Tratto da Racconti fluttuanti
di Paola Maddaluno
editodanoi, 2025
Elena lo guardava e pensava che fosse diverso da quello che aveva conosciuto all’università…forse era diverso o forse si camuffava bene e chi lo sa?! Con queste riflessioni, si mise a leggere l’avviso di garanzia che aveva ricevuto suo marito.
Lui le aveva detto «Lo mandano a tutti quando fanno un’inchiesta, stai tranquilla perché io ho la coscienza a posto!»
Però intanto quell’avviso c’era e lei non si sentiva per niente rassicurata da quelle parole.
Sui giornali erano anche usciti degli articoli su quella brutta situazione; una storia di appalti come ce ne sono sempre in Italia, ma questa volta era diverso: un operaio era deceduto mentre lavorava in strada, era scivolato, là dove la strada era improvvisamente franata. «Ma la strada perché era franata?! Chi l’aveva costruita?!»
Suo marito era stato il direttore dei lavori di quel passante; avevano deciso di costruire una tangente alla normale strada per evitare le curve, un bel tratto che poggiava su dei piloni piuttosto arditi. Possibile che una strada nuova era potuta franare così velocemente appena veniva giù un nubifragio?! E i piloni perché non erano stati controllati durante la manutenzione ordinaria?!
Non era facile capire che cosa fosse successo in questo momento, figurati capire che cosa si provasse nella loro famiglia.
E già il punto era proprio questo: come si faceva a far finta di niente e continuare le proprie vite ignorando che un uomo era morto e che era proprio dello stesso paese dove loro abitavano.
Questa era proprio una coincidenza anzi una pessima coincidenza. Infatti a lavorare nei cantieri sono sempre in tanti e venivano da tutta la regione: perché la vittima doveva proprio abitare nello loro stesso paese?!
Questi erano alcuni dei pensieri di Elena che era improvvisamente diventata molto sensibile e vedeva molti segni sospetti che erano inquietanti e dovevano essere riconsiderati.
In realtà non sapeva giudicare molto la realtà. Suo marito lavorava tanto e aveva un bel reddito che permetteva a lei e a sua figlia di realizzare qualunque desiderio. Anzi questo benessere le aveva permesso di lavorare poco, ovvero di non impegnarsi molto. Lavorava in uno studio di architettura, ma in realtà non aveva un ruolo preciso. Lei sarebbe stata una designer, ma alla fine il titolare dello studio era un amico di infanzia di suo marito che le dava molti benefici in orari e carichi di lavoro, la pagava anche poco ma come diceva suo marito, non era questo lo scopo della sua vita.
Ora però Elena s’interrogava su quale fosse stato lo scopo della sua vita: la famiglia?! Avevano voluto una sola figlia, per avere più tempo per loro, anche perché Elena aveva perso i genitori presto e quindi non poteva contare sull’aiuto dei nonni.
Ma anche questo non era stato un problema, avevano diversi aiuti per la casa compreso un giardiniere per badare al circondario della villa dove abitavano.
La loro casa effettivamente la impegnava molto, lì aveva realizzato i suoi sogni di designer ed era diventata la fonte di ispirazione per tanti progetti. La loro casa era così bella che grazie ad un giro di conoscenze era stata oggetto anche di un servizio fotografico per una rivista di arredamento.
Lì organizzava cene e riunioni. Le cene avevano un aspetto relazionale utile soprattutto per il lavoro del marito che intrecciava contatti e pianificava progetti con diversi amici.
Un giro forse un po’ chiuso, ma abbastanza referenziale per garantire sempre nuovi incarichi a suo marito.
Le riunioni invece erano organizzate anche per suo diletto; vi era un gruppo di mogli da definire “ben sposate” che amavano incontrarsi per giocare a burraco o per programmare la prossima gita.
Oltre a collezionare inviti, pianificava viaggi e trasferte. Ogni tanto andava fuori provincia anche per conto proprio a vedere cose nuove e soprattutto comprare vestiti e oggetti per la casa. Inoltre, da ogni vacanza tornava con qualcosa di particolare per la loro quotidianità. Aveva ottimi contatti per la regione e aveva dei riferimenti di alcune gallerie d’arte dove andava regolarmente per acquistare qualche quadro.
Era un’appassionata di contemporaneo e a certe opere non sapeva dire di no, tanto suo marito l’accontentava sempre dicendo che sarebbe stato il suo regalo per il compleanno o per il prossimo Natale.
Per quanto riguarda la figlia non avevano problemi per le spese e avevano investito nella sua formazione, mandandola a studiare in una scuola privata e facendole fare molti sport e corsi di lingua.
La ragazza aveva mille contatti al di fuori del paese e questo confortava Elena; era fermamente convinta che uscendo dalla stretta cerchia delle conoscenze locali avrebbe avuto grandi opportunità. Elena e suo marito stavano anche pensando a farle fare almeno un anno di scuola all’estero per poi avviarla e prepararla per qualche università straniera. Quindi Elena era stata tranquilla sino a quel giorno in cui le chiacchiere del paese si stavano diffondendo.
Cercava comunque di non pensarci perché doveva organizzare la festa della Cresima che la figlia tra poco avrebbe celebrato.
Ora, però, quell’evento sembrava inopportuno: infatti nonostante tutti gli impegni presi per la figlia fuori dal paese, per la Cresima il marito aveva deciso per fargli fare il catechismo nella parrocchia vicina.
Elena non ne era stata entusiasta e aveva suggerito che poco lontano c’era un’abbazia, che era anche parrocchia, e che poteva essere molto opportuno far frequentare il catechismo in quella chiesa: che bella cerimonia sarebbe stata in un’abbazia! Invece il marito con il suo lavoro da imprenditore pensava che sarebbe stato uno strappo troppo grande con il parroco locale che lo conosceva fin da bambino e che almeno la Cresima di sua figlia doveva essere fatta in paese.
Improvvisamente Elena pensò «Ora sì che siamo nei guai!», infatti le avevano già riferito che la moglie dell’operaio morto nel cantiere era catechista in parrocchia e che conosceva tutta la comunità.
Elena pensò che fosse una specie di incubo! Il funerale dell’operaio morto nel cantiere non era ancora stato fatto perché la salma doveva essere esaminata dall’anatomo patologo dell’inchiesta giudiziaria, però era ovvio che il funerale si sarebbe tenuto nella parrocchia, dove tutta la comunità si sarebbe stretta alla vedova.
Elena iniziò a pensare come evitare una Cresima dopo un simile funerale, in aggiunta il marito le aveva anche detto che, su consiglio dell’avvocato, si sarebbero dovuti recare al funerale, portando con loro anche la figlia per stringersi ed essere solidali con la vedova che, essendo catechista, conosceva bene la loro ragazza.
Elena iniziò a pensare che sua figlia sarebbe stata usata come figura di mediazione in questo intrigo, per il quale suo marito continuava a rassicurarla, tuttavia asseriva di essere prudenti e di sfruttare tutte le possibilità.
Insomma, Elena non si sentiva più serena e non voleva recitare mettendo in mezzo sua figlia. A lei piaceva l’arte contemporanea, le relazioni e i viaggi e di questa storia non voleva saperne di più. In fondo il problema era di suo marito e non suo e di sua figlia.
Quindi decise di organizzare e invitare le sue amiche per programmare il prossimo viaggio: iniziò a mandare e ai primi messaggi inviati, nessuno dava la spunta di leggerli e con molto ritardo venivano letti per di più tutti avevano rifiutato l’invito: chi non si sentiva bene, chi aveva un problema con la madre anziana, chi doveva accompagnare i figli da qualche parte. Che cosa stava succedendo?! Tutti quei dinieghi erano un’altra strana coincidenza!
Elena iniziò a ragionare e ne parlò con il marito, il quale le consigliò di usare poco il cellulare, l’avvocato gli aveva consigliato di non mandare troppi messaggi, in un’inchiesta bisogna essere cauti ed evitare troppi contatti.
Questa era l’ultima delle novità, praticamente si doveva vivere isolati e ritirarsi a vita cosiddetta “privata” ed evitare anche riunioni o cene, dare l’impressione di costernazione per il lutto che vi era stato nel paese.
In poche parole, l’avvocato di suo marito consigliava prudenza e riservatezza in attesa del funerale, dove la loro famiglia avrebbe dovuto partecipare ed esprimere cordoglio e dolore per il loro sfortunato compaesano, a cui Elena non avrebbe voluto pensare e voleva rimuovere dalla sua mente.
Elena iniziò a riflettere: «La prudenza non l’avrebbe dovuta dimostrare suo marito quando dirigeva i lavori di quel maledetto tratto di strada che ora trascinava la loro famiglia in un baratro?!». Lei era stanca di questa storia di cui non conosceva alcun dettaglio, l’unica cosa che sapeva è che il marito era stato pagato bene e con quell’introito, lei aveva anche comprato un’opera d’arte di un’artista giapponese che si chiamava Miraggi di una giornata.
Questa era un’altra coincidenza: Elena non voleva nessun miraggio, voleva certezze e purtroppo di certezze ora ce n’erano poche. Chiamò sua sorella che abitava in regione, vicino al mare, e le chiese se nel week end potesse andare a trovarla, ma sua sorella le raccontò che con gran dispiacere proprio quel week end avevano ospiti degli amici dalla Francia e non aveva alcun tempo libero, comunque l’avrebbe richiamata non appena si fosse liberata.
Ora iniziò a capire che forse non vi era altra strada che seguire i consigli dell’avvocato che comunque chiedeva soldi e aveva già chiesto un anticipo.
Prese sua figlia e andò fuori dal paese per comprare due vestiti neri, quasi monacali e poi sarebbe anche andata dal parroco e avrebbe manifestato il proprio dolore. Inutile pensare che lei e sua figlia si sarebbero riuscite a tirare fuori da quella storia. Loro erano dentro senza alcuna speranza.
Guardò il quadro dell’artista giapponese, chissà poteva rappresentare un bel compenso per l’avvocato?! Con i soldi si sarebbe aggiustato tutto e soprattutto con quei due vestiti neri, appena comprati!
Inoltre anche per la vedova dell’operaio si poteva provare ad offrire un bel sussidio che poteva rappresentare un ausilio…Insomma Elena voleva stare tranquilla e non aveva alcuna voglia di cambiare la sua vita e mettersi in discussione. Il marito se la sarebbe cavata e lei iniziò a pensare a come avrebbe organizzato la festa della Cresima! Per quell’occasione però avrebbe anche cambiato vestito non quello rosso, che ricordava il colore del sangue, ma un bel verde acqua che avrebbe rappresentato un messaggio di speranza e serenità. Loro avevano la coscienza a posto e quindi la festa si sarebbe organizzata senza alcun problema!
Alla fine, gli invitati sarebbero venuti perché sapevano bene che suo marito sapeva troppe cose di ognuno di loro per poterlo emarginare e lo avrebbero sostenuto in quel cammino di “opportuno” pentimento.
Lei era pronta a manifestare in pubblico l’amore per suo marito che francamente la faceva vivere bene e che non gli faceva mai mancare nulla. Dal nero al verde acqua ecco gli abiti di scena: avrebbe recitato con cura. Inoltre chiamò la figlia e la rassicurò: «Stai tranquilla che avrai una bella festa, c’è solo quella piccola parentesi del funerale, ma sai cara, stare vicini alla vedova è un gesto di grande umanità che il parroco apprezzerà. Magari il giorno della Cresima ti farà sedere in prima fila.»
Ormai era tutto deciso e finalmente vi erano delle certezze: il copione era scritto e ora si sarebbe impegnata a recitare con zelo. Suo marito in fondo aveva fatto cambiare idea anche a lei e insieme erano una “bella società”.