Emoticon o smile, sono le spassose faccine con le quali, chi le manda, vuole raccontare qualcosa del proprio stato d’animo, o rafforzare o ingentilire il testo del messaggio. Sono entrate così fortemente nel sistema dei messaggi, via telefonino, che vengono inviate anche a se stanti; spesso, sono cosi significative da provocare un sorriso, una preoccupazione o anche un senso di tristezza a seconda delle espressioni scelte e naturalmente dalla provenienza.
Emoticon: il nome nasce dall’accostamento delle parole “emotion” e “icon” e sta ad indicare proprio un’icona che esprime emozioni a caratteri digitali. La prima faccina sorridente, sembra, sia stata “inventata” da un disegnatore americano certo Harvey Ball nel 1962 per risollevare il morale dei dipendenti di un‘azienda in difficoltà.
Il grande successo è iniziato poco prima degli anni 2000, primo il Giappone e poi tutti gli altri, oggi sono i milioni i messaggi scambiati che contengono le famose faccine e sono entrate prepotentemente in un sistema di linguaggio sempre più comune.
A noi, un po’ datati, questo modo di comunicazione ci appare come cosa divertente, piacevole e senza alcuna pretesa. Ma tutto questo nuovo mondo ha sollevato un dibattito molto acceso tra i ricercatori gli studiosi, i linguisti sul modo di interpretare e quindi classificare, codificare questo originale sistema di linguaggio.
Il grande sconcerto lo ha creato l’Oxford Dictionary una istituzione, questa, che ogni anno proclama la parola dell’anno e che nel 2015 ha eletto vincitrice una non parola, cioè una faccina sorridente con lacrime di gioia che le scendono dagli occhi.
Il problema è, quindi, prepotentemente entrato nelle discussioni di molti ma sopra tutto di chi decide la lingua scritta dei sistemi informatici di tutto il mondo. E’ infatti il consorzio Unicode, un ente che ha creato il cosiddetto unicode standard che regola ogni sistema di scrittura e che si occupa della codifica degli alfabeti antichi e moderni così come delle lingue simboliche come la matematica e la musica.
La guerra è scoppiata al suo interno tra i tradizionalisti da una parte e i progressisti dall’altra. I tradizionalisti sono rivolti alla ricerca in merito alle lingue tradizionali o a quelle antiche con processi di scrittura che finora non sono stati mai codificati e che spesso riguardano linguaggi solo parlati. I progressisti vorrebbero dare più importanza a sistemi più moderni, e concentrarsi sulle faccine che fanno parte di un linguaggio nuovo più snello e di più facile comprensione.
La contrapposizione è forte tanto che per le nuove faccine prima di essere codificate, viene richiesto un approfondito esame. Una nuova da codificare e renderla disponibile ai sistemi informatici, deve passare dalla approvazione di questionario iniziale di 53 domande, un saggio di 300/500 battute e tanti dibattiti interni prima della definitiva omologazione.
Quando con un click mandate la vostra semplice faccina sorridente, avevate mai pensato alle tante complicazioni per renderla accessibile sui vostri pc i pad e telefonini?
Ciao Pinzi,
Tu con il Tuo spiritaccio, raccontaci un fatto divertente dovuto alla mala interpretazione delle faccine…
A presto
Carlo
Bravo Carlo! L’argomento è un’ottima scelta e di grande attualità anche se mi pare rubato al repertorio della nostra amabile e amata Lalli!
Personalmente avrei aggiunto che, dato il progressivo e massiccio sostituirsi al telefono dei nuovi mezzi di comunicazione quali la posta elettronica e il whatsapp, la faccina in molti casi è diventata addirittura indispensabile.
Venendo a mancare infatti l’intonazione della voce o il suono della risata o il ringhio dell’incazzatura, si rischia di prendere delle cantonate pazzesche che possono degenerare in rancore e permale.
E questo, per esperienza personale, devo dire che è accaduto spesso! 🙂