1848 – Prima guerra di Indipendenza. Eravamo ragazzi. Sui banchi di scuola ci hanno parlato della Prima Guerra di Indipendenza:
Milano insorge contro “l’oppressore”. Moti avvengono in molte città d’Italia. Una ventata di entusiasmo nazionale scuote tutta la penisola. Il Piemonte (il Regno di Sardegna) corre in soccorso degli insorti Milanesi e dichiara guerra all’impero asburgico, lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie mandano effettivi, volontari di tutte le regioni italiane si uniscono all’esercito sardo nello sforzo bellico.
Entusiasmati dal tono enfatico nel quale questi avvenimenti venivano narrati anche noi siamo stati attraversati da un fremito di orgoglio nazionale (non ci dobbiamo dimenticare che eravamo ragazzi nei primi anni cinquanta del secolo scorso e i libri di testo erano ancora sotto l’influsso della retorica patriottica del ventennio).
Carlo Alberto, il re Tentenna, si pone alla testa dell’esercito sardo, il famigerato Maresciallo Radetsky, si ritira, subendo alcune sconfitte, e si rifugia nelle cosiddette “fortezze del quadrilatero”. La coalizione “nazionale” si sfalda. L’esercito sardo subisce una dura sconfitta a Custoza e si ritira. Il Re deve chiedere l’armistizio. Ci riprova l’anno successivo ma i risultati sono ancora peggiori: la “fatal Novara”.
Sono passati oltre sessant’anni da quando ho “studiato” gli avvenimenti e questi restano ancora scolpiti nella mia memoria (il riassunto qui sopra l’ho scritto di getto senza ricorrere a Wikipedia!).
Ho fatto un piccolo sondaggio con i miei figli e rispettivi consorti (che sono sulla trentina): “Cosa sapete della prima guerra di indipendenza?”
Silenzio perplesso. “Ma stai parlando dell’indipendenza italiana o americana?” ha timidamente detto uno di loro. “In che anno c’è stata?” “Inizio ‘800 dice uno. 1820 dice un altro, 1860 dice un terzo. “Chi era il Re di Sardegna?” “Vittorio Emanuele I” dice uno, “Ma no, era Vittorio Emanuele II” dice un altro. Carlo Alberto non sapevano neanche chi fosse!
Ho provato ad allargare il discorso con altre domande tipo: “le guerre di indipendenza sono avvenute prima o dopo le guerre indiane in America?” “Avete mai sentito parlare di Buffalo Bill e di Toro seduto”?
Mi rendo conto che non ne sanno praticamente niente e hanno grande difficoltà a situare nel tempo eventi dei quali peraltro hanno una vaghissima cognizione.
Sono i miei figli e consorti a essere “ignoranti” o invece è così che va il mondo? Cioè che dopo un paio di generazioni fatti storici che “dovevano” assolutamente essere conosciuti nei dettagli diventano del tutto trascurabili?
Il mio sondaggio l’ho fatto con giovani sulla trentina. Quale sarebbe la risposta alle stesse domande fatte ad adulti sulla cinquantina? Sono necessarie due generazioni o ne basta una sola perché gli interessi cambino radicalmente? Hanno queste cose ancora un minimo di interesse?
Tutto questo è avvenuto perché ho ritrovato tra le carte di famiglia la copia fotostatica di un libretto, pubblicato nel 1915, che raccoglie la corrispondenza di Luigi Corsi – nonno di mio nonno materno – che fu comandante della compagnia dei volontari genovesi alla Prima guerra di indipendenza.
Che emozione è stata, per me, ascoltare dalla voce diretta di un protagonista la descrizione degli entusiasmi, delle fatiche e delle brutture della guerra, partecipare dell’euforia per le battaglie vittoriose e dell’amarezza per la sconfitta, ascoltare le critiche alla inettitudine dei comandanti in capo che potrebbero essere state scritte nel 1918 o nel 1944 (difficile dire se quella della inettitudine dei comandanti in capo sia una spiacevole caratteristica italiana o se le critiche ai vertici siano il modo per trovare una scusante al fatto che si è sconfitti perché … più deboli) e conoscere particolari della “vita al fronte” di cento settanta anni fa.
Ho voluto estrarre dalle lettere alcuni brani che mi sono apparsi particolarmente significativi. Li propongo ai nostri lettori de La Lampadina nella sezione “I racconti”. Chi sa se qualcuno si divertirà a leggere nel 2018 qualcosa scritto nel 1848!