Una mostra a Roma: Ovidio-Amori, miti e altre storie.
All’interno della mostra un mondo di dèi e di eroi, di ninfe e di storie fantastiche e meravigliose. Molte conosciute tramite studi classici, altre ignote e solo ora felicemente scoperte.
Le metamorfosi. Ovidio era perfettamente conscio del meraviglioso lavoro che con esse aveva affrontato. Egli stesso, autoincensandosi senza modestia, dice che con questi scritti si sarebbe certamente guadagnato una gloria imperitura che nessuno sconvolgimento della terra avrebbe potuto cancellare.
Da sempre sapevamo che, dall’Olimpo gli umani subivano continue pesanti ingerenze da parte degli dei nella vita di ogni giorno.
Giove e Giunone. Non una coppia aperta. Un Giove molto troppo ricettivo alle grazie femminili e una Giunone, per questo, sempre più giustamente soggetta a “ira feroce”.
Dei dispettosi che per ripicche fanno sì che Pasifae si innamori di un toro che nasconde le sembianze del solito capo di tutti gli dei. Necessario l’intervento di Dedalo, Archimede dell’epoca, che, costruendole intorno una parvenza di giovenca, crea una struttura essenziale per permetterle di unirsi a Giove. Ne nasce addirittura il Minotauro: testa di toro e corpo umano.
Leda e il cigno. Di nuovo, Giove impazzito si trasforma in cigno per unirsi a Leda. Strani gusti questa. Non era meglio un’unione con un possente dio dalle sembianze umane? Da questa unione un uovo che contiene i due dioscuri: Castore e Polluce. Ma Leda si unisce subito anche al marito ed allora un altro uovo che contiene Elena, la futura Elena di Troia, e Clitennestra.
Una splendida copia di statua romana ce li mostra sensualmente abbracciati Leda e il cigno.
Ma come ci spiegavano a scuola queste storie? Come digerivamo queste narrazioni pazzesche? Si sorvolava.
Pasifae si innamora di un toro? Ah vabbè.
Leda si innamora del cigno? Carini.
E a scuola ci mostravano non la statua romana o il dipinto di Matthias Padua, ma il bellissimo e puro dipinto di Leonardo. Non dicevamo nulla? Eravamo veramente puri di cuore, scevri totalmente di malizia e di insana curiosità.
Strane reazioni a volte questi dei: Apollo, colpito da una freccia dispettosa di Eros, insegue bramoso Dafne che non ne vuole sapere. Lei è stata colpita da una freccia che crea repulsione. Apollo sta per afferrarla. Quasi raggiunta, invoca il padre che, per salvarla la trasforma in lauro. Ma un potente padre che vede la figlia in pericolo invece di ricorrere a questo strano salvataggio non poteva semplicemente far inciampare e cadere Apollo? Come gli viene di trasformare la figlia, incolpevole, in un albero di alloro? Che, beffa estrema, cingerà con un ramo per sempre la fronte di Apollo.
Ma ne scaturisce la splendida statua del Bernini.
Dei distratti o superficiali? Parliamo anche di semidei: Achille. Ma la madre non poteva stare un po’ più attenta nell’immergerlo? Ahimè, quel tallone lasciato scoperto!
Dei voluttuosi, capricciosi, prepotenti. Ti piace Proserpina? E te la porti agli inferi, salvo poi darle qualche mese di libertà sulla terra.
Dei capricciosi. Le dee girano per lo più seminude. Diana non è da meno. Va a caccia, fa il bagno. Ma se un povero Atteone la vede totalmente scoperta ecco che lo trasforma in cervo e lo fa sbranare dai suoi cani.
In un entourage in cui avvengono unioni, bestiali nel vero senso della parola, questa pruderie ci pare eccessiva.
Ma… ispirazione per la splendida fontana nella reggia di Caserta.
Vivendo al di sotto dell’Olimpo bisognava stare molto attenti. Attenti alle attenzioni di Giove ed alle conseguenti terribili ire della moglie. Essere una bella ninfa poteva essere fonte di grossi guai. Attenti a non incorrere in invidie sproporzionate. Ne sa qualcosa il povero Marsia, scuoiato vivo per aver superato Apollo nel suonare la cetra. Basso profilo per carità.
Ma nel mondo di miti e metamorfosi Ovidiane non c’è solo licenziosità. Quella per cui, forse, fu mandato da Augusto in esilio fino alla morte. C’è posto per metamorfosi piene di poesia: Piramo e Tisbe, i “Giulietta e Romeo” dell’antichità. Amanti, le cui famiglie si odiano, si scambiano sospiri attraverso un muro finché finalmente riescono a darsi un appuntamento sotto un gelso dai bianchi frutti. Lei arriva per prima ma, impaurita da una leonessa che con la bocca insanguinata le si avvicina, scappa lasciando a terra il suo scialle che la belva annusa sporcandolo. Arriva Piramo. Vede la sciarpa insanguinata, pensa al peggio e si uccide, e così farà lei al ritorno nel luogo dell’appuntamento dove vede il suo amato morto. Morti si trasformano in un unico gelso che da allora, da bianco che era, avrà il colore del loro sangue. Una metamorfosi piena di poesia, una storia di eterni sentimenti umani, senza interferenze divine, una storia di sempre.
Dopo aver letto il delizioso resoconto di Lalli della mostra su Ovidio e aver visto la bellissima foto della fontana del giardino di Caserta vorrei suggerire un detour da Napoli se possibile alla prossima occasione. In alternativa una gita ad hoc …
Bell’articolo sempre pieno di humor.
Grazie
Adoro il pensiero proposto da Carlo e ne vorrei aggiungere un altro, meno conosciuto ma altrettanto vero: “Il fatto che una donna non soltanto pensi ma che riesca a convincere il suo amico che pensa meglio di lui, fa di lei un Genio!“.
Buon Anno e grazie a tutti i Lampadini di renderci felici almeno una volta al mese!