ARTE – Edmonia Lewis, una sorprendente scultrice americana nella Roma dell’Ottocento

Articolo di Marguerite de Merode Pratesi

Siamo nella seconda metà dell’Ottocento e siamo a Roma. Un bel momento per gli artisti stranieri che vengono a lavorare nella Città Eterna. Rappresenta, per loro, un ambiente magico.
Il costo della vita è alla portata di tutti. Roma è una città cosmopolita, un centro di attrazione culturale con un glorioso passato. Il Neoclassicismo e Canova sono i modelli a cui aspirare e tutto diventa, soprattutto per gli stranieri, improvvisamente alla moda; i turisti americani che abbondano a Roma si riforniscono di opere d’arte e souvenir romani e gli atelier degli artisti statunitensi diventano centri di attrazione, quanto il Colosseo e San Pietro.
Per gli americani la guerra civile aveva creato una grande richiesta di statue celebrative. Per gli scultori americani la città presenta grandi vantaggi. È molto facile trovare il marmo di Carrara e possono lasciare la loro arte crescere senza limiti. Riescono anche a vendere le opere realizzate senza troppi problemi.
Anche le donne artiste possono vivere in grande libertà rispetto agli standard dell’epoca. È in questo contesto che arriva direttamente da Boston, abbandonando gli Stati Uniti sconvolti dalla guerra civile, Edmonia Lewis, la prima donna artista, scultrice di origini afroamericane. Appena diciannovenne la giovane donna, orfana di padre, un afroamericano ex-schiavo di Haiti, e di una madre nativa americana della tribù Ojibwa, sbarca a Roma alla ricerca di un luogo dove liberarsi del peso delle differenze raziali.
Il primo notevole successo commerciale lo aveva assaporato in America, prima di partire, realizzando un busto del colonnello Robert Gould Shaw, eroe della guerra civile che era morto alla guida del 54° reggimento del Massachusetts, interamente afroamericano. I soldi guadagnati vendendo copie del busto le permettono di partire per Roma, dove completa la sua formazione e impara a lavorare il marmo.
Accolta da un circolo di artiste emancipate ed eccentriche, Edmonia raggiunge in breve tempo il successo internazionale. Entra a far parte di quella “strana sorellanza” che si riunisce in un salotto di Via Gregoriana. Sono donne libere, emancipate e omosessuali. Edmonia è impetuosa, non riesce a controllare il suo temperamento e si affrancherà presto dalla loro influenza per intraprendere una sua strada personale. Rimane a Roma per il resto della sua vita dove raggiunge fama e notorietà ma unicamente nel suo paese d’origine. In Italia, dove pure ha prodotto la maggior parte delle sue opere, è pressoché ignorata.
La sua opera affronta soprattutto tematiche legate alla sua eredità culturale afroamericana e anche alla sua religione, il cattolicesimo.
I soggetti delle sue sculture riflettono il suo background e i suoi interessi personali, che includono l’abolizionismo, i personaggi biblici e le celebrità.
Una delle sue opere più apprezzate sarà “Forever Free” (1867), una scultura raffigurante un uomo e una donna neri che emergono dai vincoli della schiavitù. È ispirata dall’approvazione del tredicesimo Emendamento, che sanziona la fine della schiavitù negli Stati Uniti.
Una delle sue opere più famose è una rappresentazione della regina egizia Cleopatra, che prende il titolo di “The Death of Cleopatra”. Questa scultura ottiene i consensi della critica quando viene esposta alla Mostra di Philadelphia, nel 1876, e a Chicago due anni dopo. La sua fama ha cominciato a crescere durante la Guerra Civile Americana, dai primi anni ’60 dell’Ottocento, ma, alla fine del diciannovesimo secolo, era ancora l’unica donna di colore ad aver ricevuto riconoscimenti nel panorama artistico americano.
Oggi il suo lavoro è esposto nei musei di tutto il mondo ed è molto richiesto dai collezionisti E, benché abbia passato la maggior parte della sua vita d’artista a Roma e fosse rimasta sconosciuta in Italia, rimane la prima scultrice nativa afroamericana a raggiungere la fama internazionale.

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5 Commenti
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Marguerite de Merode
12 Aprile 2021 12:07

Ho dimenticato di precisare che non tutte le sue opere sono in America. Sono in vari musei nel mondo, ma non in Italia. Visse fino alla sua morte in Inghilterra (a Londra) e alcune opere rimasero lì.

Marguerite de Merode
12 Aprile 2021 11:51

Grazie Stefano per il suo gentile commento. La sua domanda è molto interessante ed era già stata fatta dalla nostra redazione e da varie persone a cui è piaciuto il mio articolo. Sulle opere lasciate in Italia, non risulta niente di documentato. La Lewis scelse Roma per tanti motivi, come dicevo. Ma la sua “clientela” comunque era totalmente americana. D’altronde trattava soggetti a cui solo gli americani potevano essere sensibili. In un tempo di secessione realizzava monumenti legati al tema della schiavitù. Raggiunse fama e notorietà per aver incorporato temi culturali afroamericani e nativi americani nella sua scultura in stile neoclassico. I soggetti delle sculture della Lewis riflettevano il suo background e i suoi interessi personali, che includevano abolizionisti, personaggi biblici e celebrità. Piaceva molto agli americani di passaggio a Roma, che andavano da uno studio d’artista all’altro a raccolta di opere “affordable” da mandare a casa. Gli artisti stranieri erano attratti dai bassi costi degli studio a Roma e della materia prima (il marmo, in Italia, costava davvero poco all’epoca), oltre che dall’immensa scelta di ispirazione classica per la produzione delle loro opere. Per lei si aggiungeva ai motivi che l’incoraggiarono a lasciare il suo paese, l’allontanamento dal razzismo che rendeva il suo quotidiano molto complicato. Era dovuto al colore della sua pelle, al fatto che fosse donna e al suo orientamento sessuale non accettato nel America di allora. A Roma, l’atmosfera era ben diversa.
Spero di aver risposto, con queste informazioni, alla sua giustificabile curiosità.

Stefano Pignatelli
12 Aprile 2021 10:42

Complimenti Marguerite. Non conoscevo assolutamente questa scultrice. Mi farebbe piacere sapere se, dopo così tanti anni a Roma, la Lewis ci ha lasciato una sua opera o se sono tutte negli USA.
Grazie per il bell’articolo e saluti.

Alessandra Cardelli
6 Aprile 2021 18:46

Non avrei mai neanche lontanamente immaginato una storia simile. Brava Marguerite ! Ma dove le trovi queste cose ? Mi piacerebbe saperne di più

Reply to  Alessandra Cardelli
6 Aprile 2021 19:13

Ciao Alessandra! Quando ho sentito parlare di questa incredibile storia da una mia amica regista che ne voleva fare un film, non ho esitato un secondo! Ho pensato che la Lampadina ne sarebbe stata golosa. Tu me lo confermi!