Articolo di Giovanni Zezza – Autore Ospite de La Lampadina
Nel corso degli anni le app sono passate dall’essere un gioco per smanettoni a parte della vita di tutti i giorni, per tutti, cambiandola radicalmente. E cambiando il modo in cui ci relazioniamo non solo alla quotidianità ma anche alle aziende.
Vi ricordate quando disperati cercavamo le vie sui Tutto Città che erano perennemente stropicciati e il nostro indirizzo ovviamente tra una pagina e l’altra?
E quando ci sembrava futuristico avere un parallelepipedo che dava indicazioni con la suadente voce di una speaker che dà indicazioni stradali?
Chi di noi ha ancora un Tom Tom o un TuttoCittà, quando sui nostri smartphone regna sovrano Google Maps che ti porta in tutto il mondo, gratis, senza dover nemmeno acquistare le mappe per i paesi esteri?
Ma le app sono diventate talmente parte della nostra vita che ora è possibile anche fare un’azione tanto quotidiana come pagare il parcheggio con MyCicero, dove si carica facilmente del credito e si va ad esaurimento. Non ci sono più scuse per non pagare: non hai spicci, la colonnina del parchimetro non prende le carte ma sicuramente hai uno smartphone da collegare.
Cerchi l’autobus giusto per muoverti in una città che non sia la tua, da Canicattì a New York? Ecco CityMapper, la app che ti guida nei trasporti urbani in tutto il mondo.
Ti senti invece più chic e non vuoi prendere quello che viene definito il “trascina-poveri” e vuoi una macchina solo per te?
Nessun problema, puoi usare il celeberrimo Uber – attiva in Italia a Milano e a Roma – se vuoi una berlina con autista privato (e all’estero anche delle versioni più economiche) oppure MyTaxi– attiva a Milano ma presto potrebbe sbarcare altrove, dicono i ben informati – se vuoi usare il classico taxi: sai chi è il tuo driver, puoi valutarlo, puoi valutare la sua cortesia e la pulizia della sua auto e addirittura sapere in anticipo quanto spenderei: trasparenza e comodità, tutto in uno smartphone.
Addio tracotanza dei tassisti: se vuoi lavorare, devi fornire un servizio di livello.
Impensabile solo 10 anni fa.
E il mondo del cibo non è da meno.
Se vuoi mangiare senza muoverti da casa, ci sono app come Just Eat o la più premium Deliveroo, di recente sbarcata in Italia, prima a Milano e in questi giorni anche a Roma.
Il funzionamento è semplice anche se sono due modelli di business molto diversi.
Just Eat è quello che si definisce un market place, ossia uno spazio che viene “affittato” ai ristoratori che già effettuano già consegne a domicilio per entrare in contatto con utenti affamanti. Just Eat quindi è un aggregatore, nessun coinvolgimento diretto nella consegna. Deliveroo, invece, è un’azienda di logistica, non un market place: le consegne le fanno i loro driver, i ristoranti che si vedono sulla app o sul sito sono solo i migliori della zona in cui ci si trova (posti dove andremmo a cena per intenderci), il tragitto del driver che trasporta il cibo che hai ordinato è pienamente tracciabile sulla app con un’indicazione in tempo reale di quanti minuti mancano alla consegna, la consegna è garantita nel tempo segnalato sul sito e in una media di 32 minuti. E se qualcosa va storto, ecco piani di rimborso parziale o totale in base al disservizio.Insomma mai più pizze fredde, mai più chiedersi “dove si trova il nostro ordine?”, mai più “come ci arrivo?” o “come lo pago?
In altre parole, le app hanno reso la nostra vita di clienti e consumatori migliore e obbligano le aziende ad essere molto più trasparenti, cambiando il modo in cui fanno business.
Ma c’è chi dice che le app sono già il passato.
E sono gli stessi che 10 anni fa dicevano che erano il futuro.
Forse bisogna credergli.