ARTE – L’arazzeria romana: una sconosciuta realtà di grande qualità

Nei primi anni del Settecento, viene fondata a Roma quella che sarà, per il mondo dell’arazzeria, una realtà di alta qualità estetica. Siamo nel 1686: Tommaso Odescalchi crea il Conservatorio dei Ragazzi, a Ripa grande, per accogliere gli orfani assistiti dall’Opera Pia di famiglia. Sarà il primo passo nella realizzazione del grande complesso dell’ospizio apostolico di San Michele. Indirizza gli indigenti ad imparare un mestiere nel tentativo di arginare il grave problema della mendicità e del vagabondaggio che si è venuto a creare a Roma; sono diminuite le entrate provenienti dai paesi protestanti e da lungo tempo i fenomeni di povertà urbana si sono accentuati drammaticamente. Per la città vagano senza controllo gruppi di miserabili creando grandi problemi di ordine pubblico. Si cerca di sviluppare un programma pedagogico e di assistenza sociale con l’intenzione di ampliare l’edificio e trasformare una parte del San Michele in una sede di scuole professionali e d’arte, un centro di attività artigianale di qualità.
In primis il lanificio viene istituito nel 1703, poi a seguire l’arazzeria, la stamperia ed una Scuola per le arti liberali, in cui vi insegnano personalità artistiche di rilievo. Si ricoverano i giovani indigenti, gli si insegna i rudimenti del calcolo, della lettura e della scrittura per poi avviarli alla pratica di qualche mestiere organizzandoli in laboratori di falegnameria, di rilegatura, di calzature e di cordami.
È Clemente XI Albani che fa amplificare l’edificio e, su progetto di Carlo Fontana, fa creare un nuovo corpo di fabbrica come struttura polifunzionale, orfanotrofio e ospizio per ospitare bambini abbandonati e vecchi poveri. Viene anche realizzato al suo interno un carcere minorile e un carcere femminile, un vero prototipo del panopticon di Jeremy Bentham che sarà la prima delle figure architettoniche di sorveglianza in istituti penitenziari. Cioè sarà una struttura costruita in modo tale che possa permettere con uno solo sguardo di avere accesso visivo in ogni angolo dell’edificio da controllare per creare un sistema di sorveglianza molto razionale.
È Papa Clemente XI che dà maggiore importanza all’arazzeria a cui fare produrre manufatti di alta qualità con, come marchio di fabbrica, l’insegna di San Michele Arcangelo.
L’esigenza di creare la manifattura degli arazzi a Roma nasce dall’intenzione di soddisfare le richieste della corte pontificia e della nobiltà e si seguono scelte stilistiche e iconografiche per rispondere alle esigenze del Pontefice. Nel 1717 viene nominato direttore della fabbrica Pietro Ferloni che ne rimane a capo fino al 1770. Oltre alla produzione di grandi cicli di arazzi monumentali destinati alle cerimonie solenni i cui soggetti erano tratti da pitture di noti artisti antichi e contemporanei, sotto la sua guida la fabbrica realizza anche piccoli lavori per la devozione privata e si dedica al restauro e alla conservazione degli antichi e preziosi tessuti delle collezioni pontificie. Con la conquista di una maggiore libertà d’azione le arazzerie di San Michele acquistano anche il diritto di uscire del monopolio dello Stato Pontificio. Lo sviluppo è tale che per fare fronte alla domanda si deve addirittura ricorrere al reclutamento di personale esterno all’Ospizio. È un’impresa di straordinario successo. L’arazzeria romana produce opere di tale qualità che, durante la seconda repubblica, nel periodo dell’occupazione francese di Roma, la Francia decide di far chiudere la fabbrica nel 1870 per eliminare la concorrenza alla produzione parigina della manifattura dei Gobelins.
Anche se poco nota ai nostri giorni, l’arazzeria romana ha comunque lasciato tanti prestigiosi esempi da apprezzare in giro per l’Italia e per il mondo: ad es. al Met di New York vi sono 4 arazzi della serie storica della “Gerusalemme Liberata”; ancora alla Pinacoteca dei Musei Capitolini a Roma e a Parma alla Galleria Nazionale.

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4 Commenti
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Anna Maria De Strobel
11 Maggio 2024 15:38

Sarei l’autrice del libro, pubblicato da Studi Romani nel 1989, da cui sono tratte buona parte delle informazioni.Anna Maria De Strobel, Le Arazzerie Romane dal XVII al XIX secolo.

Reply to  Anna Maria De Strobel
11 Maggio 2024 20:15

Gentile Dottoressa De Strobel. Non ho avuto l’occasione di leggere il suo libro, ma dopo il mio ritorno dall’Inghilterra, incuriosita dalla mia scoperta, ho iniziato a esplorare il vasto mondo di Internet, come spesso si fa. Data la sua autorità nel campo, il Web sarà inondato di siti che riprendono le sue parole dedicate all’argomento. È stato un vero piacere, essendo belga, scoprire che Roma ospitasse una così importante scuola. Ho pensato che sarebbe stato interessante condividere questa scoperta con i lettori della nostra Newsletter. Mi scuso per non aver citato il suo libro come fonte delle mie informazioni e le sono grata per averlo precisato. I nostri lettori sono sempre attenti ai commenti e alle risposte, e ora sapranno esattamente dove trovare informazioni autorevoli e approfondite.

Cordiali saluti, Marguerite de Merode

Carlotta Staderini
6 Marzo 2018 17:20

Molto interessante. Francamente non conoscevo affatto questa storia. Andrò alla Pinacoteca dei Musei Capitolini a vedere l’opera dell’arazzeria romana. Grazie Marguerite.

Marguerite de Merode
Reply to  Carlotta Staderini
7 Marzo 2018 19:45

Ho scoperto Pietro Ferloni nel sud dell’Inghilterra, in una villa dell’epoca Vittoriana che il proprietario aveva trasformato in un luogo dedicato all’arte: il West Dean College. C’erano due immensi arazzi firmati da lui. Mi sono informata sull’origine di quel nome e ne è derivato l’articolo che hai appena letto. Ne ero la prima sorpresa!