La guerra che infuria da due anni in Yemen è una guerra tipica dei nostri giorni: i civili vengono uccisi, si trovano a doversi spostare in massa, sono affamati e privi di cure.
La stampa internazionale è molto cauta e parla poco di questo conflitto. In luglio scorso l’ONU ha denunciato un bombardamento dell’aviazione Saudita su civili in fuga.
Se ne è parlato poco o niente.
Il paese è alle corde, sta crollando nell’indifferenza generale e tutto è molto complicato anche perché le fazioni dei ribelli sono affiancate da paesi esteri ed inoltre vi sono rivalità tra gli esponenti politici yemeniti.
In parole povere, abbiamo da una parte la coalizione dei Paesi Arabi soprattutto l’Arabia Saudita che appoggia l’ultimo Presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi eletto nel 2012 a seguito della transizione voluta dai paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Dall’altra parte i ribelli Houti (sono sciiti e sono anti imperialisti, anti sionisti e antisemiti: il 35-40% di questa fazione si trova in Yemen) e sono legati al precedente Presidente Saleh e sono sostenuti dall’Iran.
La popolazione yemenita paga un prezzo altissimo in questo conflitto.
Circa il 60% dei 10.000 morti di questi due anni di guerra, sono civili. Il Paese sta attraversando una delle più terribili epidemie di colera, mai viste sul pianeta (300.000 persone malate). Inoltre i bombardamenti della coalizione Saudita, sulle rive del Mar Rosso rischiano di privare la popolazione di cibo. Al momento l’assenza totale di dialogo tra le parti belligeranti non può che aggravare e prolungare le sofferenze di questo popolo la cui terra è terreno di sfida tra l’Arabia Saudita e l’Iran per il controllo del Medio Oriente.
Lo Yemen si trova in posizione strategica, sulla punta della penisola arabica e controlla metà dello stretto di Bab el Manded che collega il Mar Rosso con il golfo di Aden (importante via commerciale anche per petrolio).
Arabia Saudita e Iran vogliono tutti e due mantenere la loro influenza in un paese del Golfo.
Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, sono dalla parte Saudita, la Russia dalla parte Iraniana. Tutti al momento sono passivi, tranne il Presidente Donald Trump, che tanto per buttare benzina sul fuoco ha espresso con entusiasmo il suo sostegno ai Sauditi.
Mettere fine a questa guerra, non sembra una priorità per nessuno. Le conseguenze di questo conflitto, difficili da prevedere, potrebbero essere gravi. In un paese stremato, che ha conosciuto più anni di guerra che di pace, Al Quaeda, è già presente nella parte meridionale del paese con una potentissima cellula che progetta attentati all’estero. Le cellule di Al Quaeda, potrebbero proliferare, così come quelle dell’ISIS. Parlare di fondamentalismo islamico significa parlare di salafismo, che nasce dal pensiero sunnita anti occidentale e che intorno al 1970, diventa estremista. Il salafismo si radica in quelle zone controllate dalla coalizione Saudita ed è terreno di coltura del jihadismo.
La violenza ed il terrorismo potrebbero moltiplicarsi e generare nuovi conflitti.
Brava Carlottina Buon articolo.
Situazione drammatica.