Articolo* di Gian Carlo Ruggeri, Autore Ospite de La Lampadina
Inaugurata il 5 giugno 2021 nella seducente cornice di Palazzo Trinci, a Foligno, la mostra Graffiti Umbri. Scritture spontanee medievali e moderne lungo i sentieri del pellegrinaggio rivela una serie di affascinanti testimonianze riguardanti graffiti devozionali, scritture di aspetto pratico a carattere di memorie, segni commemorativi, brevi redazioni di fenomeni naturali ed ambientali, nonché eventi privati e personali. Palazzo Trinci è stato la residenza della famiglia che ha governato la città tra il 1305 e il 1439; il Palazzo è sede del Museo archeologico e della Pinacoteca della città.
L’Umbria, durante il Medioevo, è stata il nucleo di dedizione culturale e spirituale che coinvolse siti religiosi e laici prossimi a due antiche strade romane, la via Flaminia e la via Amerina, con le loro deviazioni e strade affluenti. Nel XIII secolo ebbe luogo un sostanzioso incremento del pellegrinaggio, connesso al culto della tomba di s. Francesco d’Assisi e dei luoghi più cari al santo. Questo aumento dei pellegrinaggi rese l’Umbria una meta ambita e negli edifici religiosi fiorirono i graffiti molte volte redatti da viandanti e, appunto, da pellegrini. Opere di estremo interesse, che mettono in luce il sentimento dello scorrere del tempo e la correlata volontà di lasciare un segno della propria esistenza, delle sofferenze patite e degli avvenimenti climatici/meteorologici più importanti e significativi. Diverse di queste testimonianze riguardano, infatti, inverni rigidi, esondazioni di torrenti e fiumi e intense precipitazioni.
Fra tali graffiti commemorativi di Palazzo Trinci, ne spiccano due ‒ molto intriganti per il climatologo ‒ che evocano nevicate eccezionali: il primo, incisione a sgraffio, avvenne a Trevi (borgo situato tra Foligno e Spoleto, (alt. 412 m) che si eleva sui pendii del Monte Serano, arroccato su un colle ricco di uliveti): accadde nel «1578 a dì di 9 de maggio fece neve nella montagna di Trevi». Il secondo ricorda una nevicata verificatasi a Foligno nell’ottobre del 1688, che perdurò fino a novembre, anticipando un inverno molto rigido. Esso recita: «Del 1688 alli 13 di 8bre fece / neve grossissima et […] 3 o 4 gi(orni) la fece di nuovo fino a 9bre e poi / seguì l’inverno rigidissimo XVIII febru(a)r(ii)».
Le due date confermano che il territorio dell’Italia centrale era interessato dalla fase più intensa della Piccola era glaciale (PEG), intervallo di tempo che viene individuato fra gli anni 1550 e 1850. Dopo un significativo riscaldamento del clima europeo agli inizi del XVI secolo, probabilmente prodotto dalla presenza di alte pressioni e di venti occidentali alle latitudini di 45 ÷ 50 gradi Nord, alla metà dello stesso secolo si verificò un rapido e importante cambiamento climatico: nei successivi centocinquanta anni ed oltre ebbe luogo un regime freddo evidenziato dalla fioritura – propria del periodo ‒ di osservazioni meteorologiche diligentemente redatte, coordinate e conservate, soprattutto nell’Europa centro-settentrionale. Questa è la PEG. Qualche climatologo (tra cui Hubert Lamb) ritiene ragionevole, sotto alcuni punti di vista, considerare il periodo in parola fra il 1420 circa, o addirittura il 1190, e il 1850 o 1900. Il punto che qui si desidera mettere in evidenza è che le indicazioni provenienti dai graffiti umbri sembrano rivelare l’esistenza e l’incidenza della PEG – fino ad oggi incerta ‒ anche a latitudini centro-mediterranee. Vediamo brevemente, a questo punto, le cause che possono averla prodotta, con una breve e semplice disamina di parte della circolazione atmosferica-oceanografica.
Allo scopo di bilanciare l’eccesso di calore nella regione equatoriale ed il raffreddamento delle regioni polari, sia l’atmosfera che gli oceani trasportano calore dalle basse alle alte latitudini. Le calde acque superficiali oceaniche, nel loro viaggio verso i Poli, si raffreddano gradualmente fino alle latitudini più alte, rilasciando calore nell’atmosfera: a causa di tale raffreddamento, esse divengono più dense e, quindi, sprofondano, espandendosi verso l’equatore, a grandi profondità e perpetuando così il sistema di circolazione che trasporta il flusso caldo in superficie verso le acque oceaniche ad alte latitudini. Questa circolazione a “Nastro trasportatore” (Conveyor Belt) consente il trasporto di acque calde della corrente del Golfo alle medie latitudini dell’emisfero boreale in misura di più del 50% di quanto faccia l’atmosfera; l’equilibrio energetico viene, infatti, assicurato per mezzo delle correnti marine (lente, ma aventi grande capacità calorifica) e per mezzo delle correnti aeree. La parte delle correnti marine, però, è preponderante fra 10° e 35° di latitudine; al di là di 35° il ruolo è in gran parte svolto dall’atmosfera. Recentemente si è accertato che l’area del Nord Atlantico è la parte più instabile del suddetto Nastro trasportatore (Woods Hole Oceanographic Institution). Durante i precedenti periodi di millenni, caratterizzati da climi freddi, il meccanismo chiamato North Atlantic Deep Water (NADW) Formation (Formazione nord-atlantica di acque profonde) si è, infatti, fortemente ridotto o interrotto, e a questo sono generalmente seguiti periodi di intense scariche di acqua dolce nel Nord Atlantico causate dallo scioglimento rapido del ghiaccio glaciale Artico. Tali quantità d’acqua dolce, trasportate nelle regioni di Formazione di acque profonde, hanno interrotto il Conveyor Belt dando luogo ad un intenso periodo freddo ad alte latitudini: i modelli matematici indicano, in media, 4 ÷ 5 gradi in meno delle medie stagionali.
Tali cambiamenti hanno caratterizzato gli inverni più freddi dei secoli passati e quasi certamente il periodo della Piccola era glaciale, che ha prodotto, come su accennato, profondi e duraturi effetti sugli insediamenti umani in Europa e nel Nord America, dal XVI fino al XVIII secolo e, forse, oltre. Fino a oggi, le conoscenze sull’estensione geografica del fenomeno sono incomplete, e si ritiene che i cambiamenti sostanziali delle temperature oceaniche siano stati in grado di influenzare in misura minore le medio-basse latitudini: in questa circostanza, la testimonianza dei graffiti, correlata alla volontà dell’uomo di testimoniare le vicende importanti della sua vita legate all’ambiente, aggiunge l’Italia centrale come elemento nuovo alla dimensione attualmente conosciuta della Piccola era glaciale.
Potrebbe ripetersi il fenomeno in causa? Probabilmente sì, sotto la veste denominata “Congelamento per caldo eccessivo”: un paradosso per cui mentre l’emisfero Sud e la parte meridionale dell’emisfero Nord andrebbero incontro ad un clima torrido, gran parte dell’Europa centro-settentrionale, compresa la Siberia e parte dell’America Settentrionale sarebbero sottoposte, invece, ad un progressivo congelamento: ma questa è un’altra storia…
Articolo pubblicato il 7 settembre 2021 sul magazine Treccani.it a questa pagina:
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