Articolo di Marco Patriarca, Autore Ospite de La Lampadina
Oggi si chiama Vicarello, ma pochi sanno che quel nome è l’italianizzazione di Vicus Aurelius: infatti l’imperatore teneva lì le sue Terme private, lontano dalla pazza folla di Roma in un’area agricola ancora oggi miracolosamente intatta. In quegli anni anche questo imperatore romano era preoccupato delle sorti dell’impero, ma diversamente da Adriano aveva deciso di non occuparsene. Marco Aurelio fu il terzo grande stoico (Seneca ed Epitteto), e sicuramente il più celebre di tutto lo stoicismo romano. Il suo pensiero qualcosa di espansivo e universale e allo stesso tempo meditativo, assai originale per un imperatore di quei tempi. Verso la fine della sua carriera imperiale si era fatto costruire quelle terme quasi segrete in una proprietà che teneva personalmente e che si affaccia su un ridente ed ancora spettacolare promontorio sul Lago di Bracciano a qualche kilometro da Trevignano Romano. Forse fu proprio in quel suo Vicus che elaborò parte dei suoi mai abbastanza celebrati Pensieri, scritti in greco in uno stile sintetico del tutto personale, quasi degli aforismi o dei minima moralia sulla sua visione del mondo. Marco Aurelio non amava la vita di corte e la gloria imperiale non gli diceva nulla. Aveva una visione immanentistica ma forse monoteista della religione dalla quale traspariva una concezione religiosa e quasi missionaria del significato del suo passaggio sulla terra, come testimoniano alcuni dei suoi pensieri che molti hanno ritenuto influenzati inconsapevolmente dalla incipiente diffusione del cristianesimo: “Ammettiamo che la bufera ci porti via il corpo, questa piccola cosa, ed anche il principio vitale ed altri elementi, ma la mente, sta sicuro, non la porterà via..”. In un altro scrive: “Torna in te stesso fortificati e trova il coraggio (la virtus) di compiere il tuo dovere ..” In altre ancora scruta il cielo e interroga la natura con accenti leopardiani e toni che in altro modo fa pensare al cosmopolitismo spirituale di Kant. Trovava particolarmente congeniale alla sua natura il distacco invocato dagli stoici, poi ripreso dai primi cristiani (del contemptus mundi), non per spirito di rinuncia al mondo, ma per vivere meglio e per capire il senso della vita umana e del suo mistero. Le terme del Vicus Aurelius sono per lui pulizia esteriore perfettamente coerente con quella interiore. Nulla l’imperatore odia di più che la sciatteria e l’incuria “Olio, sudore, sporcizia viscida, tutta roba che desta lo schifo…”.
Le terme di Vicarello sono oggi completamente abbandonate. Erano state fatte rivivere nel Seicento dagli Orsini e tutta la proprietà di un migliaio di ettari fu poi infeudata agli Odescalchi per poi passare di mano a vari proprietari, fra cui una banca Anglo-Araba che la deteneva in attesa di miracoli immobiliari bloccati dalla tenace lotta degli ambientalisti di quasi tutte le scuole. Le rovine delle antiche terme di Vicarello offrono oggi uno spettacolo raccapricciante di incuria, degrado, sporcizia ed abbandono senza che di questo fatto nessuno si ritenga responsabile. Frattanto risulta che l’intera proprietà di Vicarello di circa 1000 ettari è stata acquistata dalla Cina. Qualsiasi sia il destino di Vicarello chissà se resterà almeno un ricordo del cosmopolitismo spirituale che aleggiava dalle le acque benefiche delle terme segrete di Marco Aurelio?