di Paola Maddaluno
“Mario è comunista!”, così dicevano i vicini, volendo indicare una persona integra e con principi sani.
Mario era tutto d’un pezzo. Lui era sempre attento che ogni cosa fosse fatta rispettando le regole. Figlio di un operaio, aveva studiato e frequentato l’università, con la sua laurea in lettere era diventato insegnante. In classe permetteva un ampio dibattito tra i ragazzi per fare forte e creare in loro il concetto di democrazia. Suggeriva letture e a volte ai suoi allievi prestava i suoi libri. Ora che era arrivato Internet si era adeguato e proponeva sempre di leggere le testate di alcune agenzie di stampa. Ormai non lo chiamano più comunista, ma tutti sapevano che era di sinistra e che il suo libro preferito era “La metamorfosi” di Kafka e ora che si parlava di cambiamento climatico, aveva invitato i suoi allievi a leggere un grande classico americano “Furore” di Steinbeck per non dimenticare che cosa la carestia e la miseria comportassero per l’uomo. Certo in cuor suo amava la letteratura russa, ma siccome era equilibrato e non voleva influire sui suoi studenti ne parlava sempre poco.
Lui, anche se il Partito Comunista non c’era più, continuava a credere nella parità sociale e lottava quindi per i diritti dei più poveri. Ultimamente faceva alcune considerazioni sull’evoluzione della democrazia, ma era convinto che grazie ad internet almeno nei Paesi occidentali sarebbe stato difficile che un dittatore potesse prendere il potere. Però rifletteva su questa nuova democrazia in cui secondo lui la scuola non regalava più sogni e non era un vero ascensore sociale.
Si domandava: “Quanti ragazzi oggi figli di operai, riescono a laurearsi e a trovare un lavoro senza una raccomandazione come era avvenuto per lui?!” Gli sembrava che questa nuova democrazia fatta di open access e di grande accesso alle informazioni nascondeva delle insidie. Tutti potevano tutto, ma in realtà solo in pochi accedevano ai posti di comando. Si era creata una parete invisibile, tutti i suoi studenti avevano soldi sufficienti per andare a mangiare la pizza o per fare un viaggio magari con un biglietto low cost, ma pochi notavano come l’accesso alla vera cultura era bloccato.
Con il lockdown biblioteche, musei, teatri e cinema erano stati chiusi e nessuno si lamentava: “Tanto c’è internet e la cultura me la faccio in casa!”, questo era quello che molti dicevano, ma lui che navigava sui siti e amava leggere le news, si accorgeva di quante fake news esistevano e quanti articoli con poca scientificità erano diffusi in rete.
L’ultima polemica dei no vax nata in rete lo preoccupava. Mentre guardava l’ultima tessera che aveva ricevuto ossia quella del Green Pass, rifletteva: “Ma quante tessere ho?!” Innanzitutto il codice fiscale, quel numero che ormai è dato alla nascita a tutti i bambini nati in Italia, si domandava “a che cosa serve veramente?!” Aveva sentito dire che nell’anagrafe tributaria si vedeva tutto e lui si domandava. “Che cosa si sarebbe dovuto mai vedere?!”, rifletteva e si confortava pensando “In fondo dipende dall’uso che se ne fa!” Quindi si era piegato e aveva accettato progressivamente una serie di tessere, quella elettorale (con tutti quei timbri in cui si poteva facilmente verificare se eri andato a votare o no?!) la carta di identità e il passaporto con l’impronta digitale (bisognava o no combattere il terrorismo?!), in fondo se hai la coscienza a posto, che problema ci potrà mai essere! Il bancomat e la carta di credito erano indispensabili: lui da vero comunista che non credeva al potere finanziario, sapeva però che senza di quelle non poteva sopravvivere, ora si era fatto anche una prepagata per fare gli acquisti on line. Certo non era tipo da eCommerce, ma per visitare una mostra e acquistare il biglietto ora, con questo maledetto COVID, bisognava prenotare e acquistare il biglietto preventivamente.
Tutti questi dati che venivano raccolti, sono chiamati big data. Un tempo c’erano le indagini e i questionari per verificare gli orientamenti dei consumatori, ora si procedeva con un lavoro inverso. Aveva cercato di capire come milioni di questi dati potessero essere analizzati per trarne profitto e utilizzarli per far aumentare i consumi.
Mario si sentiva, però, tranquillo, si riteneva uno spirito libero e non facilmente influenzabile. Quindi, indipendente come si sentiva dai fattori esterni, si era fatto anche la tessera del supermercato e soprattutto collezionava quelle delle sue librerie preferite, dove amava passare il suo tempo, e ovviamente quella della biblioteca di quartiere che nonostante il lockdown aveva rinnovato con grande gioia perché voleva sostenere l’accesso gratuito alla cultura e le biblioteche di zona erano delle istituzioni che creavano delle bellissime sinergie, facendo incontrare persone diverse accomunate dal rispetto per la lettura.
Aveva apprezzato anche la presenza delle postazioni internet delle biblioteche e l’accesso libero al WIFI: era importante dare un accesso alla rete a chi non poteva ancora permetterselo a casa. Capiva perfettamente la rilevanza di questa rivoluzione tecnologica ed ora che c’era anche lo Spid e si era fatto anche quello. Il problema era ricordare tutte le password perché, oltre a quelle sue, doveva aiutare anche sua madre che aveva anche lei le sue password e le sue tessere. In questo modo tra tessere, password e big data lui conduceva la sua vita in maniera tranquilla e ragionava: “Con tutte queste tessere sarà difficile capire che soggetto sono e che orientamenti ho!” Si diceva dentro di sé: “Da quella al supermercato, a quella della profumeria per finire a quella della farmacia; ma come faranno a capire se sono colto oppure più interessato all’estetica e che non sia forse un obeso se vado così spesso al supermercato o anche un po’ malato visto che frequento anche la farmacia!” continuava quindi la sua vita da tesserato e non se ne curava più di tanto.
Era stato sempre sull’elenco telefonico e tutti potevano sapere dove abitava: Google Maps non cambiava un granché per lui, se non nel mostrare che il suo condominio necessitava di lavori e che forse avrebbe dovuto a breve sborsare un po’ di soldi per i lavori; comunque sui metri quadri di casa sua erano già informati sia al comune che all’agenzia delle entrate; insomma era chiaro che essendo un uomo trasparente, aveva dichiarato proprio tutto.
L’unica tessera che però nascondeva e che non aveva più rinnovato era quella del Partito Comunista, cui si era iscritto quando era ragazzo e non aveva voluto più convertire con qualsiasi altro partito. L’esperienza del PCI era per lui ora era ormai chiusa, ma gli era rimasto dentro ancora la voglia di lottare e di combattere per la giustizia sociale. Ultimamente, però era stanco, vivendo in una grande città si era accorto di quanta povertà ci fosse in giro e che alla fine molti aiuti per i meno abbienti, provenivano solo dal mondo del volontariato, pensava “Come si fa a guardare a non reagire, dove era finito il Welfare?!”, quello che lui da ragazzo sognava, che avrebbe dovuto perequare e garantire l’eguaglianza dei cittadini.
Anche a scuola la situazione era cambiata: i suoi allievi erano diventati più svegli di lui e ormai non credevano più che lo studio fosse la chiave di accesso per un lavoro migliore. A loro bastava il pezzo di carta, al resto pensava papà con le proprie conoscenze e chi non ne aveva, andava avanti con contratti di lavoro di tre mesi in tre mesi. Con questi pensieri, passeggiava per i diversi quartieri metropolitani alla ricerca della giustizia sociale e vedeva che i cassonetti erano regolarmente “visitati” da cerca robe, le bancarelle erano sempre in mano a persone straniere, come se non vi fossero altri lavori per loro e che ai semafori vi erano sempre i lava vetri improvvisati.
Aveva accettato tutto in questa sua vita: dal codice fiscale sino allo spid. Le nuove tecnologie dovevano migliorarci la vita, invece si era accorto che la cultura si faceva sui social network e che in Italia si leggeva sempre meno. Così un bel giorno riaprì il cassetto della sua scrivania e guardò la tessera del Partito, che era lì ormai scaduta e che gli ricordava un passato che sembrava così lontano. Poi decise: “Domani con la mia tessera del supermercato, quella che contribuisce a far crescere i big data, vado a fare una spesa più abbondante per consegnarla al punto di raccolta viveri!”, infatti alcuni volontari avevano aperto nel suo quartiere, durante la pandemia, un punto di incontro dove era possibile lasciare degli alimenti per chi ne avesse avuto bisogno. Sorrise in cuor suo a questa soluzione, pensando che ormai i big data sarebbero stati ingannati. Avrebbero infatti rilevato che era diventato ormai un grande consumatore e che loro con la loro influenza avevano vinto. Ci pensò su e poi decise: “Facciamoglielo credere, nel frattempo devo lottare per uscire da questo mondo fatto di finzione e finta condivisione e mancate speranze!” Lui che era nato in una famiglia con poche risorse finanziarie, voleva tornare a condividere con i poveri certe abitudini. Per esempio quando era stato bambino, non era in uso andare a cena fuori, neanche durante le feste: eppure nonostante le ristrettezze di quel periodo, la fabbrica dove lavorava suo padre, regalò una strenna natalizia ai suoi dipendenti, con cui il suo papà gli poté pagare i libri della scuola e lui, studiando, era diventato insegnante, grazie a quell’ascensore sociale che ora si era bloccato, ma che bisognava per forza o con la forza far ripartire.
Un articolo piacevole e ben scritto brava Paola!
Grazie, un Suo apprezzamento, vale doppio!