“Le Mantellate so’ delle suore, ma a Roma so’ sortanto celle scure; ‘na campana sona a tutte l’ore, ma Cristo nun ce sta drento a ‘ste mura…”.
Quando a Roma si costeggia l’Istituto Penitenziare di Regina Coeli, si sentono ancora, passeggiando davanti al 29 di via della Lungara, a Trastevere, gli echi della canzone di Strehler-Carpi. Ogni angolo dell’austero edificio trasuda eventi e personaggi, pagine di vita e di sofferenza, legate a vicende criminali o di giustizia secondo i codici di ogni epoca. Per molti secoli il rintocco della campana ha segnato lo scandire delle ore nella quotidianità del carcere: l’ora del risveglio, del cibo, del lavoro, della preghiera, del sonno.
Ma com’erano quei luoghi? Com’erano, nel lontano passato, le sponde del Tevere lungo quella che sarebbe diventata via della Lungara? Si erano insediati, attraverso i secoli, vari istituti ecclesiastici ornati da giardini curati che arrivavano fino al fiume.
Per rievocare la nascita del primo edificio dedicato alla Regina dei Cieli, si deve risalire al fervore del Seicento romano. Nel clima religioso-aristocratico al femminile, nella prima metà del 17esimo secolo, la creazione, la valorizzazione e la protezione di monasteri, specie quelli di famiglia, doveva costituire una delle strategie più̀ efficace per le grandi casate romane, attraverso le loro esponenti femminili, per acquisire prestigio, affermazione sociale e autorevolezza nel territorio.
Era normale negli ambienti delle nobildonne dell’aristocrazia romana dell’epoca, fondare e organizzare istituzione monastiche o assistenziali. La costruzione del monastero di Regina Coeli avviene nel 1654 per iniziativa di Anna Colonna, moglie di Taddeo Barberini, con l’intenzione di ospitare le due sorelle monache, Ippolita e Vittoria Colonna (Chiara della Passione, designata come Fondatrice della Comunità). La Colonna Barberini riesce così a legare la propria esistenza allo spazio urbano in modo di lasciare una impronta indelebile nel tessuto della città. Il monastero viene affidato alle Carmelitane Scalze di S. Teresa. Le religiose di questo monastero si chiamano “di Regina Coeli”, perché nella loro regola era stabilito che fossero obbligate a recitare oggi quattro ore il Regina Coeli, segnato dal battito della campana. Il monastero diventa centro di spiritualità in città ed attira le visite di molte nobili dame. La prima di queste sarà la Regina Cristina di Svezia, poi la Regina d’Inghilterra, accompagnata dalla principessa di Piombino, e dalla principessa di Baden.
A fianco, sempre su via della Lungara, nasce il monastero delle Mantellate fatto erigere con il contributo del cardinale Giacomo Rospigliosi e dei Borghese da Clemente IX nel 1669 per le monache della Visitazione. Nel 1794 l’intero complesso viene acquistato da un commerciante di seta, Vincenzo Masturzi di Sorrento e da sua moglie Maddalena, che lo affida alla figlia per formare una piccola comunità delle “Serve di Maria”, meglio conosciute come “le Mantellate” per il lungo mantello nero indossato.
Ma la sorte dei conventi nei primi del ‘800 subisce un duro colpo con l’annessione degli Stati romani all’Impero di Napoleone. Ci si prende accordi con il Clero ma si sciolgono gli ordini religiosi divenuti elementi troppo indipendenti e poi il loro notevole patrimonio immobiliare fa molta gola ai Francesi per sanare il debito pubblico. Dal 1810 al 1814 il convento è confiscato. In seguito all’entrata in Roma delle truppe di Vittorio Emanuele II, il 20 settembre 1870, viene segnata la fine dello Stato Pontificio. Monasteri e conventi vengono espropriati di nuovo fino ad emanare la legge di soppressione di tutti gli Ordini religiosi con regio decreto del 24 giugno 1873. Le monache di “S. Maria Regina Coeli” si rifugiano dalle vicine “Mantellate”. La nuova capitale dello Stato sabaudo avendo bisogno di nuove carceri, per adeguare il sistema carcerario pontificio, e converte il complesso religioso in Istituto di pena. “Le Mantellate”, l’attiguo convento dove si erano rifugiate le Carmelitane, viene adattato a carcere femminile e tale resterà fino al 1959.
La struttura, oggi, molto antica, non ha aree verdi e anche gli spazi esterni sono ridotti; mancano spazi comuni, luoghi dedicati al culto. Ma non entro nel merito.
Di emergenza in emergenza, di rinvio in rinvio, fino all’ ultimo progetto, l’istituto di pena di via della Lungara è diventato un carcere «di primo arresto» dove il recluso si trattiene, in genere, solo per il tempo degli interrogatori e dell’eventuale processo.
Sono stati finora inutili i numerosi tentativi di eliminare le sue funzioni e destinare lo spazio ad altra sorte. Apri e chiudi, chiudi e apri, i cancelli di Regina Coeli, c’è da supporre, cigoleranno ancora per un po’ . I simboli sono duri a morire. “Gira la rota gira, la rota e la rotella”