Venezia. La città “turistica” per eccellenza. Che tutti gli stranieri che vengono in Italia vogliono visitare. Di una singolarità – l’essere costruita sull’acqua – che la rende unica al mondo. Di una bellezza da togliere il fiato.
A vederla oggi –una città di dimensioni modeste, il comune conta poco più di 200.000 abitanti, dei quali meno di sessantamila nella città lagunare – riesce difficile pensare che sia stata, e non per pochi anni, ma per secoli, una potenza mondiale della quale non si poteva non tenere conto, la regina del Mediterraneo.
Una storia grandiosa e una fine…. ingloriosa.
A partire dal XVI° secolo una abbondante letteratura agiografica vantava la sua pace civile, l’equilibrio dei suoi poteri e la capacità delle sue strutture politiche a traversare i secoli. Eppure il 12 Maggio 1797, con un ultimo atto di sovranità, senza opporre la benché minima resistenza alla pressione esercitata dal generale Bonaparte, comandante dell’esercito francese in guerra con l’impero austriaco, il Gran Consiglio, che governava la Repubblica, composto dai nobili rappresentanti delle grandi famiglie venete, decretò l’abolizione delle istituzioni che governavano la città.
La proposta del Doge Ludovico Manin, che invitava i rappresentanti del Gran Consiglio a obbedire alle richieste del generale Bonaparte, fu approvato con cinquecento dodici voti a favore, venti (!) voti contrari e cinque voti nulli! Vero è che durante la riunione del Gran Consiglio delle scariche di fucileria della cui provenienza non si sapeva: i Francesi che attaccavano, i giacobini veneti che insorgevano o i mercenari dalmati che salutavano la città prima di imbarcarsi, provocarono il panico e fecero temere un massacro generalizzato.
L’amministrazione dello stato venne devoluta a una “municipalità” composta da sessanta membri, giacobini e nobili che si erano opposti al precedente governo aristocratico.
La popolazione, quando si diffuse la notizia, reagì bruscamente. Brandendo vessilli con l’emblema di Venezia si rivoltò assalendo le case dei principali giacobini e dandosi poi al saccheggio. L’ordine fu però ristabilito nello spazio di una sola notte.
Pochi giorni dopo l’esercito francese sbarcò in città e prese praticamente possesso della città. La “municipalità” si resse sulle baionette dei soldati francesi, in una illusoria indipendenza che terminò ufficialmente nell’ottobre di quell’anno quando, con la pace di Campoformio, Napoleone cedette tutto il Veneto, Venezia compresa, alla casa d’Austria.
Da allora Venezia passò di mano più volte fino a essere ceduta a Napoleone III nel 1866 e da questi “regalata” a Vittorio Emanuele II al termine della cosiddetta “terza guerra di Indipendenza” italiana, previo un “plebiscito” confirmatorio.
Come è potuto accadere questo “suicidio”? Vero che la parabola della “Serenissima” era in un inarrestabile declino da ormai diversi secoli. Iniziata con la perdita dell’isola di Negroponte (nota anche come Eubea) nel 1470 – poco dopo la caduta di Costantinopoli per mano dei Turchi – e proseguita con la perdita di Cipro (1572), di Creta (1669) e del Peloponneso (1739), la Serenissima si era ridotta a possedere solo la costa dalmata e il retroterra italiano – che peraltro si estendeva a buona parte della Lombardia. Nello scontro tra la Francia rivoluzionaria e la coalizione anglo-austro-russa, la Serenissima si era tenuta prudentemente neutrale ma i suoi possedimenti sul territorio italiano si trovavano a essere nel mezzo tra il milanese conquistato da Napoleone nella sua campagna di Italia e i possedimenti austriaci degli Asburgo.
Napoleone, dopo avere stipulato un armistizio con gli austriaci, prendendo a pretesto la morte del comandante della tartana francese “Liberateur d’Italie” che aveva cercato di forzare il blocco del Lido e la rivolta dei veronesi contro gli occupanti francesi, dichiarò guerra alla Repubblica.
Ma furono sufficienti poche minacce del tipo “Sarò un Attila per Venezia” e qualche intrigo per ingenerare nel governo della città un clima di terrore e ottenere nel giro di poche settimane che fosse il governo stesso della Serenissima a decretare la propria fine.
La città sarebbe stata difficilmente prendibile per mancanza di imbarcazioni adeguate e di artiglieria di portata sufficiente e un sollevamento popolare sarebbe stato improbabile.
Perché dunque si sono arresi così rapidamente? Un’ipotesi avanzata è che una parte della nobiltà, convinta della inesorabilità della caduta, avrebbe accettato di perdere il potere politico pur di mantenere i possedimenti sulla terraferma dai quali derivava la loro ricchezza. Altri forse avranno sperato, rinunciando alle loro prerogative, di riuscire a salvare la sovranità della Repubblica. Quello che è certo è che, a seguito della Rivoluzione Francese, gli equilibri europei si erano rotti definitivamente e la sorte della Serenissima era segnata. Solo questione di tempo. Meglio quindi cedere alle ingiunzioni del più forte piuttosto che tentare una vana resistenza con le sue inevitabili sofferenze.
Oggi, nel 2022, alcuni pensano, forse, diversamente.
Un articolo molto interessante per il dettaglio delle informazioni che contiene ai più sconosciute tra i quali il sottoscritto