SEI GRADI DI SEPARAZIONE – La famiglia Biondo

Ho nostalgia dei viaggi della Lampadina in Sicilia ed in particolare a Palermo. Le tante belle cose, l’entusiasmo di chi era con noi e, appunto la nostalgia, mi hanno convinto a leggere molto sulla città e su quel periodo fantastico a cavallo del ‘900. L’ultimo libro che ho letto è “La Luce è là” di Agata Bazzi, il racconto dell’ultimogenita della famiglia ebrea Ahrens, dall’arrivo a fine ‘800 dalla Germania di Albert Ahrens, suo padre, come semplice venditore di stoffe, il suo successo e la vita trascorsa tra mille avventure proprio a Palermo. Un libro pieno di amore, affetto ed anche dolore.
Nel lungo racconto, tanti i personaggi incontrati da Albert nella Sua vita, tutti i volti più noti della Palermo aristocratica industriale e politica. L’incontro con la famiglia Biondo (i discendenti sono nostri amici) mi ha tuttavia colpito in modo particolare per le lodi che Albert ne tesseva per quanto i tre fratelli andavano facendo per il bene della città.
Ed eccone un breve profilo della famiglia certamente sconosciuto o dimenticato ai più.
Tutto nasce da Salvatore Biondo imprenditore libraio e proprietario di una piccola casa editrice. Salvatore ebbe quattro figli Andrea, Luigi, Eugenio e Teresa (nonna dei nostri amici). Ragazzi tutti ambiziosi e molto volenterosi, che riuscirono a portare la fama e le disponibilità di famiglia a livelli decisamente alti. Con la casa editrice in mano a Eugenio, crearono una collana per ragazzi di quell’epoca, la “Bibliotechina aurea illustrata” che raccoglieva racconti e romanzi di autori come Edmondo De Amicis, Luigi Capuana e Emilio Salgari.
La casa editrice, con il suo lavoro costante si affermò sull’intero “continente” e impensabili per quel periodo, arrivò ad avere 300 dipendenti. Eugenio morì improvvisamente, la casa editrice e il patrimonio si disciolse nelle mani di suo figlio Salvatorino.
Andrea laureato in giurisprudenza e grande amante del teatro convinse i fratelli ad acquistare un’area e costruire il Teatro Biondo, elegante palazzina con ristorante, salone delle feste e un albergo diurno. Da questa prima esperienza ne nacquero molte altre: nel 1914 nasce il Kursaal Biondo diventato cinema Nazionale e poi una sala bingo. Il cinema teatro Imperia in un grande palazzo costruito da un nipote di Salvatore detto Salvatorino. Insieme ai fratelli e al nipote costruì anche il palazzo di piazza Verdi con il Cine-teatro Massimo.

Luigi il secondogenito aveva un carattere solare, non si sposò mai ma ebbe una lunga avventura con una donna sposata e ben conosciuta a Palermo; furono scoperti e il trauma fu tale che Luigi si dovette allontanare dalla città e costretto all’esborso di un notevole somma di denaro necessario per calmare un marito furente. Si trasferì a Roma dove decise di dedicarsi alla finanza. Azioni e molta speculazione su vari fronti che gli procurarono un discreto patrimonio.

Rimase celibe, dopo la sua avventura finita malamente visse esclusivamente per il lavoro e per incrementare il suo capitale. Il suo grande progetto era creare nella sua città opere assistenziali di ogni tipo e che rimanessero nel tempo. Così, tornato a Palermo costruisce e dona alla città ben quattordici complessi assistenziali, tutto a proprie spese, seguendone personalmente ogni passo per renderle efficienti, utili per la società. Riuscì a concludere il tutto in soli sette anni, dal ‘58 al ’65, per una spesa che ad oggi è stimata in diversi milioni di euro.
Le opere principali donate furono: l’Ospedale dei bambini; la Casa della madre e del bambino, in piazza Danisinni; un padiglione per lo studio e la cura contro il cancro, al Policlinico; un fabbricato di due piani per la rieducazione dei minori disadattati, presso l’Ospedale psichiatrico di via Pindemonte; un grande fabbricato di cinque piani, con 115 posti letto, nell’ambito di Villa Sofia, da utilizzare – «ad ospedale geriatrico per i vecchi di ambo i sessi cronici, incurabili, paralitici che negli ospedali non li accettano»; un centro studi di gerontologia, «per specializzarsi in malattie della vecchiaia, munito di cinema per proiezioni scientifiche»; sempre a Villa Sofia, un ospedale pediatrico e traumatologico; un edificio in via Lazzaro, come “asilo nido permanente”; un edificio quale padiglione di cardiochirurgia all’Ospedale Civico; un padiglione per minori disadattati all’ Ospedale Psichiatrico, un edificio in corso Calatafimi, come casa di riposo per vecchi inabili e non abbienti; un edificio in via Noce, quale ricovero per bambini fino ai 6 anni; un ambulatorio dermosifilopatico all’ospedale Civico; un piano terreno come mensa popolare per i non abbienti.
Le ingenti opere prosciugarono completamente l’intero patrimonio di Luigi e con esso la missione che si era dato. Morì il 30 agosto 1967, all’età di 95 anni, povero, ospite delle suore presso l’orfanotrofio da lui costruito in Via Noce. Al suo funerale solo una cinquantina di persone e nessuna autorità politica. La sua memoria velocemente cancellata così come quella degli altri fratelli.

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3 Commenti
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17 Novembre 2020 16:24

Complimenti a Carlo Verga per l’articolo sul profilo della famiglia Biondo e sulle molteplici attività dei vari discendenti fino quasi ai giorni nostri.
Complimenti a voi tutti e grazie delle illuminazioni.

Maria Luisa d'Asaro Biondo
17 Novembre 2020 14:17

Bello ed intenso l’articolo di Carlo Verga, sulla famiglia Biondo. Un breve ma profondo ritratto dei prozii e di tutto ciò che la famiglia ha fatto per la città di Palermo. Un ritratto, come Carlo Verga stesso ha scritto “Certamente sconosciuto o dimenticato ai più”. Grazie! E grazie soprattutto alla Lampadina che non smette mai di regalarci articoli e curiosità, belle, interessanti e profonde!

Grazia Saporito
11 Novembre 2020 19:48

Mi è piaciuta molto questa storia e purtroppo constatare come a volte si dispensa tanto e si ricava poco, anzi quasi l’oblio. questa è la vita purtroppo. Ma come vedo c’è qualcuno che ricorda e questa è una consolazione