Già all’alba del mondo antico, la voglia di possesso e l’avidità dei personaggi più influenti, nell’ambito della loro civiltà, si rivolgevano ad alcuni oggetti realizzati con materiali preziosi: servivano ad affermare la potenza di chi riusciva ad appropriarsene ed a rappresentare autentici “status symbol”. L’oggettistica di lusso esprimeva, non solo il massimo del benessere, ma anche l’estrema raffinatezza di un artigianato artistico che ancora oggi riesce a sfidare i secoli: vasellami in oro, in argento, oggetti in avorio, in ambra, in porfido, con pietre rare ma anche realizzati in uno stranissimo materiale di cui solo ora si è svelato il mistero grazie ad un approfondito studio intrapreso dall’architetto Dario Del Bufalo. Sto parlando di quei preziosi manufatti in pietre maculate descritti da Plinio il Vecchio nel XXXVII libro della “Naturalis Historia” realizzati in una materia chiamata la “murrina vasa”.
Si sa che, per quegli oggetti costosissimi e ambitissimi, i magnati della Roma imperiale erano pronti, per entrarne in possesso, a sborsare cifre folli. Si dice che nel 63 AC Pompeo Magno scatena una guerra contro Mitridate VI re del Ponto per impossessarsi della sua leggendaria collezione di oggetti in pietre maculate; che Nerone acquista una tazza dello stesso materiale per un milione i sesterzi; che Tito Petronio distrugge un mestolo da vino murrino valutabile sino a 300.000 sesterzi pur di evitare che Nerone se ne appropriasse.
Sembra che la murrha sia un tipo di agata “speciale”, che proveniva dall’India, nella zona di Barygaza (attuale Broach nel Gujarat) importante porto commerciale che si affacciava sul golfo di Khambhat. Si sa che era sottoposta a trattamenti particolari, cotta «nel miele, resine e acidi per renderne più intenso il colore dando vita a svariatissime venature policrome» enfatizzando i suoi pregi estetici. Dopo essere stato sottoposto a una prima cottura, il pezzo giungeva in Carmania (nella provincia di Kerman dell’Iran attuale), tramite le rotte commerciali. Qui era sgrossato e tornito, ben levigato e sottoposto alla tintura a caldo nel caramello di miele. Tinto e semilavorato raggiungeva, poi, il Mediterraneo greco-romano dove veniva scolpito dai maestri di scuola ellenistica per arrivare finalmente sui grandi mercati occidentali del lusso. «Tutto questo basterebbe già da sé a rendere ragione dell’altissimo prezzo di questi manufatti nel mondo romano» osserva Del Bufalo. Plinio ci dà una descrizione estesa e completa delle caratteristiche del materiale di cui erano fatti i vasa murrina e ci spiega con chiarezza che “ad avere valore è la varietà dei colori… come quelli che si osservano nell’arcobaleno”.
Sono oltre 300 gli oggetti della preziosa materia esistenti ancora oggi nei musei di tutto il mondo. Il Louvre ne possiede un’ammirevole collezione. L’esemplare più straordinario, comunque, è la celebre Tazza Farnese, un capolavoro di valore inestimabile fabbricata ad Alessandria d’Egitto tra il III e il I secolo a.C. molto probabilmente appartenuto a Cleopatra e realizzata per celebrare la famiglia dei Tolomei. Il magnifico oggetto avrà vicissitudine delle più incredibili. Un’avventura senza pari: dopo quelle di Cleopatra, passa per le mani di Augusto, Nerone, Costantino, Federico II, Alfonso d’Aragona, Sisto IV, Lorenzo il Magnifico, Margherita d’Austria, Elisabetta Farnese e Carlo di Borbone.
Miracolosamente sopravvissuto agli innumerevoli spostamenti (sono oggetti di estrema fragilità), nel 1965, la teca dov’era custodita, venne frantumata dall’esuberanza di un custode che la colpì con un ombrello e, facendola cadere a terra, la preziosissima coppa si ruppe in dodici pezzi. Per fortuna, dopo un accurato restauro, la tazza si può ammirare ancora ora nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli dov’è custodita. Un sorprendente destino.
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