Gli anni tra i 20 e i 30 sono anni “appassionati”. Ci si appassiona di un argomento e ci si dedica gran parte o tutto il proprio tempo libero, poi si entra nella vita “vera” con le sue esigenze concrete: il lavoro, la moglie, i figli e il tempo per coltivare le passioni si riduce e si annulla ma qualcosa rimane nel fondo.
Nei miei anni venti, insieme con Carlo Verga ed altri amici, ci siamo “appassionati” alla preistoria. Ci alzavamo la mattina all’alba, percorrevamo centinaia di chilometri in macchina per recarci su dei “siti” nei quali la letteratura riportava che si erano trovati reperti preistorici e ci mettevamo anche a noi alla ricerca. Emozionatissimi quando ritrovavamo qualche selce lavorata che ci sforzavamo di classificare: secondo l’impiego: bulini, raschiatoi, grattatoi, punte di freccia, bifacciali, punte a cran ecc o secondo il periodo musteriano, gravettiano, paleolitico superiore, neolitico etc. Ciascuno di noi ne ha ancora, da qualche parte, una piccola collezione che mostriamo con soddisfazione: il prendere in mano degli strumenti con la consapevolezza che sono stati impugnati da nostri predecessori 30.000 anni fa, suscita una certa emozione (naturalmente, ci sono sempre gli scettici che vedono in quegli oggetti solo delle pietre scheggiate dalla natura).
Tutta questa premessa per dire che trovandomi in Francia mi sono tornati alla memoria nomi di luoghi “preistorici” che avevano suscitato allora il mio interesse: Cro-Magnon, dove è stato rinvenuto un cranio di “homo sapiens” e soprattutto “Lascaux” – sito famoso per le pitture rupestri.
Quando ho scoperto che Lascaux distava non più di un’ora e mezza di auto dalla mia residenza mi sono ripromesso di andare a visitarla.
E ne è valsa la pena.
Le grotte di Lascaux sono state scoperte per caso nel 1940 da un gruppo di ragazzi che cercavano un cane che si era disperso. Entrati nella grotta avevano intravisto che sulle pareti c’erano dei dipinti. Si ripromisero di tenere la cosa segreta. Ma come spesso accade per i “segreti” condivisi, basta poco e di “segreto” non rimane nulla. Già il giorno dopo il locale professore di Storia ne era informato e in pochissimo tempo, anche se quelli erano anni difficili a motivo della guerra in corso, le autorità si sono fatte presenti.
La storia successiva è in un certo senso “paradigmatica” perché quello che è successo a Lascaux succede un po’ dovunque: la bellezza attrae ma è per sua natura “aristocratica” (cioè per pochi eletti) e non “democratica”, nel senso che non può essere “per tutti”: quando troppi ne vogliono godere si finisce per sfigurarla!
Si rese subito manifesta una contrapposizione di interessi tra il proprietario del fondo nel quale si trovava la grotta, il conte de la Rochefoucauld-Montbel che la voleva sfruttare economicamente aprendola al turismo e gli scienziati che invece volevano riservarla allo studio. Il compromesso trovato ha condotto a manipolazioni successive: l’ingresso è stato ampliato, alcuni passaggi stretti sono stati allargati per permettere ai visitatori di inoltrarsi all’interno.
Le visite “turistiche” cresciute costantemente hanno portato a un aumento della concentrazione di anidride carbonica a limiti non sopportabili; vi si è posto rimedio con un sistema di ventilazione il quale se da un lato risolveva il problema dall’altro causava una modificazione profonda dell’integrità dell’ambiente. il numero crescente di visitatori ha cominciato poi a produrre danni alle pitture per la formazione di colonie di alghe e deposizione di nuovi composti chimici sulle pareti, cose che modificavano l’aspetto dei dipinti. Nel 1963 lo stato francese decise di imperio di chiudere le grotte al pubblico per poterle preservare.
Ma se le grotte sono state chiuse al pubblico nel 1963, io nel 2019 che cosa ho visitato?
Ho visitato Lascaux IV: una replica fedele al centimetro di quella parte della grotta che era aperta al pubblico, riprodotta con le tecniche dell’arte a partire dai rilievi a 3D eseguiti negli anni precedenti.
Anche se psicologicamente l’idea che si stia vedendo una copia e non l’originale lascia una traccia, osservare queste pitture che ricoprono ogni centimetro della grotta con immagini di grande vivacità e modernità – soprattutto cavalli, i quali all’epoca non erano stati ancora addomesticati, e di tori di una specie oggi estinta, mentre la figura umana è praticamente assente – fa una grande impressione. Gli artisti erano uomini come noi di una epoca compresa tra 15.000 e 20.000 anni fa circa, che hanno dipinto in posizioni fisiche quasi impossibili, nella profondità della grotta alla luce di qualche lucerna alimentata a grasso animale!
Perché lo hanno fatto? Che significato hanno queste pitture? Sono le domande che subito ci si pone.
Molte ipotesi sono state fatte e via via scartate: dall’arte per l’arte, da una interpretazione magica legata alla caccia, da riti di fecondità.
Gli studi più recenti evidenziando che i dipinti seguono, nella loro rappresentazione, un protocollo immutabile: prima il cavallo rappresentato con la livrea dell’inizio della primavera, poi il toro in livrea estiva, infine il cervo in livrea autunnale ritengono che i dipinti siano una evocazione metaforica che lega il tempo biologico al tempo cosmico e siano la testimonianza di un pensiero spirituale la cui portata simbolica si fonda su un approccio cosmogonico e che il tema centrale sia la creazione del mondo.
Se non si può vedere l’originale perché chiuso al pubblico, se non si può ammirare la riproduzione perché in altro paese troppo distante, i dipinti si possono però vedere nelle numerose rappresentazioni che Internet ci consente.
Da non perdere!
Ci sono stata ! Emozioni a non finire guardare pitture perfette fatte migliaia di secoli fa’!
Che bell’articolo, grazie Beppe; viene proprio voglia di partire subito ed andare a vedere! Penso sia proprio vero che l’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri o disegna perché si sa mortale.