Articolo di Massimo Cestelli Guidi – Autore Ospite de La Lampadina
La prima volta che ho dovuto appurare il significato dell’aggettivo “virtuale” è stato alla fine degli anni ‘50, nella facoltà di Ingegneria, per lo studio di un teorema. Si trattava del “Teorema dei Lavori Virtuali” applicato alla risoluzione della statica di strutture complesse, tipo di risoluzioni che prima dell’avvento dei computers erano oltremodo faticose e prendevano lunghi periodi di tempo.
Non intendo spiegare il teorema, ma semplicemente precisare che per quanto riguarda l’aggettivo virtuale la valutazione del “lavoro” sul corpo strutturale avveniva imprimendo uno “spostamento virtuale” sulla struttura, ossia uno spostamento possibile e congruente con la realtà statica della struttura medesima, uno spostamento che si sarebbe potuto verificare nella realtà.
All’epoca l’aggettivo virtuale non aveva la diffusione che ha attualmente nel mondo ormai da molti anni, perché non erano sviluppate le Tecniche che vogliono riprodurre in modo artificiale le sensazioni fisiche che sì vivono nella realtà vera. Oggi la realtà virtuale ci viene propinata soprattutto attraverso gli schermi dei computers, delle televisioni, dei cinema ed anche ed anche con quelle applicazioni sulla testa che assomigliano agli occhiali per sciare (i cosiddetti visori VR – realtà virtuale).
A Parigi nel quartiere della Villette, c’è la Cité des Sciences inserita in un vasto parco, nell’ambito del quale si trova “La Geode” un’ampia sfera a struttura metallica che al secondo livello contiene “le plus grand cinema dome” come viene definito nel programma degli spettacoli. In effetti lo schermo gigante, adagiato su una parte della sfera, si estende per 180° circondando la gradinata degli spettatori, e quindi dà la sensazione di vivere all’interno delle scene, ossia realizza la realtà virtuale. Alcune riprese delle montagne effettuate da un elicottero, che apposta esegue delle evoluzioni acrobatiche, inducono negli spettatori una sensazione di “mal di mare”, anche per soggetti che come me in barca quando il mare è agitato non soffrono il mal di mare.
Lo spettacolo che recentemente ho visto al Geode, “A Beautiful Planet”, contiene le riprese eseguite dalla NASA dalla Stazione Spaziale Internazionale, riprese relative appunto al beautiful planet che è il nostro pianeta, la Terra. A parte queste meravigliose riprese della Terra, sia quando il mezzo emisfero si trova di giorno che quando è di notte, sono divertenti e coinvolgenti le riprese all’interno della stazione spaziale. La sensazione è di galleggiare all’interno della stazione eseguendo le attività che le persone che compongono l’equipaggio devono eseguire per tenersi in forma. Fra le varie attrezzature c’è anche un tapis roulant dove per correre o camminare si deve essere ancorati con tiranti ai lati della base del tappeto, per non rischiare di galleggiare al disopra del tappeto. Sono inoltre molto coinvolgenti le scene degli arrivi sulla stazione di altri astronauti che, molto probabilmente, danno il cambio a qualcuno dell’equipaggio. Si abbracciano fra loro, anche se galleggiando, Russi, Americani, Italiani ecc. in barba alle tensioni internazionali che coinvolgono il pianeta Terra distante più di un centinaio di chilometri.
Ogni anno a gennaio andiamo a sciare in Alta Badia per evitare gli affollamenti sulle piste che sì verificano nei mesi successivi. Già da qualche anno due amici del gruppetto sciatori mi dicevano di andare ad usare la toilette di un certo Bar- Ristorante che si trova nei pressi dell’impianto di risalita di La Villa, impianto che permette di scendere poi sulla pista “Gran Rìsa”, usata anche a dicembre di ogni anno per la coppa del mondo di sci. Alla mia richiesta di delucidazioni al riguardo, gli amici ridendo rispondevano che non volevano togliermi il piacere della sorpresa. Ma devi andare, mi dicevano, non alle toilette chiuse ma a quelle al di fuori delle toilette chiuse, quelle disposte in batteria sul muro.
Quando ci sono andato si è svelato il mistero! Sopra ogni postazione c’è la foto di una ragazza che, quando si usa la postazione, sembra guardare proprio “lì”. Quando si arriva nel locale non si sta a scegliere la postazione. C’è però una differenza fra l’una e l’altra postazione, perché in alcune la ragazza ha un sorriso mesto, quasi di commiserazione, mentre in altre la ragazza appare molto soddisfatta e divertita.
Siamo talmente immersi nella realtà virtuale (tipo di realtà che a volte ci dà la sensazione di confonderla con la realtà vera) che all’uscita del locale toilette quelli che erano capitati con la ragazza dallo sguardo mesto apparivano abbattuti e mesti anche loro, mentre quelli che avevano usato l’altra postazione uscivano divertiti e soddisfatti.
Personalmente mi è sembrata una toilette molto originale, ma non sono caduto nei tranello della realtà virtuale.