La regina che fermò gli Aragonesi e salvò la Sardegna
Articolo di Elvira Amabile – Autore Ospite de La Lampadina e “penna storica” dell’Associazione Marevivo.
A volte sulla spuma delle onde si materializza una figura fatta di vento per svanire lasciando la percezione di un passaggio indelebile ma fuggevole come un lampo.
L’apparizione nel vento di Eleonora d’Arborea racconta l’isola sfumando in mito.
Il vento in Sardegna è sublimazione di fragranze erbose di cui s’inebria attraversando rocce e salsedine.
Il vento di Sardegna è sublimazione di presenze passate mai passate. Presenze.
Gli isolani durante le tempeste credono di coglierne il passaggio, come in altri mari l’olandese volante.
Le riconoscono, ci convivono, stratificando passioni quotidiane e presenze evocate dai venti. Passioni ferme nei secoli come pietre. Misteriose e dure come strutture nuragiche.
A volte seguendo un uccello in volo, magari stesi in barca a prendere il sole con amici, qualcuno competente esclama “guarda..il falco della regina!!”
Gustando una seada, tipica frittella ripiena di formaggio fuso e cosparsa di miele di corbezzolo o addentando un pezzetto di pecorino sardo mentre sorseggiamo un bicchiere di Vermentino fresco, neanche ci chiediamo a chi dobbiamo queste piccole felicità che apprezziamo con lieve inconsapevole indifferenza.
Eleonora, la Giudicessa d’Arborea, immolò tutta se stessa per amore della sua terra e, dedicandosi ad essa con sapiente coraggio e intelligenza, ne segnò la storia.
Siamo nel quattordicesimo secolo, in pieno medioevo. Eleonora sposa di Brancaleone Doria, fu costretta a lasciare la sua dimora di Genova per correre a salvare la sua gente aggredita dagli Aragonesi che volevano impadronirsi del Giudicato. Il giudice d’Arborea Ugone, fratello di Eleonora era stato assassinato con sua figlia Benedetta e gli Aragonesi, profittando di questo vuoto di potere avevano preso in ostaggio il marito di Eleonora, Brancaleone, ritenendo così di impadronirsi facilmente del territorio. Ma la giovane Eleonora non si rassegnò affatto e indomita si mise a capo del Giudicato e radunò un forte esercito reclutando guerrieri in tutta l’isola. Attraversando l’isola a cavallo alla testa dei suoi, corse in armi a fronteggiare il nemico Giovanni I d’Aragona, costringendolo a ripiegare.
Seguì un periodo fortunato per la Sardegna a quei tempi divisa in giudicati amministrativi.
Eleonora riuscì a conquistarli quasi tutti, unificandoli sotto il suo comando. Concludendo anche un trattato di pace con Martino I d’Aragona, successo alla morte di Giovanni, riuscì a tenere a bada gli aggressori. Si dedicò quindi al riordino della Sardegna. Pur restando figlia madre e moglie devota e obbediente, si vestì d’autorità e prese in mano la bilancia della giustizia definendone i principi secondo il suo personale prodigioso intuito.
Perfezionando l’opera iniziata con suo padre, pretese che le leggi fossero scritte nella lingua parlata dal popolo, il dialetto logudorese, e facili da comprendere.
Dovevano passare tre secoli prima che Montesquieu ritenesse importante e ponesse questa come condizione di ogni legge.
La legge di Eleonora “LA CARTA DE LOGO” fu un modello di concisione.
Morì ahimè troppo presto di peste questa donna straordinaria. I sudditi vissero la sua scomparsa come un’altra calamità oltre l’epidemia. Dopo la morte della Giudicessa, gli Aragonesi poterono appropriarsi dell’isola senza neanche combattere.
Eleonora dalla storia è passata nella leggenda. Ma le sua “CARTA DE LOGO” è rimasta in vigore fino all’epoca di Carlo Alberto. Il risultato delle disposizioni provenienti da essa caratterizza tutt’oggi peculiarità e valori della terra Sarda. Ebbe intuito e sensibilità ambientaliste preziose, sorprendenti per l’epoca e valide nei secoli a venire.
Sarebbe auspicabile che molti degli attuali capi delle istituzioni avessero questa passione per la salvaguardia e capacità di valorizzazione dei territori che amministrano.
Il falco della regina, falco eleonorae, è una specie che nidifica sulle coste a sud della Sardegna e migra nel Madagascar. La sua sopravvivenza è dovuta ad un editto che vietava l’asportazione delle uova dai nidi e la cattura dei piccoli esemplari vittime del bracconaggio. I falconieri li impiegavano nella caccia. Propagò la coltivazione delle viti. Ebbe cura per la conservazione delle razze dei cavalli. Le ordinazioni agrarie furono indirizzate alla protezione delle greggi, degli armenti, alla produzione e diffusione dei prodotti caseari, che fin dall’epoca romana rifornivano il continente. Si adoperò per valorizzare e proteggere gli alveari e la produzione del miele, allora come oggi prezioso apprezzato alimento. La distribuzione delle acque fu organizzata e regolata mirabilmente in quel difficile aspro territorio. Anche le leggi sulle eredità furono indirizzate verso una più giusta tutela delle donne.
Questi sono solo alcuni dei più significativi argomenti codificati nella “CARTA DE LOGO”.
Eleonora D’Arborea fa parte oramai della storia gloriosa della Sardegna. Ogni anno viene commemorata in folcloristiche feste paesane. Durante la Sartiglia di Oristano viene eletta una bella fanciulla che la impersona.
Viene altresì evocata da antiche superstizioni che ne percepiscono attraverso il vento la presenza ariosa e magica su scogliere e spume di mare.
“Eleonora ha lasciato nel suo regno tracce più durevoli della laude o dello spregio dei contemporanei: le sue vittorie e il suo codice. Donna di grande cuore, seppe muovere e trattar l’arme. Donna d’animo virtuoso innalzossi alla fortezza virile senza obbliare le doti del proprio sesso e tuttavia giudicare delle cose di stato quanto davano i suoi tempi. Sovrana mostrò di possedere le virtù tutte dei regnanti: la superiorità del coraggio, la fermezza, il valore della persona, per cui espose se stessa nei cimenti guerreschi, quello del consiglio, che le fè sempre indirizzare i suoi soldati alla vittoria. Legislatrice ebbe il raro vanto di concepire e condurre a compimento il nobile pensiero della promulgazione di un codice” (Storia di Sardegna G. Manno)