarci del vecchio prete che beveva l’acqua del bowl ingoiando anche la foglia di garofano galleggiante o di quando era uscita con le pantofole al posto delle scarpe. Gli sguardi dei genitori ci imponevano di sorridere, anzi di ridere come ad un nuovo racconto. E noi veramente cercavamo di sorridere. Ridere non ci era possibile.
Su questa memoria li affronto.
“Quando, e capiterà sempre più spesso, vi racconto qualcosa che vi ho già detto, non fate finta di nulla, non sorridete compiacenti. Bloccatemi subito e tranquillamente ditemi “Ma nonna, ce lo hai già raccontato!” Io non mi offenderò. So che la memoria ha ora strani sbalzi.
Mi ascoltano contenti. Sospirano di solllievo, ma anche io sono sollevata. Preferisco la cruda verità ad una finta attenzione.
O almeno così pensavo.
Dopo qualche tempo, torno a trovarli. A tavola, dopo averli massacrati di “giù i gomiti, dritti con la schiena, non parlate a bocca piena” parto con un racconto che sinceramente credo inedito.
Ho appena cominciato con un “Non sapete cosa faceva mio padre quando vedeva i gomiti a tavola…”
Si scatena un coro “Nonna ma già ce lo hai raccontato!”
“Ah bravi, grazie di avermi evitato di ripetermi!” e cambio argomento…
”Ma nonna ce lo hai detto l’altra volta”.
Si azzuffano fra loro ridendo come matti. “Ma non ce lo ha detto solo una volta” attacca uno, “No almeno dieci”, risponde l’altra,”No cento volte!”
Ridono fra loro come matti, dandosi allegre gomitate.
Il gioco pare ora di non farmi nemmeno cominciare a parlare per intervenire e bloccarmi immediatamente. Un concorso a premi su chi mi ferma per primo.
Rido con loro. Ma ora un po’ perplessa.
Attentissima prima di avviare un qualsiasi discorso.
Un po’ di nostalgia per quella vecchia educazione in cui si ascoltava sbadigliando.
Evviva i Nonni
Evviva i nipoti!!!
Bravissima Lalli
Come è vero quello che, con tanta finezza, hai saputo trattegggiare che ha rissvegliato
struggenti ricordi! Bravissima!
Alessandro nonis
Che cosa bella avere dei Nipoti che ridono di cuore, molto meglio che finti sorrisi.
Sono stata vittima dei racconti dell’Accademia Navale di Livorno! Mio padre mi parlava a pranzo dei suoi colleghi, degli scherzi feroci che facevano, di chi aveva detto cosa insomma l’Accademia per noi non aveva più segreti! Avrei ascoltato ancora migliaia di volte quei racconti, non per educazione, allora si era più educati, ma perché lui è morto molto giovane e i racconti si sono interrotti!
Ma vi assicuro che ogni volta era come la prima; ridevo di gusto ogni volta, non so mio fratello come la pensasse, ma io ero contenta così!!!