Girare per Roma con il naso all’insù, e trovare cose di cui se ne sa poco o niente. Un esempio? Avete presente la chiesa di San Nicola in carcere quella con le colonne inserite nel muro esterno della chiesa, vicino all’anagrafe di Roma? Tante volte passando da quelle parti mi sono chiesto quale ne fosse la storia. Ieri tornandomi in mente quelle strane colonne, ho fatto una veloce ricerca e grande sorpresa nel leggere che facevano parte di un tempio dedicato a Giano, voluto e costruito in onore di Caio Duilio per la vittoria di una grande battaglia sul mare, a Milazzo.
Stupefacente, i Romani si sa, erano gente di terra, armamenti, scudi, lance, formazioni di battaglia, strategie, lunghi assedi, ma esperienza in mare sulle traballanti navette erano proprio come dire “un pesce fuor d’acqua”, eppure riuscirono a vincere una grandissima battaglia.
Il Mediterraneo all’epoca era sotto il diretto e fortissimo controllo di Cartagine e i Romani, per i loro traffici, si affidavano principalmente su accordi con le popolazioni locali, o marinerie greche o Turche. Però, alla lunga, bisognava trovare una soluzione che li liberasse dal controllo e ricatto dei Cartaginesi, pertanto nel 260 AC fu dato inizio alla costruzione di una vera flotta che potesse proteggere i mari specialmente attorno al sud della penisola e le isole maggiori.
Pronte le prime navi, ne furono inviate 17 verso la Sicilia che si fermarono a Lipari in attesa dello scontro con i Cartaginesi. Non ci fu una vera battaglia in quella occasione, l’intero corpo fu distrutto dai Cartaginesi quando ancora all’interno del porto, con la cattura, oltretutto, del loro comandante Gneo Cornelio Scipione.
Certo i Cartaginesi erano bene al corrente della assoluta inesperienza dei Romani sul mare, pertanto la vittoria fu gioco facile.
Ma i Romani erano i Romani e cosa si sarebbero inventati per invertire la forza soverchiante dei Cartaginesi? Bene, fu studiato un sistema che potesse in qualche modo assomigliare ad un combattimento sulla terra ferma anche se in mare. Il sistema fu trovato, un’arma segreta, il suo nome, “il corvo”.
Entro pochi giorni dalla sconfitta di Lipari, quanto restava della flotta romana e quella potente dei Cartaginesi si scontrò a largo di Milazzo. La flotta romana era comandata da Gaio Duilio, quella cartaginese da Annibale Giscone. La flotta cartaginese fu distrutta in poco tempo, 50 navi catturate e lo stesso Annibale riuscì miracolosamente a fuggire, ma il vero vincitore fu l’arma segreta, cioè il corvo.
Ma cosa era “ il Corvo”? Così ce lo descrive Wikipedia:
il corvo era costituito da: un palo cilindrico posto a prua della nave, avente una certa lunghezza a qui veniva inchiodata una scala a tavole trasversali di lunghezza di quattro orgyie (circa 7 metri) e una larghezza di circa 60 cm. La scala aveva ai lati un parapetto alto fino al ginocchio. Sulla punta era installata una sorta di uncino di ferro. Una corda attaccata all’anello permetteva di sollevare il corvo che, se lasciato cadere, si piantava sul tavolato della nave avversaria rendendo impossibile la separazione delle navi.
In pratica il corvo era una passerella che fissata alla nave avversaria, permetteva a soldati abituati a combattere sulla terraferma di passare da una nave all’altra e combattere come erano addestrati a fare.
Se le navi restavano accostate ai fianchi l’abbordaggio era generale, se invece si attaccava la prua, il corvo permetteva l’attacco dei fanti su due file. I primi assaltatori riparavano loro stessi e i compagni tenendo gli scudi davanti a loro, quelli che seguivano, sempre con gli scudi, proteggevano i fianchi.
I Cartaginesi, vedendo i corvi sulle tolde delle navi nemiche,
«…restarono incerti, stupiti dal modo in cui gli attrezzi erano congegnati; tuttavia, avendo una pessima opinione dei nemici, quelli che navigavano davanti a tutti si gettarono audacemente all’attacco.» (Polibio, Storie, I, 23, BUR. Milano, 2001. trad.: M. Mari.)
Il corvo fu decisivo per le sorti della battaglia: le navi immobilizzate tra di loro permisero ai Romani di scontrarsi sui ponti delle navi e la battaglia da navale divenne simile a una terrestre, un genere di scontro in cui i Romani si erano distinti nei secoli.”
Caio Duilio, fu quindi il vincitore e fu onorato con la costruzione di quel tempio di Giano a Roma del quale vediamo ancora le colonne incastonate su un lato della chiesa di San Nicola in carcere. Annibale Giscone, il comandante cartaginese al suo ritorno in patria fu crocefisso, pena, questa, riservata dai Cartaginesi ai generali perdenti delle battaglie più importanti.
Caro Carlo , bravo, conciso , interessante e ben scritto. Inoltre hai stimolato la mia curiosità.
Partirò per un periodo di caccia al “corvo”
Grazie. Giancarlo
Grazie a te Giancarlo, come ti senti? Spero a presto.