Articolo di Mario Belloni, Autore Ospite de La Lampadina
Dalle ricerche di Romano Ruffini, storico marchigiano, emergono delle notizie che suscitano un particolare interesse in tempo di epidemie e di vaccinazioni.
Nei primi anni del 1800 in tutta Italia si sviluppò una grave epidemia di vaiolo che fece molte vittime.
Monaldo Leopardi, amministratore del Comune di Recanati, era molto preoccupato sia per i suoi concittadini, che per la sua famiglia. Si teneva aggiornato attraverso la “Gazzetta Nazionale” ed altre importanti pubblicazioni.
Nel 1801, lesse un opuscolo, appena stampato, “Sulla vaccina di Jenner”. Oltremodo interessato dalla pubblicazione si fece inviare dallo stesso Jenner il testo, tradotto in italiano, dal titolo “Ricerche sulle cause e sugli effetti del vajuolo delle vacche”, divenendo in breve tempo un grande esperto della materia.
Dalle pubblicazioni citate e da altre fonti, era venuto così a sapere che in Inghilterra, nel 1796, il dottor Edward Jenner, aveva scoperto un modo di vaccinazione che si era dimostrato valido. Sorprende come, a quei tempi, in una cittadina di provincia si potesse venire a conoscenza quasi in contemporanea di fatti avvenuti in un altro paese europeo.
Non dobbiamo dimenticare che il conte Monaldo era un grosso erudito, di lettere e scienza, che aveva speso un capitale per costituire quella vastissima biblioteca su cui si formò il letterato Giacomo. Questa passione lo aveva portato a creare grossi problemi alle finanze familiari, problemi a cui mise rimedio la consorte, su richiesta dello stesso Monaldo.
Il regime di massima austerità, imposto da Adelaide Antici Mattei portò non solo alla riduzione dell’acquisto di nuovi libri, ma anche ad un ridimensionamento del menù di casa Leopardi. A seguito dei tagli drastici, molto probabilmente, la sera si mangiava una bella minestrina come ci fa intuire il giovanissimo Giacomo con la sua poesia “A morte la minestra”.
Il conte Monaldo era un uomo di scienza ma anche un uomo d’azione. Lo stesso Monaldo scriveva: ”Di questo vaiolo vaccino, scopertosi da non da molto in Inghilterra dal dottor Jenner, feci io venire nei mesi scorsi di primavera la marcia (pus da vaccina infetta) da Genova procuratami dal mio agente in Roma Sig. Bonini col mezzo del Sig. Principe Doria. Fui il primo in questa Città, anzi nell’intera Provincia e credo nello Stato [Pontificio] sicuramente, perché in Roma né in Ancona né in alcun altro paese aveva di questa materia; fui il primo dico che accreditai questa nuova benefica scoperta e vi sottoposi la mia piccola Paolina ed alcuni giorni appresso gli altri due figli [Carlo e Giacomo] appena liberatisi di una violenta tosse. Da precisare che Paolina non aveva ancora un anno, Carlo due anni e Giacomo tre.
Dal resoconto del medico che eseguì la vaccinazione sappiamo che Monaldo, non essendo sicuro dell’immunizzazione ottenuta, fece eseguire una sorta di richiamo nell’ottobre successivo, con una seconda vaccinazione, della quale registrò puntigliosamente tutti i sintomi e le reazioni dei suoi tre figli ed anche del figlio di suo congiunto.
Se il conte Monaldo fosse stato no vax forse non avremmo avuto un grande letterato ed un genio della poesia come Giacomo Leopardi.
I miei più vivi complimenti a Mario Belloni, autore di questo articolo, splendido, documentato, interessante e… quanto mai di attualità.
Great!