Il periodo di lockdown è stato fattivo, la creatività e l’arte non hanno smesso di produrre frutti!
Il nostro Lettore, Gabrio Pignatti, ci manda questi sonetti, istantanee di un momento appena trascorso.
TEMPI DE GUERA
Quanno c’era la guera, nonna dice,
er quartiere era un villaggio piccolino
ce se scambiava er sale e un po’ de vino
e le notizie sur pane di Amatrice.
Se allora ‘na signora, a borsa nera,
venneva un po’ de strutto, der prosciutto,
se correva a comprà, -niente !-, era finito tutto,
ritornavi e dicevi “Campa e spera !”
E mò non è lo stesso? Se un certo ferramenta
te dicheno che venda i guanti e la muchina
ce corri sverto sverto la mattina
cor vento, pioggia e puro la tormenta.
E allora se comprava il pane in fila
lunga perfino un paio di isolati.
E mò non è lo stesso? Morì ammazzati!
Se vuoi metterte in coda, arrivi in Sila!
(o mejo, visti li filippini (so’ duemila),
te pare d’esse in coda da Manila)
SOGNO
Li giorni ereno lunghi e sonnacchiosi
dentr’a’na casa, a Monti, in una via
cor Colosseo pe’ sfonno, pe’ magia,
sospesa, senza gente, tra serci silenziosi.
E fuori c’era er sole, a tramontana,
sicuro er più ber tempo che ce vole,
sognava lecci sur tufo e le viole
e cerque, lì lì a svejasse in settimana.
La giornata era vuota e er sor Pasquale
aveva appeso grafici de guera:
da un lato, er virus, cresceva sulla tera,
na linea che saliva verticale.
L’altro grafico, invece, annava a fonno,
sempre con una linea verticale,
e, se nun je fregava, puro, Pasquale,
guardava, ipnotizzato, la borsa allo sprofonno.
La stanza der Comanno era in cucina
un gatto e un cane lo Stato Maggiore,
e lui, er Generale, sempre, a tutte l’ore,
segnava gli andamenti a bandierina.
Ma na notte Pasquale fece un sogno
coi i grafici che s’erano invertiti,
le borse salivano e i contaggi finiti,
e se svejò colla speranza in pugno.