di Salvatore Satta.
Straordinario narratore Satta, ci racconta storie di vivi e di morti, perché la narrazione è l’arma che nega l’oblio, la memoria consegna ai vivi i destini di chi si è spento e sceglie come ambientazione Nuoro, “risultante burocratica dei successivi padroni che hanno accatastato la Sardegna“. Alle sue pagine conferisce la dignità dell’epica ed il respiro dei grandi momenti di riflessione morale. Nel condurci per un lungo tratto di storia isolana dipana, con stuporosa eleganza di forma e parola, i temi fondanti del vivere sociale: l’istruzione, il lavoro, la politica, la lotta di classe, i rapporti tra stato/chiesa e quelli tra laici e clero ma anche la trasformazione del territorio, l‘arrivo della luce elettrica che accende -è proprio il caso- emozioni contrastanti, attrae e sgomenta insieme.
Satta parte dalla riflessione sull’ individuo che poi allarga alla famiglia ed ai rapporti tra le famiglie della comunità nuorese, dove tutti sono legati ma altrettanto divisi, perché ogni uomo per essere tale deve avere almeno una causa legale in corso, perché il diritto investe l’uomo di una dignità che, superando il valore del “giudizio finale”, lo consacra attore.
L’intero romanzo ruota attorno al concetto di “diritto”.
Nel caso di Donna Vincenza è la sottrazione del diritto al possesso, alla proprietà anche delle proprie cose. È così costretta a rubacchiare poche monetine nel taschino del panciotto di Don Sebastiano, il quale però – uomo di diritto – nulla negherebbe alla moglie, ma solo come atto di personale liberalità.
Figura magnifica, isolata e monumentale quella di Donna Vincenza, un monolito dell’isola di Pasqua, solida e fissa al centro della casa prigione, potente e tellurica perché, anche con vista annebbiata ,intelligente anzi intelligentissima delle cose che accadono ai suoi e nel mondo, grazie alla luce che le viene dalla riflessione e dall’amore materno. Sarà proprio lei a dire la cosa più sensata, stupendo tutti, al momento dell’ingresso in guerra dell’Italia: la nazione non può permettersi una guerra e lei non poteva permettersi di perdere i suoi figli. Risarcitoria di una vita la vittoria che il tempo le concede sul marito, un Don Sebastiano invecchiato ed affaticato, che lei ignora, non lo degna di ascolto , è solo una voce del passato. Satta emancipatore femminista, anche.
C’è poi Il diritto all’istruzione che porta nelle aule un’eterogenea classe di futuri professionisti e futuri braccianti ed allevatori, diretti da un corpo insegnante altrettanto composito. Indimenticabile, per me, Maestro Manca che si scalda e dormicchia accanto al caminetto, acceso con la legna portata clandestinamente dagli allievi.
Il diritto popolare alla crescita sociale (quindi al benessere) passa attraverso la delega ai politici e sono pagine superlative quelle dei comizi elettorali, a cui ci si reca vestiti a festa, come ad un matrimonio o ad un funerale, pagine che ci fanno riflettere sull’ esercizio della manipolazione.
Ogni momento della vita è legato ad un rito e massimamente la sepoltura, così il “Corso” cittadino, metafora del cammino di una vita, può essere interdetto o eccezionalmente aperto al passaggio di un feretro, mentre il canonico- in testa al corteo -allunga o taglia le orazioni funebri in funzione del “diritto di casta”.
Espressione di casta, Don Sebastiano conosce a fondo la legge, gode della conoscenza tecnica del diritto e come Notaio ha in mano l’arma definitiva della ratifica, del qui e dell’ora, non legge un libro ma ne scriverà una raccolta, ovvero i faldoni delle stipule. È un uomo che cerca solitudine e silenzio, soprattutto in famiglia, autoritario non accetta il contradditorio, vuole la ricchezza per sé ed i suoi figli e con calcolata disinvoltura usa anche metodi spicci ma non illeciti, è avido di beni ma solo come segni tangibili ed inequivocabili della sua capacità professionale.
Ho amato, mi sono entusiasmata e commossa leggendo la prima volta questo romanzo e rileggendolo ancor di più apprezzo la sua profondità e compiutezza, è come un grande vino da meditazione o un superbo affresco, andrebbe letto e riletto con attenzione,è comunque tra i grandi capolavori letterari.
Satta parte dalla riflessione sull’ individuo che poi allarga alla famiglia ed ai rapporti tra le famiglie della comunità nuorese, dove tutti sono legati ma altrettanto divisi, perché ogni uomo per essere tale deve avere almeno una causa legale in corso, perché il diritto investe l’uomo di una dignità che, superando il valore del “giudizio finale”, lo consacra attore.
L’intero romanzo ruota attorno al concetto di “diritto”.
Nel caso di Donna Vincenza è la sottrazione del diritto al possesso, alla proprietà anche delle proprie cose. È così costretta a rubacchiare poche monetine nel taschino del panciotto di Don Sebastiano, il quale però – uomo di diritto – nulla negherebbe alla moglie, ma solo come atto di personale liberalità.
Figura magnifica, isolata e monumentale quella di Donna Vincenza, un monolito dell’isola di Pasqua, solida e fissa al centro della casa prigione, potente e tellurica perché, anche con vista annebbiata ,intelligente anzi intelligentissima delle cose che accadono ai suoi e nel mondo, grazie alla luce che le viene dalla riflessione e dall’amore materno. Sarà proprio lei a dire la cosa più sensata, stupendo tutti, al momento dell’ingresso in guerra dell’Italia: la nazione non può permettersi una guerra e lei non poteva permettersi di perdere i suoi figli. Risarcitoria di una vita la vittoria che il tempo le concede sul marito, un Don Sebastiano invecchiato ed affaticato, che lei ignora, non lo degna di ascolto , è solo una voce del passato. Satta emancipatore femminista, anche.
C’è poi Il diritto all’istruzione che porta nelle aule un’eterogenea classe di futuri professionisti e futuri braccianti ed allevatori, diretti da un corpo insegnante altrettanto composito. Indimenticabile, per me, Maestro Manca che si scalda e dormicchia accanto al caminetto, acceso con la legna portata clandestinamente dagli allievi.
Il diritto popolare alla crescita sociale (quindi al benessere) passa attraverso la delega ai politici e sono pagine superlative quelle dei comizi elettorali, a cui ci si reca vestiti a festa, come ad un matrimonio o ad un funerale, pagine che ci fanno riflettere sull’ esercizio della manipolazione.
Ogni momento della vita è legato ad un rito e massimamente la sepoltura, così il “Corso” cittadino, metafora del cammino di una vita, può essere interdetto o eccezionalmente aperto al passaggio di un feretro, mentre il canonico- in testa al corteo -allunga o taglia le orazioni funebri in funzione del “diritto di casta”.
Espressione di casta, Don Sebastiano conosce a fondo la legge, gode della conoscenza tecnica del diritto e come Notaio ha in mano l’arma definitiva della ratifica, del qui e dell’ora, non legge un libro ma ne scriverà una raccolta, ovvero i faldoni delle stipule. È un uomo che cerca solitudine e silenzio, soprattutto in famiglia, autoritario non accetta il contradditorio, vuole la ricchezza per sé ed i suoi figli e con calcolata disinvoltura usa anche metodi spicci ma non illeciti, è avido di beni ma solo come segni tangibili ed inequivocabili della sua capacità professionale.
Ho amato, mi sono entusiasmata e commossa leggendo la prima volta questo romanzo e rileggendolo ancor di più apprezzo la sua profondità e compiutezza, è come un grande vino da meditazione o un superbo affresco, andrebbe letto e riletto con attenzione,è comunque tra i grandi capolavori letterari.