«Nobile semplicità e quieta grandezza», così descriveva via Margutta, Johann Joachim Winckelmann, il grande storico dell’arte del Settecento.
«Scale, scalette, corridoi che si aprivano fra gli orti, poi altre scale e scalette, un paesaggio verticale sommerso nel verde, fin sotto il viale di Trinità dei Monti». Così Federico Fellini, tra gli storici abitanti di questa via, raccontava via Margutta.
Una descrizione a me familiare che evoca il mio stupore da ragazza, appena arrivata in città, scoprendo per la prima volta le strade di Roma vecchia; via Margutta da subito ebbe un posto speciale nel mio cuore.
Mi ricordo ancora quando, per la prima volta, attraversando villa Borghese a gran passi, arrivavo a Piazza di Spagna. Girando verso Piazza del Popolo vedo sulla destra una stradina stretta e misteriosa. La percorro, raggiungo una strada parallela a via del Babuino e mi ritrovo in un angolo di paradiso. Davanti a me si aprivano cortili fioriti, accanto a case coperte di edera. Via Margutta si affaccia, stranamente discreta e silenziosa in questo quartiere così esuberante.
Credo che nessuno di noi, passando per questa via non abbia sentito una particolare attrazione.
La via è, all’origine, un viottolo senza sistema fognante percorso da un rivolo di scolo di acque non proprio limpide proveniente dal Pincio chiamato maris gutta (da qui, un’ipotesi dell’origine del nome ‘margutta’). Lì si affacciano il retro dei palazzi di via del Babuino, dove ai tempi si posteggiavano le carrozze ed i carretti e si trovavano magazzini e scuderie. Sulle pendici della collina c’erano le piccole abitazioni di stallieri, muratori, marmisti, cocchieri.
Ma già nel Medioevo nasce la tradizione di strada degli artisti, quando vi apre bottega un artigiano che esegue ritratti, fontane e ringhiere. In poco tempo ci proliferano gli studi. Grazie all’essere un po’ defilata e con degli affitti sicuramente più contenuti rispetto alle strade e piazze vicine, la posizione della via, tra Piazza del Popolo e Piazza di Spagna, è di per sé sicuramente interessante.
Nei secoli del Grand Tour tutta la zona si anima di stranieri e artisti, e nelle osterie dei dintorni si parla ogni idioma dell’Europa di quei secoli. Ha appena aperto Villa Medici e l’Accademia Britannica si installa al civico 53b.
È a Monsignor de Merode, cameriere segreto di Pio IX (1850), che dobbiamo i cambiamenti radicali della strada. Acquista i terreni verso il Pincio, smantella gli orti, realizza un vero e proprio piano edilizio con bonifica del sistema fognante e il vicolo maleodorante acquista nuova dignità. Il personaggio considerato «fedelissimo, pio, generoso, pieno di zelo» ma anche «impulsivo, rude nei modi e nel linguaggio» é appassionato di urbanismo e darà alla futura capitale un nuovo piano edilizio per affacciarsi al domani con l’approvazione del nuovo stato Sabaudo. Monsignor de Merode ha un notevole talento per gli affari e il ricavato delle sue speculazioni immobiliari serve a finanziare in gran parte opere di carità, scavi archeologici e progetti culturali di grande rilievo.
È grazie alla radicale trasformazione della strada come meta di artisti, che la famiglia Patrizi Naro ci costruisce un palazzo che destina in grande parte agli studi. Dal 1887 al 1960 la via sarà sede dell’Associazione Artistica Internazionale e ospiterà nei cosiddetti Studi Patrizi numerosi artisti da tutto il mondo, rappresentando una delle pagine culturali più significative di Roma Capitale.
Sappiamo che questa zona di Roma è un punto di passaggio quasi obbligatorio per i grandi artisti del Novecento che vengono a Roma. Non solo pittori come Picasso, Gentilini, Maccari, Fazzini, Severini o Guttuso e Novella Parigini, ma anche musicisti importanti come Wagner, Liszt, Puccini e Mascagni. Scrittori da Emile Zola a Gabriele d’Annunzio, Jean Paul Sartre e tanti altri.
Pure il cinema farà la sua parte: nel film Vacanze Romane al n. 51 si ospita Audrey Hepburn nel palazzo dove abita Gregory Peck. Ci vive Federico Fellini con Giulietta Masina e pure Anna Magnani sosterà fra le mura della via.
Non si può negare che ancora oggi storici studi, gallerie d’arte, negozi di alto artigianato e design, botteghe di artigiani, antiquari e case d’aste continuano a conferire alla storica via un carattere unico.
Bellissimo!
Grazie. Ancora ora, e son passati tanti anni dal mio arrivo a Roma, la via mi emoziona. Sapere, scrivendo l’articolo, che il mio antenato partecipò a darle dignità e quasi lo stato attuale, mi ha molto divertito.