“Non tutti gli uomini (e soprattutto i più saggi) condividono l’opinione che è un male per le donne essere istruite. Ma è molto vero che molti uomini sciocchi lo hanno affermato perché dispiaceva loro che le donne sapessero più di loro”.
Queste parole sono state scritte intorno al 1400 da una donna, Cristina di Pizzano, la prima donna europea a vivere della sua scrittura: un’esistenza in lotta contro la misoginia culturale del suo tempo. Scrittrice, poetessa, critica letteraria, editrice, copista, storica e intellettuale laica, nasce in Italia nel 1365. Viene educata alle lettere e alle scienze dal padre, docente di medicina e astronomia all’università di Bologna, che diventa in seguito consigliere del re Carlo V alla corte francese, dove Cristina trascorre la sua infanzia. Conosciuta con il nome di Christine de Pizan è una delle poche donne del suo tempo ad aver ricevuto un’istruzione, dunque in grado di scrivere in un’epoca in cui alle donne non era permesso di avere una voce o di essere indipendenti. Lei riuscirà a fare entrambe le cose. Rimasta da sola dopo le morti ravvicinate del padre e del giovane e amato marito, si trova senza mezzi e con tre figli piccoli da crescere. Costretta dunque, come lei dice, a “diventare uomo”, mette a frutto la sua cultura e le sue capacità diventando la prima scrittrice della storia europea in grado di provvedere alla famiglia con il suo lavoro, conquistandosi un ruolo sociale e intellettuale di prestigio. I tempi in Francia sono molto duri: la guerra contro gli inglesi, la Guerra dei Cent’anni, iniziata nei primi decenni del XIV secolo e durata fino alla metà del XV, è segnata ben presto da carestie tremende e dalla Peste Nera, che spazza via le risorse umane ed economiche rendendo la vita politica e quotidiana precaria e pericolosa. Ma la cultura rimane viva e all’università di Parigi maestri ben noti insegnano teorie originali e forti. Cristina vive dunque in un clima culturale vivace e ricco di dibattiti: si discute di guerra e di pace, di ricchezza e di “vera nobiltà” d’animo; di virtù pagane come la magnanimità, diverse dalle virtù cristiane fondate sull’umiltà. Ma Cristina nei suoi scritti introduce un tema assolutamente originale, senz’altro rivoluzionario: uomo e donna sono, afferma, pari “per natura” quanto a capacità intellettuali. Soltanto l’educazione, il ruolo sociale e le circostanze, secondo lei, fanno la differenza, avvantaggiando l’uomo e relegando la donna in secondo piano. Le sue attività sono multiple. In un’epoca in cui i libri diventano più economici e se ne sviluppa un certo commercio, ad esempio, la de Pizan si mette a produrre edizioni di lusso riccamente illustrate (spesso vi è rappresentata) per la nobiltà francese e per singoli mecenati legati alle varie corte reali. Scrive poesie, ballate di un amore perduto, in memoria di suo marito, seguite da rondeaux e lamentele in cui esprime i suoi sentimenti con grazia e sincerità. L’idea di una scrittrice donna è così strana che incuriosisce i mecenati della corte, che iniziano a chiederle di scrivere ballate per loro. I ricchi committenti che la sostengono e la fanno lavorare sono personaggi niente meno come Filippo di Borgogna e Giovanni duca di Berry, e anche Isabella di Baviera.
La sua reputazione cresce insieme alla sua produttività. Tra il 1393 e il 1412, compose più di 300 ballate, diventando un’autrice nota e rispettata. Rimane comunque determinata a combattere gli stereotipi di genere negativi del suo tempo. La sua opera più nota e importante rimane “La Città delle Dame (Le Livre de la Cité des Dames)”, una lettura sorprendentemente divertente dove immagina una città allegorica di regine, guerriere, artiste, inventrici: le grandi donne della storia.
I fondatori sono tre figure femminili chiamate Ragione, Giustizia e Rettitudine. Queste tre virtù decidono di costruire una città popolata dalle donne più nobili ed esperte che il mondo abbia conosciuto, in modo da salvaguardarle contro le accuse crudeli degli uomini. Diventa un coraggioso promemoria della vera e lodevole natura delle donne. Uno spazio riservato alla comunità femminile, forte e numerosa.
Si ritira in convento all’età di cinquantratrè anni e non scrive più per altri undici anni. Solo un anno prima di morire, torna alla sua amata scrittura con un poema su Giovanna d’Arco. L’unico ad essere stato composto mentre l’eroina di Francia era ancora in vita.
È una figura modernissima e molto interessante, quella di Christine. La sua storia è esemplare e all’avanguardia. Ancora più affascinante se collocata in quello che da molti viene considerato uno dei periodi più oscuri per le donne: il medioevo.
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