Articolo di Nicoletta Fattorosi Barnaba – Autore Ospite de La Lampadina
E’ un gran gusto er viaggià’! St’anno sò stato
Sin a Castel Gandorfo co Rimonto.
Ah! Chi nun vede sta parte de monno
Nun za nemmanco pe che cosa è nato.
Cianno fatto un ber lago, contornato
Tutto de peperino, e tonno tonno,
congegnato in maggnera che in ner fonno
ce s’arivede er monno arivortato.
Se pescheno lì certe alicete,
co le carocce, nun te fo bucia,
comme vemmariette de rosario.
Nel 1818,Giuseppe Gioacchino Belli, in gita ai Castelli, entusiasta di quei posti, compone questo sonetto intitolato “Er viaggiatore”, in cui decanta le bellezze del lago e del paese di Castel Gandolfo, comune che si trova a 426 metri sul livello del mare, nel territorio dei colli Albani a ridosso del lago di Albano, detto anche lago di Castel Gandolfo. Il nome deriva dalla famiglia dei Gandolfi che, dal IX secolo fino al 1200, sono i signori del posto. Con alterne vicende arriviamo al possesso del luogo da parte di Papa Clemente VIII. Nel 1604 entra a far parte del dominio temporale della Chiesa. La fama e l’abitudine dei pontefici di soggiornare in questo luogo si deve a papa Urbano VIII Barberini (1623-1644), che ha un rapporto personale di amore nei confronti del posto, tanto da lasciare semplici, ma idilliaci versi:
Qui dove il lago Alban le limpide onde
In vago giro accoglie
il sol per l’aria i raggi d’or diffonde.
S’ammantan gli arborei di verdi fronde,
di fiori il prato e ‘l ciel di bel sereno,
dolce mormora l’aura a cui non meno
in dolci note il rossignol risponde..
Trasferirsi dal Vaticano di Roma alla cittadella pontificia di Castel Gandolfo nei tempi passati è considerato un viaggio lungo e avventuroso, che il pontefice fa in carrozza. Ovviamente non si sposta mai da solo e la fila di carrozze che lo seguono forma il “treno del papa”. Tre sono i treni di cui si serve e si servirà, a lungo, il pontefice nelle diverse circostanze: il treno di campagna, quello di mezza gala e quello di gala. Il primo è anche il giornaliero la carrozza del pontefice è seguita da due carrozze, una dell’elemosiniere e l’altra dei camerieri. Avanti e dietro picchetti di dragoni e guardie nobili circondano la carrozza del papa.
Il treno di mezza gala è più sontuoso. Per le strade dove deve passare il papa si getta preventivamente la pozzolana, perché la carrozza subisca pochi scossoni. Aprono il corteo due dragoni che si fermano agli sbocchi delle strade per impedire alle vetture di entrare nella via dove deve passare il papa. Viene poi il battistrada, ed è seguito a poca distanza da due dragoni a passo moderato. Segue poi una carrozza di palazzo, con i servitori in piedi, dove siede il vescovo elemosiniere ed il vescovo sagrestano del papa. Dietro quella carrozza procede un picchetto di guardie nobili, poi viene la carrozza papale assai più bella della ordinaria, tirata da sei cavalli neri, con finimenti di velluto guarniti di metalli dorati. Alle due portiere, due ufficiali della guardia nobile; in carrozza col papa siedono Monsignor maggiordomo e Monsignor maestro di camera; altre quattro o sei carrozze, di colore viola o nere, piene di prelati e camerieri formano il seguito, che è chiuso da un nutrito picchetto di dragoni.
Il treno di gala poi supera qualunque immaginazione. Un picchetto di 24 carabinieri a cavallo apre il corteggio; segue il battistrada; poi un picchetto di guardie nobili in uniforme di gala, il treno è formato da una decina di carrozze, chiuso da un picchetto di dragoni. Tutta la strada per la quale deve passare il corteggio è sparsa di pozzolana perché la carrozza possa passare “più chetamente” come scrive un cronista nel 1882.
Per arrivare dal Vaticano a Castel Gandolfo occorreva fare almeno tre tappe. Dopo la prima sosta di preghiera alla basilica di San Giovanni in Laterano, il “treno pontificio di campagna” proseguiva lento e solenne nella campagna romana avvolto nel polverone che sollevava al suo passaggio. Il “convoglio”, era costituito da tre grandi carrozze con al centro quella del papa tirata da sei cavalli. Queste erano scortate da altre otto carrozze più piccole e relativi cavalleggeri. Seguivano palafrenieri a cavallo, aiutanti di camera, coadiutori, decani, e dodici svizzeri che marciavano gravemente a piedi. Un corteo che contava almeno centocinquanta persone.
La seconda sosta avveniva una decina di chilometri più avanti, alla Torre di Mezza Via di Albano, sulla via Appia, dove si cambiavano i cavalli e i viaggiatori venivano confortati con un sostanzioso rinfresco.
Presso la salita delle Frattocchie il corteo, avvistato dal castello, conclude il viaggio tra feste e spari. L’arrivo è preceduto da araldi, contornati da ragazzini che inneggiano al papa e invitano la popolazione a sistemarsi per le vie e sulla piazza per accogliere degnamente il pontefice.
Con i primi albori del ‘900, il “treno” pontificio si andò gradualmente assottigliando fino a ridursi ad una sola vettura; una severa berlina nera targata S.C.V. 1, a bordo della quale il papa viaggiava quasi in incognito.
Attualmente, le cose sono cambiate e dal 1975 il papa dispone di un confortevole elicottero che, nel giro di una ventina di minuti copre lo stesso tragitto che la carrozza percorreva, soste comprese, in 3 o 4 ore.
Storia breve ed esaustiva, degli inevitabili mutamenti, attraverso i secoli, del tradizionale viaggio papale. Dalla carrozza all’elicottero.
Molto curioso e interessante! Non sapevo niente di questi particolari.
Molto particolare e interessante