ABBIAMO OSPITI/CULTURA: la pastiera delle Sirene. La pastiera napoletana. Le sue origini.

Articolo di Elvira Coppola Amabile – Autore Ospite de La Lampadina

L’ineffabile dolce napoletano denso di aromi di storie di miti, veniva per lo più consumato nelle famiglie, quasi con la sacralità di un rito, durante i giorni della Pasqua. Oggi si consuma tutto l’anno.
Tante le spiegazioni della sua origine. Cominciamo da lontano, dalle rive del golfo incantato di Napoli, quando la città ancora non esisteva. C’era solo una sirena innamorata. Si chiamava Partenope e si era invaghita di Ulisse che si era fatto legare all’albero della nave per non farsi ammaliare. E invece a restare incantata fu la piccola sirena. Ulisse l’aveva affascinata ma ripartiva ahimè ignorandola. Non ricambiava il suo infatuamento. Partenope pianse implorò gli dei. Li supplicò affinché Ulisse l’amasse. Mandò giovani fanciulle con offerte e doni votivi per ingraziarseli. Ricottine fresche. Miele. Grano. Fiori di zagare profumati. Uova. Ma le sue preghiere non furono esaudite. Ulisse ripartì per tornare alla sua Itaca. Partenope disperata si suicidò. Allora gli dei impietositi la trasformarono in un’isola e l’adagiarono nel mare. Per questo Capri vista da est ha la sagoma di una sirena distesa su un fianco. Gli dei mandarono le ninfe a raccogliere i preziosi ingredienti regalati da Partenope trasformandoli in un profumato delizioso dolce. Lo lasciarono sulla spiaggia in dono agli umani. Da allora tutta la distesa marina prese il nome della sirena Partenope. Nasceva così inondata dagli aromi della pastiera la cittá che ora si chiama Napoli.
Un’altra leggenda racconta che i doni erano portati al mare dalle donne dei marinari. Erano le preghiere per scongiurare i naufràgi, per invocare protezione con l’augurio di una pesca abbondante. Allora per le popolazioni la pesca era garanzia di sopravvivenza. Anche in quel caso mani misteriose confezionavano la Pastiera con farina miele grano uova ricotta uova e aromi di fior d’arancio. E la lasciavano sulla spiaggia dove prima erano le offerte.

E poi c’erano le favole che si raccontavano nelle famiglie.
Nonna mi parlava di fate e sirene che giocavano insieme. Di fate che ricamavano fiori sugli alberi a primavera e sirene che nelle notti di luna affioravano per cantare con le fate. Si scambiavano graziosi doni. Le fate regalavano ramoscelli di fiori sassolini colorati piume.. le sirene portavano conchiglie madreperle pezzetti di corallo. Una volta le sirene fecero un dispettuccio alle fate rubando l’aroma segretissimo dei mille fiori che le fate avevano lasciato incustodito. Un litigio che durò 40 giorni(la quaresima dura 40gg e il grano deve stare ammollo 40gg) In quei giorni le fate disperate nuotarono inseguendo le sirene per riprendersi il profumo dei fiori. Finalmente la pace fu fatta quando le sirene pentite restituirono l’aroma dei mille fiori racchiuso in un’ampollina e trasformato in un’acqua aromatica. E per farsi perdonare avevano preparato un dolcetto: la pastiera. La ricetta del dolce della pace dell’amore dell’amicizia fu donata agli umani perché lo preparassero per dare e chiedere amore.
Tante storie che mescolano antiche credenze e sincretismi di religioni mitologie necessità popolari. Ma con sempre questo finale di convivio e di pace.
A me è capitato di viaggiare in Egitto in Turchia e nella zona del Magreb. Spesso ho gustato intingoli con ingredienti simili a quelli con cui si prepara la pastiera. Sempre profumati di vaniglia e di fiord’arancio. Dall’oriente arrivavano le spezie aromatiche le arance e le formaggette simili alla ricotta le producevano tutte le popolazioni dedite alla pastorizia.
Come si fa la pastiera? Si fodera il classico ruoto da pastiera imburrato e infarinato con la pasta frolla. Questa si fa impastando 600g di farina con 6 rossi 300g di burro 300g di zucchero una grattugiata di buccia di limone un pizzico di sale. Si riempie con 700g di ricotta lavorata con 700g di zucchero,un cucchiaio di miele, 8 uova intere e due chiare. 700g di grano bagnato, una bustina di vaniglia, 10cc di acqua di mille fiori o fior d’arancio e la buccia grattata di un arancia. Si aggiungono scorzette candite di arance o di cedro. Si sistemano le striscioline e si inforna a calore moderato (150-160) per circa un’ora. Si deve gonfiare piano piano. Se l’odore inebria sta venendo buona. Questa quantità riempie un ruoto di circa 34cm.
Si consuma con le persone che si amano.

Subscribe
Notificami

3 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments
Carlotta Staderini
14 Maggio 2019 17:28

Un sogno romantico questa tua storia bellissima. E quanta leggerezza nelle storie delle fate e delle sirene che si fanno dei piccoli dispetti… Questo racconto mi ha fatto pensare a “le città invisibili” di Calvino, in cui Marco Polo racconta a Kublai Kahn come si presenta il suo regno e le sue città. In particolare ho pensato ad Armilla, una delle città “sottili”. Armilla è eterea e leggera, volante. I rivoli d’acqua sono ovunque e se sia stata degli uomini non si sa, ora è delle Ninfe e delle Naiadi. La sua leggerezza è gioia e felicità.

Giulia Ferrara Pignatelli
8 Maggio 2019 19:39

Delizioso racconto sulla nascita della deliziosa Pastiera. Congratulazioni e grazie per la ricetta. Giulia Ferrara Pignatelli

Yamuna
6 Maggio 2019 21:25

Che bella storia, non la conoscevo! Grazie.