Articolo di Gustavo delli Paoli Carini, Autore Ospite de La Lampadina
Apprendo che in Florida (toh!) e in altri 12 Stati è entrato in vigore il divieto per i cinesi, anche se residenti negli Stati Uniti, di comprarvi proprietà, soprattutto se vicine ad aeroporti, raffinerie o zone militari.
I cinesi, in fuga dalla prima Guerra dell’Oppio* iniziarono ad emigrare verso la California, dove era scoppiata la “Febbre dell’Oro ” nel 1848, con l’idea di arricchirsi e tornare in Cina in tempi migliori. Non fecero alcuno sforzo di integrazione, non provarono ad imparare la lingua inglese e non cambiarono le loro abitudini vestimentarie.
Malgrado gli accordi commerciali del 1867 atti a promuovere lo sviluppo del commercio con l’Asia (che fecero conoscere e diventare di moda vari oggetti cinesi, anche di arredamento, oltre alla cucina cinese), nel 1882, il presidente repubblicano Chester Arthur firmò il Chinese Exclusion Act, che vietava, per una durata di dieci anni, nuovi ingressi di cinesi negli Stati Uniti (salvo accademici, diplomatici o businessmen) oltre a vietar loro di sposare americani o americane. Invocò allora una legge del 1802 che limitava la cittadinanza a Free White Persons. Seguirono tasse sui minatori stranieri (cinesi e messicani), senza contare l’applicazione di sistemi legali diversi da quelli per gli americani di nascita. Insomma fu dimenticato il principio della Dichiarazione di Indipendenza del 1776, ribadito da Abramo Lincoln nel discorso di Gettysburg «…tutti gli uomini sono creati eguali; … essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità».
I cinesi diventarono invisi alla popolazione locale. Lo sono tornati ultimamente, anche questa volta per ovvi motivi socio-economici-politici.
I pregiudizi sono sempre esistiti. Diffidenza, concorrenza, spesso più percepita che reale, razzismo, anche se basta il campanilismo (Siena, Pisa e Firenze ne sono una prova…) ad essere un preludio all’odio, o comunque a un’odiosa forma di discriminazione.
Non ho vissuto la guerra, sono un privilegiato, ma non dimenticherò mai i locali dove i cartelli indicavano “Vietato agli Italiani” in Germania e Olanda negli anni ‘50 e ‘60. Né quando in Belgio dicevo di essere italiano e alcuni non resistevano alla battutina «etes-vous un mafiosò? ». Nessuno è al riparo… a turno.
Non sono necessariamente soltanto le guerre le principali cause di forti antipatie fra i popoli, altrimenti non finirebbero mai…tant’è che oggi non si odiano più (almeno non allo stesso modo) francesi, tedeschi, inglesi, italiani, spagnoli , per citarne alcuni che si sono fatti la guerra da sempre (prima della tanto vituperata UE, N.d.A.)
Ogni società ha delle gerarchie etniche- e i politici nazionalisti scelgono quali minoranze da demonizzare e additare come causa dei mali del paese. Anche fra i migranti, seppur oggi in maggioranza islamici, esiste una graduatoria. In Olanda troviamo i marocchini in fondo alla classifica. Per molti anni c’erano i tedeschi… chissà perché. In Germania i siriani sono preferiti ai magrebini. in Svezia i curdi sono i meno amati, in Francia gli africani neri sono preferiti ai nordafricani. Negli anni ’90 l’antipatia italiana era concentrato sugli albanesi.
In genere, potendo scegliere, da queste parti è sempre più conveniente essere bianchi e cristiani. Anche se dobbiamo ricordare che i meridionali non erano molto amati a Torino. Nei paesi baltici, i russi sono appaiati agli arabi nella triste classifica dell’ostilità…prima ancora dell’ennesima aggressione russa ad uno stato confinante. In Romania erano mal visti i loro concittadini di origine ungherese. Croati e kosovari detestano i serbi. In Polonia, con la sua lunga storia di dominazione russa, i russi vengono considerati addirittura peggiori dei Rom (zingari è il termine dispregiativo che li definisce).
La religione è sempre stato un elemento discriminatorio importante…in questo momento, per esempio l’antisemitismo supera l’anti-islamismo. Ma religione e immigrazione non sono gli unici fattori a scatenare intolleranze. Durante la pandemia, cinesi ed asiatici in genere avevano superato altre etnie sul tabellone dell’odio. La concorrenza sul lavoro è una componente presso le fasce più povere della popolazione, ma capita anche fra ricchi; gli svizzeri, per esempio, sono infastiditi dagli immigrati tedeschi altamente qualificati che fan loro concorrenza.
I populisti usano la minaccia del declino demografico per additare gli africani. La paura del terrorismo li concentra sugli islamici e quando torna il ritornello dei presunti complotti delle élites capitalistiche, ecco che i nemici da odiare diventano Stati Uniti e Israele.
Gli ultimi arrivati rubano sempre il posto ai capri espiatori precedenti.
Possiamo stare certi che quando i ghiacci della banchisa artica si saranno completamente sciolti, scenderanno “a valle” gli eschimesi, che “per ora” non odiamo, visto che se ne stanno lassù tranquilli… o forse non tanto. Mi correggo; li condanniamo soltanto quando uccidono le giovani foche, sicuramente più coccolose dei maialini di latte e dei moscardini. Quando gli Inuit diventeranno dei “rifugiati climatici”, certo non una manodopera qualificata, visto che non ci servono casette di ghiaccio e non cacciamo i trichechi, sostituiranno gli africani e i magrebini nella mappa dell’ostilità.
Insomma, è finito il mito delle insopportabili suocere, ma c’è sempre una vasta scelta di persone o intere categorie di esseri umani da odiare. Aggiungiamo che i media ci propinano più politicanti populisti che non psicoanalisti (o psicanalisti per i lacaniani) ed è anche molto più facile odiare che ragionare, quindi, Mesdames et Messieurs, faites vos jeux..qui detester aujourd’hui?
P.S. Tutte le generalizzazioni restano generalizzazioni, ma quanto riportato qui sopra è documentato e non troppo lontano dalla realtà.