LA GOCCIA E IL PETTIROSSO
Tratto da “Le favole”
di Giuliano Cappuzzo
Editizioni ETS
Un pettirosso che si era posato su un ramo di un ciliegio, osservava con attenzione una goccia che scivolava lungo il dorso di una foglia e stava per cadere in un rivolo d’acqua.
“Mi dispiace per te”, disse sconsolato l’uccello, “tra poco non ci sarai più! Peccato che tu non possa vedere i colori dei fiori, la bianca luna che si specchia sul lago e udire il suono dolce dei nostri canti”.
La goccia infastidita gli rispose:
“Non mi preoccuperò più di tanto. Per mia fortuna il rigagnolo mi porterà da un luogo ad un altro, forse nell’acqua di un fiume importante, che scorrerà nelle foreste e nelle città. Avrò molto tempo per ammirare le meraviglie del mondo e la mia vita sarà più interessante e ricca della tua, poiché avrai troppi pensieri tra un ramo e l’altro e poco tempo per lasciare una traccia della tua frivola esistenza”.
“Quanta immaginazione” disse l’uccello, “ammettiamo che il sole ti asciughi fra qualche istante, svanirai comunque nel nulla prima di me”.
“Non è vero” rispose la goccia, sarò trasformata in vapore acqueo, diverrò nuvola e poi pioggia. Trasporterò nuovi semi e pianificherò la vegetazione con nuove geometrie, assisterò al miracolo che si rinnova ogni volta la Natura richieda il mio contributo. Vivrò come sempre tra i profumi del bosco e ammirerò i colori delle tue piume, a patto che tu esista ancora!”
Il pettirosso, irritato dall’arroganza e presunzione che balzavano fuori da una goccia d’acqua, che era un nonnulla, allungò il becco e la bevve.
Due grilli che avevano ascoltato la loro conversazione, scuotendo il capo mostrarono il loro disappunto e si domandarono perché un principio di per sé evidente e così scontato quale il “Sii felice della felicità altrui” non fosse stato ancora inserito nel lessico del Creato.