Che cosa è il data mining? Wikipedia recita:
Estrazione, con tecniche analitiche all’avanguardia, di informazione implicita, nascosta, da dati già strutturati, per renderla disponibile e direttamente utilizzabile;
Esplorazione e analisi, eseguita in modo automatico o semiautomatico, su grandi quantità di dati allo scopo di scoprire pattern (schemi) significativi.
E in pratica?
Il data mining è una rivoluzione nel tradizionale equilibro della domanda e dell’offerta. In ogni sistema era la domanda che creava l’offerta. Oggi con quanto si ottiene dall’esame dei dati web, si riescono ad avere informazioni molto precise per offerte mirate, le più adatte e dirette per il cliente secondo i suoi gusti e la capacità di spesa.
Il caso più evidente di questo forte cambiamento viene dalla Cina, e l’esempio è Alibaba, il numero uno al mondo dell’e-commerce (9,3 miliardi di dollari di fatturato l’anno).
Alcuni analisti del colosso cinese dell’e-commerce hanno estrapolato milioni di dati sulla capacità di spesa dei propri utenti. Uno dei dati, ad esempio, è stato ricavato dalla vendita di biancheria intima dal loro sito, che incrociati con altri, ha fornito uno strano risultato: sembra, infatti, che a seconda della misura dei reggiseno acquistati dalle donne, si riesca a capire la loro capacità di spesa. Il 65% delle donne con una prima di reggiseno ricade, nella bassa categoria di spesa, mentre chi porta la seconda o una taglia superiore s’inserisce nei gruppi di spesa media – alti.
E’ chiaro che ogni informazione, anche la più semplice, diventa molto preziosa. Perfino lo strumento per mezzo del quale si effettua l’ordine, è un indicatore determinante: si presuppone che chi utilizza un iPhone o iPad abbia un potere di spesa maggiore rispetto a chi utilizza un normale smartphone o pc.
I colossi delle vendite online hanno anche il problema di come far prolificare gli utenti. In genere, iniziano, usando i dati ricavati dalla vendita di qualcosa di abbastanza facile, ad esempio i libri. Nei primi anni della sua storia Amazon ha usato ampliamente questo metodo con la vendita di libri, raccogliendo tutte le possibili informazioni sui propri clienti quali le capacità di spesa, gusti, hobby e altro; con i dati ottenuti, Amazon ha potuto diversificare le proprie offerte tanto che la parte editoria rappresenta oggi solo il 7% del fatturato totale.
Il data mining può essere utilizzato in qualsiasi campo: dalle informazioni sui cibi acquistati da un cliente si possono trarre indicazioni per l’assistenza sanitaria, e cosi per mille altre combinazioni. La spesa dei clienti è anche sotto grande osservazione essendo la base con la quale si costruiscono i prestiti ai privati e alle imprese. In altre parole una sorta di enorme “redditometro” privato con il quale un qualsiasi colosso privato potrebbe entrare in competizione con le banche, istituti pubblici e cosi via.
Jack Ma, il fondatore di Alibaba ha dichiarato che il data mining è una delle priorità della sua azienda e che 800 dipendenti, lavorano solo a questo tipo di piattaforma dati.
Divertente un interessante e breve articolo a proposito della “capacità di spesa”, pubblicato qualche giorno fa sul Global Times, quotidiano del partito comunista cinese. Lo ha fatto senza commenti, ma forse con un certo velo d’ironia.
In Cina, “We-chat” sistema simile al nostro “WhatsApp”, per cercare un modo per finanziarsi con delle offerte mirate, ha diviso i propri clienti in tre categorie proprio per capacità di spesa e zone diverse del paese. A ciascun gruppo ha inviato un tipo differente di pubblicità. Al gruppo stimato più “ricco” ha inviato una pubblicità della nuova BMW, al secondo di un telefonino e al terzo di una lattina di coca cola. Tutte e tre le offerte naturalmente sono state ben sovvenzionate dai relativi fornitori (la Bmw ha speso 800mila dollari per questa campagna). Il risultato è stato che per il gruppo “ricco” We-chat ha conquistato oltre 200mila utenti, e la BMW ha ricevuto risposte da ben sette milioni di utenti! Meno felice è stato per gli altri gruppi che allo squillo del messaggio si sono visti inseriti nelle categorie più basse suscitando gelosie, ironie, depressioni per il loro stato di “ sottovalutati”. In Cina oggi, avere una capacità di spesa buona, è un vero “status symbol”.
L’articolo é bellissimo anche se, confesso, la mia ignoranza in materia é abissale! Devo rileggerlo per capirci qualcosina!
Comunque: grazie Carlo, con te si impara sempre qualcosa!