Del litio ne parlammo in un articolo del 10 febbraio 2021, ma cosa c’è di nuovo?
Direi che è un momento di guerra commerciale, i paesi più industrializzati pronti a tutto pur di accaparrarsi questo prezioso minerale oramai essenziale per ogni tipo di batteria.
La Cina è oggi il maggior utilizzatore, quasi due terzi delle batterie agli ioni di litio del mondo sono prodotte in quel paese. Ne utilizzano per circa 14mila tonnellate ma solo una parte è disponibile sul proprio territorio, povero di questo minerale.
Sono stati dunque ben lungimiranti ed anche costretti a ricercare in tutto il mondo le fonti di approvvigionamento. Hanno stretto accordi commerciali con il più dei paesi che ne hanno la maggiore disponibilità, prendendosi in carico la raffinazione del minerale grezzo che, come tale, sarebbe inutilizzabile. Sono stati avvantaggiati dal fatto che gli occidentali in nome dell’ambientalismo più spinto, hanno deciso che ogni lavorazione del terreno contenente il litio è fortemente inquinante, pertanto va fatta il più lontano possibile dai proprio paese.
I cinesi al momento gestiscono la maggior parte degli impianti di lavorazione del litio del mondo, hanno quindi disegnato una mappa globale della disponibilità di ciascun paese e offrendo ogni sorta di supporto per guadagnarsi la fiducia dei governanti.
Il top player mondiale è oggi l’Australia, con quasi il 50% della produzione, gli accordi con i cinesi sono stati eccezionali fino a quando gli americani ben consci dell’importanza del paese nel settore specifico hanno voluto riguadagnare la loro posizione persa negli anni, offrendo linee di credito, supporti, materiali ed altro in quantità incredibile.
A Canberra sono certi che l’Australia raggiungerà una quota di quasi il 20% di tutta la produzione mondiale di litio raffinato entro 3/4 anni. Per gli americani, vista la stretta alleanza con l’Australia, il ri-localizzare la raffinazione del litio in quel paese (strappata al monopolio cinese) è certamente una garanzia di sicurezza per il futuro.
I cinesi certo non si perdono d’animo e hanno rafforzato la loro presenza ed investimenti in tre paesi africani (Mali, Nigeria, Zimbabwe) e due paesi latinoamericani (Messico, Cile). Certo non sono tutte zone tranquille e in molte di queste, gli investitori cinesi devono affrontare problemi di sicurezza, per le minacce del terrorismo di ogni tipo.
Tante altre le incognite dai paesi emergenti soprattutto politiche. Per esempio lo Zimbabwe: nel dicembre 2022 il suo governo ha varato un divieto di esportazione del litio grezzo. Lo Zimbabwe vuole partecipare all’estrazione ed anche alla raffinazione (visto i notevoli margini), e impone che vengano creati sul proprio territorio gli impianti necessari. Poi ci sono i paesi dell’America Latina dove il vento è populista, molti i governi di sinistra che parlano di nazionalizzare il litio per avere il controllo delle proprie risorse minerarie e magari organizzare una Opec, sul tipo di quella del petrolio che nacque negli anni ‘70.
Infine da considerare che la disponibilità di questa materia prima è tanta nel mondo, tanti i siti di cui si pensa esistano grandi quantità di Litio ma ancora solo vagamente esplorati. Una grande disponibilità sembra sia in Argentina, in Cile, in Ucraina nella zona di Mariupol e perfino in Italia nelle zone vulcaniche e della Campania e del Lazio. Non ultimo il mare con quantità quasi inesauribili anche se a costi ben più alti dal tipo di estrazione oramai consolidata.
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