Penso che sia del tutto normale che noi italiani ci interessiamo dell’antica Roma, delle sue imprese, dei suoi fasti, della sua gloria. Solo quest’anno, da molto tempo a questa parte, i trionfi in atletica (le olimpiadi con i 100 mt e la 4x100mt – imprese assolutamente impensabili– il salto in alto e la marcia) e negli altri sport (gli europei di calcio soprattutto, ma anche la palla-a-volo maschile e femminile e la finale di tennis raggiunta a Wimbledon) ci hanno dato qualcosa di cui poterci fare belli davanti al mondo. Non siamo più solo quelli del Rinascimento!
Nell’ambito di questo risveglio di interesse per Roma e il suo impero, una domanda curiosa si ripropone: gli antichi Romani hanno mai raggiunto l’America?
Da quanto ho trovato scritto sull’argomento “prove” definitive non ce ne sono, ma, come sanno tutti i lettori di libri gialli: tre indizi valgono una prova. E di indizi ce ne sono tanti.
Prima di esporre questi indizi è necessario rispondere a una domanda preliminare: avevano i Romani la capacità tecnica di traversare l’Atlantico? La risposta è certamente positiva! I Romani, i quali all’inizio non erano certo un popolo marinaro, con l’allargarsi del loro dominio a tutto il Mediterraneo avevano raggiunto una notevole maestria nel progettare e costruire le navi e nel navigare. Ad esempio foderavano con il piombo le navi destinate a lunghe percorrenze per proteggerle dai molluschi, disponevano di carte stellari che funzionavano da carte nautiche, addestravano perfettamente il personale marinaro, infatti, contrariamente a quanto si pensa i rematori erano gente del mestiere e non solo poveri schiavi! E, pur non disponendo della bussola, inventata solo nel Medio Evo, avevano già cognizione che i magneti e i materiali magnetizzati indicavano il Nord. È certo in ogni caso che nel loro navigare non si siano fermati alle colonne d’Ercole. Ne è prova il fatto che perfino Dante nella Divina Commedia cita la “croce del Sud”, costellazione che si può osservare solo nell’emisfero meridionale.
Veniamo agli indizi.
Primo tipo di indizio: presenza nel mondo antico di rappresentazioni di elementi caratteristici del Nuovo Mondo, non “ufficialmente” presenti nel nostro continente prima della “scoperta dell’America”. Se troviamo traccia di questi nei documenti di epoca romana, questo significa che un contatto c’è stato. Ebbene, ci sono rappresentazioni musive e scultoree di ananas (frutto assente nel nostro continente)! Fulco Pratesi ha scritto anni fa un articolo su di un pavimento musivo di Palazzo Massimo proveniente dalla località Grotte Caloni, presso Roma – Alcuni negano la validità di questo indizio sostenendo che ananas e pigne si rassomigliano e dunque potrebbe trattarsi di immagini di pigne e non di ananas data la rassomiglianza tra questi due frutti, ma, a ben guardare il mosaico, per vederci delle pigne ci vuole molta fantasia. Ancora: ci sono anche affreschi – non ben conservati purtroppo – nei quali si possono intravvedere dei pappagalli della specie Ara – caratteristici dell’America del Sud. Non solo, Plinio il Vecchio descrive un cereale, “a grani grossi, con lo stelo che rassomiglia alla canna, da seminare in terreni umidi, più produttivo di tutti gli altri cereali dato che da un solo grano si possono ottenere fino a tre sestari (circa 1,8 l)” che corrisponde perfettamente alla descrizione del mais o grano turco. Plinio lo chiama “miglio indiano”, e dichiara che questo cereale è stato introdotto di recente “dall’India” (anche per Cristoforo Colombo il continente Americano erano “Le Indie”) e l’origine “americana” del mais è accertata! Infine nel corredo di un medico romano che viaggiava su di una nave, naufragata al largo delle coste toscane nel II sec a.C, sono stati ritrovati dei semi di girasole. Ora, il girasole è stato introdotto in Europa solo dopo la conquista spagnola del Nuovo Continente! Dunque questo primo tipo di indizio può dirsi accertato.
Secondo tipo di indizio: ritrovamenti in terra americana di oggetti di fabbricazione romana. Perché questi ritrovamenti possano essere considerati degli “indizi” deve essere garantito che gli oggetti non siano giunti sul suolo americano successivamente alla “scoperta” di Cristoforo Colombo. Un “gladio” romano rinvenuto sulla costa orientale del Canada, in modo abbastanza rocambolesco, non è considerato essere un indizio valido perché avrebbe potuto pervenire in quel luogo per qualche strano motivo (molto strano peraltro. Chi potrebbe avere avuto interesse a portare un gladio romano in Canada?) Nel 1886, sull’isola di Galveston, di fronte alle coste del Texas (Usa) ci sono testimonianze che narrano della scoperta di una imbarcazione del IV secolo d.C. e di alcune monete, identificate come Romane. Poiché questi reperti non sono stati conservati anche in questo caso ci può essere l’ombra del dubbio. È certo invece che in una tomba azteca inviolata risalente al 1500 è stata trovata una statuetta in terracotta di un individuo barbuto, (la cosiddetta testa di Toluca) risalente secondo le datazioni scientifiche a -8 a.C. – 5 d.C. e di manifattura riconosciuta come “romana”. Inoltre in alcune città del Centro America sono state ritrovate delle tubature in cotto fatte con conci di fabbricazione romana certa (i produttori usavano “firmare” i loro prodotti). Dunque anche questo secondo tipo di indizio può dirsi acclarato.
Terzo tipo di indizio: presenza di testimonianze letterarie. Cristoforo Colombo in una delle sue relazioni alla regina Isabella afferma che già Alessandro Magno, i greci e i Romani si erano affannati a prendere possesso di quei territori; l’esploratore doveva quindi disporre di fonti a noi oggi ignote. Lorenzo d’Anania, un nobile calabrese del XVII secolo, nell’opera “La Universal Fabrica del mondo” nel quale ha condensato tutte le informazioni raccolte dagli esploratori del tempo, scrive di una tomba ritrovata intorno al 1540 vicino a Città del Messico contenente un uomo “vestito in arme dall’antica Roma” ed alcune medaglie d’oro con l’effigie di Giulio Cesare. Anche il terzo tipo di indizio è dunque certificato.
Che conclusioni dobbiamo trarre? Se tre indizi fanno una prova…
Io mi sono convinto che i Romani, come forse anche i Cartaginesi prima di loro, abbiano raggiunto le coste americane. (A differenza di quanto in molti credono, già gli antichi, Aristotele in primis, erano convinti che la terra fosse sferica). Tuttavia dovevano essere convinti che si trattasse delle Indie, e queste erano commercialmente più facilmente raggiungibili via terra. Di qui il limitato interesse a “sfruttare” la “scoperta”. Gli avvenimenti storici che hanno coinvolto l’impero romano nei secoli successivi hanno fatto dimenticare il tutto. Insomma, i Romani hanno raggiunto l’America, così come anni dopo i vichinghi, ma chi l’ha “scoperta”- inteso come “fatta conoscere” – è stato Cristoforo Colombo!
Molto interessante, bravi i Romani, peccato la decadenza attuale!!