È questo un argomento che si sta imponendo con il diffondersi dell’ansietà per la salvezza del pianeta a fronte della limitatezza delle risorse disponibili e delle affermate (ma solo presunte) cause antropiche del riscaldamento globale.
Su Le Figaro di qualche tempo fa è apparso un interessante articolo riportante un confronto tra due noti saggisti francesi: Antoine Bueno e Fabrice Hadjadj.
Antoine Bueno con un discorso molto “razionale” si esprime in questi termini: siamo troppo numerosi per il nostro stile di vita. Se tutti vivessero come degli americani il pianeta non potrebbe sopportare la presenza di più di un miliardo di abitanti, se viceversa tutti vivessero come dei santoni indù non ci sarebbero problemi neanche per una popolazione di 100 miliardi.
Oggi si calcola che il giorno nel quale le risorse rinnovabili del pianeta sono consumate cada nel mese di Luglio, cioè a dire che da quel momento in poi l’umanità consuma il ‘capitale naturale’ del pianeta, destinato prima o poi a finire.
Di qui la domanda: come si può procedere per riequilibrare la situazione?
Le leve sulle quali si può operare sono due: il tenore di vita e il numero di abitanti. Ed è necessario agire in entrambe le direzioni posto che una ‘transizione ecologica’ di natura esclusivamente economica è manifestamente insufficiente.
Si impone quindi di ridurre drasticamente la popolazione mondiale.
Posto che non è pensabile “eliminare fisicamente l’eccesso di popolazione” è necessario, da un lato, promuovere, in tutti quei paesi dove sono poco presenti, la diffusione e l’istruzione d’uso dei mezzi anticoncezionali insieme alla cultura dei diritti umani (leggi: il diritto di ricorrere all’aborto), dall’altro, fare crescere nei paesi sviluppati la coscienza che avere una famiglia numerosa è commettere un delitto di ‘ecocidio’.
Hadjadj critica questa posizione principalmente su di un piano filosofico.
La prospettiva ‘tecnicista, funzionalista e globalista’ è corretta?
È giusto pensare alla popolazione, formata da “persone umane”, in termini quantitativi cioè considerarle solo come parte di un Tutto in nome del quale si deve operare?
La vita può essere ricondotta a dei problemi tecnici?
Ci si preoccupa della natura ma questa è vista sotto una prospettiva “tecnologico-capitalista”. La “natura” non si preoccupa della propria “salvezza”! La natura ha alle spalle una storia drammatica di distruzione spaventosa di individui. Darwin ripete che l’evoluzione è basata su questo mentre la compassione è caratteristica dell’uomo. Hadjadj dice: «La contraddizione di un certo ecologismo è di volere proteggere la natura contro sé stessa, di ignorare il suo dramma intrinseco, di preoccuparsi delle generazioni future proibendo le generazioni attuali. Non si potrà mai abolire una certa tragicità della vita senza abolire la vita in sé stessa».
Come devono essere viste allora le politiche “familiariste” che sono adottate dalla gran parte dei paesi europei? L’invecchiamento della popolazione non è forse un problema gravissimo?
Bueno dice: si è vero, l’invecchiamento della popolazione è un problema, ma di tipo ‘secondario’. È un problema di ‘organizzazione sociale’ mentre il problema ecologico comporta la sopravvivenza della ‘specie’.
Non è detto che l’invecchiamento della popolazione abbia solo effetti negativi perché da un lato sono generatori di attività e dall’altro affrancano dalla necessità di aumentare le dimensioni della torta delle ricchezze.
Hadjadj: La questione ‘demografica’ non deve essere ‘assolutizzata’ proprio perché i suoi dati possono essere interpretati differentemente comportando dei nodi diversi. (Ndr i cinesi dopo anni trascorsi con una ferrea politica di un unico figlio sono ora passati a incentivi per coloro che mettono al mondo un terzo figlio).
Ma alla fine resta il problema iniziale: è corretto giudicare la situazione da una prospettiva funzionalista e globalista? Quale il senso di una società di vecchi con un solo erede e degli immigrati che paghino le pensioni? perché procreare? perché nostro figlio sia nel ‘benessere’? è questo il senso della vita?
Non so voi, ma questo dibattito mi ha lasciato una certa inquietudine. Mi rendo conto che la prospettiva di Bueno esercita una forte attrattiva, perché anche io sono, come noi tutti, intriso della cultura funzionalista e globalista dominante nel mondo occidentale, d’altro canto la domanda finale di Hadjadj: perché procreare? non è eludibile.
La vita è un dono che ci precede e ci sorpassa, è corretto orchestrarla per gli altri e gestire l’intimità delle coppie?
Un’ansia che condivido con Beppe: filosofi sociologi psicologi economisti…
Tutti fanno analisi. La piu realistica? Quella di Sartori che laconico dice “O diminuiscono i consumi o i consumatori.”Nessuno avrà mai il potere di attuare nè l’una nè l’altra delle opzioni. Proviamo a inquadrare il problema in una visione etologica. Quando una specie animale va in soprannumero alcuni individui si precipitano da una rupe. Gli aborigeni australiani (popolo misterioso legato allo spirito del territorio) guerreggiavano tra loro fino uccidendosi fino a raggiungere il numero giusto per sopravvivere. Le guerre? Una forza misteriosa che induce gli umani a scannarsi. Ci penso. In natura costituiamo una specie che turba gli equilibri. La natura ne trova altri. Biodiversità, clima, estinzione di specie viventi, evoluzione di altre… la natura é indifferente. Il libero arbitrio?
La nostra presunzione. La nostra condanna.
Concordo. Credo nell’esistenza di meccanismi naturali di autoregolazione. Mi spaventano invece gli interventi dell’homo sapiens che si crede di poter governare tutto. Personalmente non credo che l’essere umano – con la sua capacità di raziocinio – sia stato un ‘errore’ dell’evoluzione.
Caro Beppe, mi sembra che già la natura ci stia pensando, in molti paesi oltre naturalmente il nostro, poi anche altri europei, la Cina, alcuni stati americani e asiatici hanno subito un notevole calo di nascita, proseguirà? chissa, nel frattempo i vari Elon Musk e simili progettano navi spaziali per trovare sulla luna e su vari pieneti aree adatte per fondare comunità e forse città. Penso che io e te, ma anche figli e nipoti, possono sì preoccuparsi ma per i loro discendenti.
Certamente il problema della sovrappopolazione non riguarda nè noi nè i nostri figli nè i nostri nipoti. Vero che il ritmo di incremento della popolazione è andato diminuendo (sia per motivi sociali – all’aumentare del reddito diminuisce il numero dei figli – sia per motivi fisiologici – pare che la pêrcentuale di coppie sterili stia aumentando [forse a causa dell’inquinamento]). Le attuali previsioni sono di raggiungere un massimo di nove miliardi (quindi tra poco). Detto questo la mia opinione è che pretendere di governare dall’alto il numero dei figli sia una follia, possibile solo con regimi autoritari (Dio ce ne scampi) e con il rischio – se non la certezza – di infliggere alle persone delle forti sofferenze.