Il bilancio complessivo delle manifestazioni di protesta svoltesi in diverse città iraniane è di 22 morti e 3.700 persone arrestate dal regime.
La legalità e la repressione hanno vinto. I reazionari ed i conservatori, esultano, la ribellione popolare è conclusa. Si è conclusa frettolosamente, non solo con l’intervento delle spietate guardie rivoluzionarie ma anche per precisa volontà del Presidente Rohani, convinto che questa fiammata, sia stata scatenata da troppi attori o manipolatori.
Ultimamente nella storia iraniana non c’è mai stato un governo che cercasse di lavorare per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. E’ ormai convinzione diffusa degli iraniani che chi arriva al potere vuole solo arricchirsi. Sono delusi e sfiancati dalla difficoltà della loro vita. Nelle ultime elezioni, 14 milioni di persone, non andarono a votare.
Ma è soprattutto la corruzione dilagante che alimenta nel popolo un sentimento di delegittimazione del regime.
La corruzione, ha raggiunto livelli inimmaginabili ed oggi si estende all’intero apparato statale; i funzionari sanno che non è possibile fare una vita decente con due salari in famiglia e perciò le tangenti sono necessarie per una sopravvivenza dignitosa. Questa situazione è la base della delegittimazione del regime.
Le manifestazioni di protesta di dicembre 2017 chiedono la fine del regime non tanto a favore della democrazia ma perché non nutrono più alcuna speranza che la teocrazia possa soddisfare i bisogni delle categorie più fragili, i quali non riescono più ad affrontare il prezzo del pane. E’ stata una rivolta di poveri e anche classe media ma soprattutto poveri, che testimonia la miseria e l’abbassamento della qualità della vita in una società in cui le rendite petrolifere arricchiscono le “elite” attraverso la corruzione. I potenti costringono la popolazione ad una lotta quotidiana contro le trappole della povertà, contro il carovita, la disoccupazione e la tossicodipendenza.
In questo scenario le libertà individuali, politiche, sociali, diventano beni di lusso. Si dice anche che queste manifestazioni di protesta siano state pilotate dalla CIA e dal Mossad. In particolare, parrebbe che alla Casa Bianca sarebbe auspicato un cambio di regime. Quello che è certo è che nel Medio Oriente si sta svolgendo una partita geopolitica. Naturalmente questo intervento della CIA e del Mossad è solo un sospetto e dobbiamo coltivare la virtù del dubbio.
Il regime è screditato e tiene solo con la repressione. Le rivendicazioni sociali ed economiche della popolazione si accompagnano alle critiche alla politica estera. L’Iran è impegnato su molti fronti dato che sta lottando contro l’Arabia Saudita per il predominio del Medio Oriente. Da qualche anno l’influenza iraniana, nei paesi del Medio Oriente è sempre più forte.
L’Iran è presente in Iraq, in Siria dove sostiene Bashar Al Assad, anche per non perdere d’occhio Al Tanf, una delle porte del Medio Oriente. Chi controlla Al Tanf controlla la regione: la più ricca al mondo di gas e petrolio. Al Tanf si trova a sud della Siria, a pochi chilometri dal confine con l’Iraq. In questa zona si incontrano tre paesi: Siria, Iraq e Giordania. Ad Al Tanf, c’è una base militare dove sono presenti militari americani, inglesi e norvegesi; ufficialmente addestrano i ribelli dell’Esercito siriano libero. Fuori, a meno di 20 chilometri è schierato l’esercito del presidente siriano Bashar Al Assad composto da milizie sciite finanziate dall’Iran Si tratterebbe di circa 18.000 uomini, ma questa è un’altra storia…
L’Iran sostiene l’organizzazione libanese degli Hezbollah (“partito di dio” organizzazione terrorista libanese creata nel 1982 dai Pasdaran iraniani). Sempre tramite Hezbollah, Teheran minaccia Israele e si garantisce il controllo del sud del Libano, che dista 250 km da Israele e una profondità strategica che raggiunge il Mediterraneo ed è soprattutto per questo che la Repubblica Islamica sta lavorando a pieno ritmo per garantire il regime siriano); inoltre sostiene i ribelli Houti nello Yemen, l’organizzazione palestinese Hamas.
Tutto ciò ha un costo nel bilancio di uno Stato, difficile da valutare. Si dice che le spese militari siano lievitate del 125% e si parla di vari miliardi di dollari, senza contare investimenti come le armi, i salari di decine di migliaia di combattenti, le opere di ricostruzione.
Gli iraniani sostengono che il bilancio dello Stato destinato ad altri Paesi dovrebbe essere usato per alleviare i problemi degli iraniani più deboli. Gli iraniani si sentono traditi, Il progressivo ritiro delle sanzioni, dopo l’accordo sul nucleare non ha ancora dato i suoi frutti come aveva promesso Rohani mentre l’impegno finanziario all’estero non ha smesso di aumentare. Il regime ha spesso giustificato gli interventi nella regione dicendo di voler proteggere i siti religiosi dai terroristi ”wahabiti” Argomento che fu avvalorato dall’ascesa dell’ISIS alle porte dell’Iran. Oggi molti iraniani sono contrari all’intervento in Siria e si chiedono dove erano questi religiosi da proteggere come sosteneva il regime? Quello che gli iraniani vedono sono foto di bambini siriani straziati.
Gli iraniani hanno capito che il regime è più interessato a proteggere il potere ed a presentarsi come potere forte che ad occuparsi della popolazione. Dopo le manifestazioni di protesta di dicembre 2017, il regime ha inasprito i toni e sembra deciso a non cambiare posizione.
Brava Carlotta, molto chiaro ed ‘illuminante’
Grazie cara Manuela per il tuo apprezzamento. Se l’articolo era “illuminante” si trova proprio al posto giusto! Sulla nostra “La Lampadina ::: Periodiche Illuminazioni”; proprio il suo posto!