L’informazione ci sommerge? Parliamo di “infobesità”.
Nel 1916, durante l’offensiva di Verdun un giovane sergente del Corpo di Spedizione Americano, tale De Witt fu recuperato dal campo di battaglia con una brutta ferita al collo ed una scheggia nel polmone. Nei giorni trascorsi all’ospedale quel sergente ripensò a lungo all’idea che lo ossessionava da anni ed ebbe modo di rielaborarla. Si trattava del tempo necessario per leggere gli articoli pubblicati dalle riviste. A suo avviso era necessario troppo tempo per leggere gli articoli pubblicati dalle riviste. Troppa verbosità. Secondo lui la gente aveva desiderio di essere bene informata ma certamente non si poteva permettere di avere tutto quel tempo a disposizione. Così si propose di farlo lui stesso, scegliendo gli articoli, condensandoli senza alterarne il significato e offrendoli in una rivista di formato tascabile. Unico neo, non aveva le risorse finanziarie per realizzare la sua idea.
Tornato alla vita civile, si diede da fare per trovare in prestito i 5.000 dollari che gli occorrevano per lanciare la sua rivista. In quel periodo incontrò una ragazza che lavorava nei servizi sociali del dopo guerra, Leila Wallace, che divenne una sua grande sostenitrice, redattrice e socia della progettata rivista.
Nell’ottobre del 1921 De Witt e Leila affittarono un magazzino in un seminterrato del Greenwich Village a New York per usarlo come ufficio. Si sposarono e stamparono dei volantini che distribuirono in giro per far conoscere questa loro iniziativa. Bene, nel febbraio 1922 uscì il primo numero della rivista:5.000 esemplari. Questa è la storia della nascita di uno dei mensili più importanti del mondo, che fu il READER DIGEST. La rivista fu pubblicata in ben 12 lingue diverse.
I due giovani imprenditori hanno meditato e soppesato parola per parola tutte le pagine che sono state pubblicate in SELEZIONE DAL READER DIGEST. Le hanno scelte per i loro lettori, pensando che sarebbero state di aiuto personale ad ogni singolo lettore.
Oggi nell’informazione esiste questo nuovo termine, coniato da “Le Monde” che si chiama “Infobesità”. Un articolo che ho letto qualche giorno fa, rileva che mentre in Italia gli editori hanno come obiettivo la riduzione dei giornalisti, la formula di “Le Monde”, ha ridotto del 14% il numero degli articoli pubblicati ed ha sensibilmente aumentato il numero dei giornalisti (più tempo per fare le indagini). L’audience web è aumentata così come la diffusione del giornale. Non ci sono ancora dati economici certi relativi a questa scelta (meno articoli e più giornalisti) ma è un tentativo per uscire dalla crisi del settore. Quindi si punta sulla qualità e non sulla quantità.
È stato coniato da “Le Monde” il termine “infobésité”, obesità da informazione. Sempre in Francia, “Mediapart” viaggia sul web ed ha circa 150 mila abbonati che pagano circa 110 euro l’anno. IN USA, il NYT usa paywall intelligente: è arrivato a 3 milioni di abbonati paganti on line. Esiste un paywall che ha ridotto il numero degli articoli gratis da venti a cinque al mese! In Inghilterra il “Guardian” segue la strategia della membership. Il “Guardian” è gratuito sul web ma chi vuole si può abbonare e pagare tra le 50 e le 150 sterline che danno accesso a opportunità diverse, come articoli “premi” o accesso ad una sezione per soli abbonati. Si possono fare donazioni a partire da una sterlina ad articolo. Il “Guardian” è passato da 15 mila adesioni del 2016 a 675 mila del 2019. Le donazioni sono frequenti e l’ultimo bilancio è positivo.
Più qualità e meno quantità; speriamo si vada davvero in questa direzione.
Chi sono i giudici della “qualità”? Quali sono i criteri? Readers Digest non aveva queste pretese, selezionava articoli interessanti, spesso commoventi, raramente di cultura, mai di opinione politica. Voi della Lampadina siete la versione migliorata, più moderna e colta di questo principio! Bravi
Grazie per apprezzare nostra “Lampadina”, siamo contenti. Tu chiedi chi potrebbero essere i giudici della “qualità” ed i criteri della buona informazione. A mio avviso potrebbe essere per esempio qualcuno che valuta che la notizia dell’acquisto di un dominio da parte di Fedez, non debba riempire pagine e pagine di un quotidiano stimatissimo per giorni, perché questo, secondo me ,è riempire il quotidiano stimatissimo di sola fuffa.
Ecco penso a qualcuno con questi pensieri.
Articolo attualissimo e interessantissimo. Diffonderò
Complimenti all’autrice.
Grazie sono molto lusingata dal tuo apprezzamento.
Una notizia finalmente buona dal mondo della comunicazione, che spesso si distingue per superficialità e pressappochismo. Grazie Carlotta, speriamo che la “infobesità”, o anche “eccesso di informazione” si trasformi in scelte più mirate.
Grazie per il tuo commento. Mi fa molto piacere che l’articolo abbia suscitato il tuo interesse. Si, speriamo in bene .