Età media? In sensibile aumento. Molte cose ovviamente sono cambiate, la medicina ha fatto e fa passi da gigante: di anno in anno vengono combattute con maggior successo malattie che una volta erano assolutamente inguaribili. La mortalità infantile nei nostri Paesi è un incubo sconfitto, anche se, purtroppo, permane feroce nei Paesi in via di sviluppo. Viviamo tanto, tantissimo. Seguiamo con attenzione i dettami dei medici che raccomandano cibi appropriati, molto moto, evitare lo stress (sì, ma come si fa?) e così piano, piano, stiamo raggiungendo età impensabili fino a qualche generazione fa. Ma tutto ciò avviene con l’evidente compagnia di qualche inevitabile acciacco. Se cadiamo ci rompiamo con facilità. Siamo circondati di ginocchia indebolite, femori aggiustati, menti, a volte, vacillanti. Ci arrabbiamo di questi incidenti di percorso e a volte non ci rassegniamo.
Ma… le automobili, anche le più prestigiose, hanno bisogno di revisioni annuali, di essere seguite anno per anno provvedendo quando necessario, alla sostituzione di parti meccaniche a volte, o elementi all’impianto elettrico, o centralina (ed allora sono guai). Dopo un certo numero di anni non c’è più nulla da fare: l’auto va rottamata. Le riparazioni non valgono la spesa, i pezzi di ricambio introvabili perché oramai l’auto è fuori commercio.
Possiamo considerarci alla stessa stregua? Il nostro corpo è stato forse progettato e studiato per una durata di anni che ora superiamo abbondantemente. Se fossimo un’auto dopo aver superato moltissime revisioni (check per noi) e cambi di pezzi (femori, ginocchia, fegato, cuore), saremmo già parte di un mucchio di rottami. Invece mal di schiena, ossa fragili, mente in libertà… ma siamo qui. Non gettati, non rottamati, anzi tuttora in circolazione e in uso.
Se fossimo un barattolo, già dai nostri cinquanta anni avremmo scritto in fronte “da consumare entro l’anno” e invece procediamo spediti incuranti della scadenza.
Ma noi siamo anche ALTRO. Mens (quasi) sana in corpore (in scadenza). Non ricordiamo un sacco di cose: il titolo del film di ieri, l’autore del libro di oggi, i compleanni e… tantissimo altro. Ne accusiamo gli anni, la mancanza di allenamento del cervello, e ce ne facciamo una ragione. Non funzioniamo come una volta. Mi è stato regalato recentemente un libro LA LINGUA GENIALE con un sottotitolo preoccupante: “9 ragioni per amare il greco”.
Accettato con un ringraziamento formale. Che ne farò? Che idea! Il greco. Credo che non avrò alcuna voglia di affrontarlo. Ma, a corto di letture più frivole, una sera l’ho aperto e l’ho divorato.
L’autrice, Andrea Marcolongo, con profonda leggerezza ci fa rivivere la nostra adolescenza. Le spiegazioni dei mille motivi per cui dovremmo amare questa lingua vengono accompagnate da testi originali confortati da traduzione a fronte. Sembra impossibile ma, a distanza di tanti anni, la nostra comprensione ora è addirittura maggiore di quella di secoli fa, quando lo studiavamo per ore. Ritroviamo l’ottativo (ricordate? C’è addirittura quello della possibilità e della impossibilità, del desiderio cioè realizzabile o assolutamente irrealizzabile) e l’aoristo. Riusciamo a ricostruire le frasi che in greco sono costruite in totale libertà: una macedonia di parole. Tanti anni fa una fatica enorme mentre ora, con l’aiuto del testo a fronte, la nostra mente saltella leggera sulle frasi di Platone e di Senofonte. Questo cervello che non ha visto un testo greco da molti decenni ha come da lontano ed in silenzio nel tempo acquisito una maturità che gli permette di risolvere. Come se negli anni avesse digerito nozioni e capacità.
“Abbiate pazienza, stiamo lavorando per voi”, ci hanno comunicato le menti che credevamo a riposo.
Sono stupita. Contenta. Pazienza per il film di ieri “Bello ma che cosa era?” Pazienza per il libro appena finito “Interessante ma chi lo ha scritto?” Sappiamo che la memoria recente ha dei vuoti a favore di memorie antiche. Ma che questo potesse anche riguardare una lingua di tanti anni fa pare miracoloso.
Grazie Andrea. A proposito, è una scrittrice. Deve il suo nome, maschile in Italia, ad un vecchio capriccio paterno per cui ha un po’ sofferto durante la scuola e che le ha fatto in seguito ricevere la cartolina per partire militare!
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